La Voce e la Vita della Chiesa: “La chiamata alla Santità”

La Voce e la Vita della Chiesa: “La chiamata alla Santità”

Diac. Francesco Giglio

“Siate santi, perché io, il Signore Dio vostro, sono santo” (Lv 19, 2).

Mi piace iniziare la mia riflessione sulla chiamata alla santità con le parole di San Giovanni Polo II che in una sua omelia così si espresse: “Con queste parole Dio, parlando a Mosè nel contesto dell’Antica Alleanza, chiama Israele ad una vita di comunione con Lui. La santità di Dio è costantemente al centro della liturgia della Chiesa. Celebrando l’Eucarestia, infatti, l’assemblea proclama questa santità che è Dio stesso – Santo, Santo, Santo il Signore Dio dell’universo -. La Santità di Dio ci viene comunicata in Cristo e da questa santità ha origine l’Eucarestia, il grande mistero della fede: quando la celebriamo o, meglio ancora, quando Cristo la celebra mediante il sacerdote, abbiamo la consapevolezza di attingere alla santità per la nostra vita da Colui che è fonte di ogni santità”.

La santità di Dio consiste nella sua perfezione e, allo stesso tempo, diventa una chiamata per l’uomo. L’esortazione, che nell’Antico Testamento fu indirizzata a Mosè, viene ripresa da Cristo nel così detto “Discorso della Montagna”: < Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste> (Mt 5,48). Questa perfezione, cioè la santità di Dio, coincide con la pienezza dell’amore.

Nel Vangelo di Matteo sono riportate le parole che Gesù pronunciò a proposito del dovere di amare finanche i nemici: “Avete inteso che fu detto – Amerai il prossimo e odierai il tuo nemico – ma io vi dico – amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste” (Mt 5,43-45). Quindi la santità di Dio, coincide con la pienezza dell’amore. Ci ricorda San Giovanni della Croce che al termine della nostra vita saremo esaminati e giudicati sull’amore. Lo stesso diceva Sant’Ignazio da Loyola: “bisogna mettere l’amore più nelle opere che nelle parole”.

Credo quindi sia ben chiaro che “la santità si raggiunge amando”. Amare significa però mettersi in ascolto e in dialogo con la persona amata. La Chiesa, fin dalle origini, ha sempre affermato che, in virtù del sacramento del Battesimo, ogni cristiano, avendo ricevuto lo Spirito Santo, è chiamato a vivere concretamente il messaggio evangelico. La recente esortazione apostolica Gaudete et Exsultate, sulla scia del Concilio Vaticano II, rinnova la universale chiamata alla santità di ogni battezzato e perciò lo invita a vivere secondo il dettame evangelico.

La Lumen Gentium al n° 41 recita così: “la chiamata alla santità è per ogni battezzato“ e, di conseguenza è rivolta a tutti. Papa Francesco ci richiama e ribadisce che non si può vivere il Battesimo “a metà, un po’ annacquato… Fatto sulla nostra misura”. E continua nella sua esortazione dicendo: “Lascia che la grazia del tuo Battesimo fruttifichi in un cammino di santità. Lascia che tutto sia aperto a Dio e a tal fine scegli Lui, scegli Dio sempre di nuovo. Non ti scoraggiare, perché hai la forza dello Spirito Santo affinché sia possibile, e la santità, in fondo, è il frutto dello Spirito Santo nella tua vita”. Con il battesimo, quindi, abbiamo l’obbligo di farci santi, ossia di perseguire al massimo la perfezione della vita cristiana che non è sempre una cosa facile perché il difficile è fare la volontà di Dio in ogni momento della nostra vita. Per questo siamo esortati a “rallegrarci ed esultare” (Mt 5,12) perché il Signore ci vuole santi e come dice Papa Francesco “ Egli si aspetta che non ci accontentiamo di un’esistenza mediocre, annacquata, inconsistente”. Realtà che si può constatare leggendo la vita dei Santi.

A questo punto forse è il caso di chiederci se nel corso della nostra vita abbiamo incontrato sul nostro cammino qualche fratello o sorella che può essere considerato/a Santo/a oppure quali sono coloro che la Chiesa ha proclamato tali da essere nostri modelli di vita? Alcuni di questi hanno lasciato tutto con la sola finalità di “farsi santi” ed hanno vissuto la loro vita con questo unico scopo. Tra questi cito San Gerardo Maiella e la Beata Clelia Merloni.  Nella mia vita molti sono coloro che Dio ha posto sul mio cammino ed hanno lasciato in me una traccia indelebile del loro passaggio. L’elenco potrebbe sembrare lungo ma, la ricchezza ricevuta può essere misurata solo con la mia povertà. Quelli che ho conosciuto personalmente: S. Giovanni XXIII, San Paolo VI, San Giovanni Paoli I (futuro Beato), San Giovanni Paolo II, San Pio da Pietrelcina, Santa Teresa di Calcutta. Quelli invece che pur non avendo conosciuti di persona ma che hanno segnato il mio cammino di fede: Sant’Alfonso Maria dei Liguori, il Santo medico Giuseppe Moscati, Santa Caterina Volpicelli , il Beato Bartolo Longo. A questi che la Chiesa ci propone come modelli potrei associare una moltitudine di fratelli e sorelle che, se non innalzati agli onori degli altari, hanno concluso la loro vita incarnando e vivendo i “Consigli evangelici” enucleati nel  Vangelo di Matteo al capitolo 25,31-46. Non ci scoraggi il fatto che, anche per diventare santi, bisogna fare un lungo cammino scandito da tappe con nomi diversi: Servo/a di Dio, titolo che la Chiesa cattolica assegna dopo la morte a quelle persone che si sono distinte per “santità di vita”; successivamente, avendo constatato la “eroicità delle virtù” viene dichiarato/a Venerabile (senza alcuna concessione di culto) e quindi in seguito ad un accertato miracolo, su sua intercessione, la Chiesa cattolica avvia il processo di beatificazione. Il titolo autorizza il culto pubblico del “Beato” nell’ambito di una Chiesa particolare e, frequentemente, anche di un ente ecclesiastico, istituto religioso, ecc… La beatificazione è una tappa obbligata del processo di canonizzazione, al termine del quale, dopo l’ennesimo miracolo, il Beato è riconosciuto “Santo/a”. La canonizzazione è la dichiarazione ufficiale della santità di una persona defunta da parte di una confessione cattolica o ortodossa. Emettendo questa dichiarazione, si proclama che quella persona si trova con certezza in Paradiso e in più, rispetto alla semplice beatificazione, se ne permette la venerazione come Santo/a nella Chiesa universale. Di tutto l’iter se ne interessa la Congregazione delle cause dei santi (Congregatio de causis sanctorum) che è una delle nove Congregazioni della Curia romana.

A conclusione di questa riflessione, spinti anche dalla lettura dei testi del Magistero della Chiesa, auspico che oltre ai papi, sacerdoti, religiosi/e, consacrati/e, laici,  un giorno non lontano, si possa pensare che la via verso la santità è stata percorsa da molti Diaconi che avendo vissuti la pienezza della vita cristiana nella gioia, nella semplicità, nel servizio e nella vita di ogni giorno, con tutte le sue tentazioni e contraddizioni, essere annoverati nel numero dei Beati e dei Santi. Allora, credo sia il caso di ripetere e meditare le parole di Sant’Agostino che nel ricordo e sull’esempio dei martiri dei primi secoli diceva: “Se ce l’hanno fatto loro, perché non potremmo farcela anche noi? Se riflettiamo bene, possiamo trovare in questa frase non solo la risposta, ma anche le motivazioni per farci percorrere la via della santità. I Santi sono gli amici di Dio, ovvero persone semplici che hanno speso la loro vita per Cristo, amando Dio e il prossimo nella quotidianità. Sono una moltitudine immensa, persone di ogni cultura, ceto e nazionalità che, superando il loro egoismo, hanno messo al centro della loro esistenza il Vangelo. Fortificati dalla fede, speranza, carità, ripieni di amore per gli ultimi e animati da fraterna amicizia, hanno fatto di questi valori il loro stile di vita.

I disegni del Signore molte volte ci sono sconosciti ma, se prestassimo maggiore attenzione, scopriremmo che Dio Padre ci vuole tutti salvati e santi ed allora ci propone persone, che nella normale adesione alla Sua volontà, invitano noi a metterci alla loro sequela per creare una vera e propria cordata di anime sante.