Giulio Caso
Sub sole nihil novi est.
Un insegnante picchiato a Bari per una nota. Senza entrare nei meriti, un episodio analogo, qui, ma lontano nel tempo.
Anni fa, la scuola era anche questo.
Il ricordo confidato da un insegnante. Quello che non si dice.
Per capire, per pensare alla scuola del futuro.
Una “nota”, una semplice , dovuta, nota sul registro. Una di quelle cose, quasi insignificanti, che nessuno avrebbe preso in considerazione.
Un ragazzo prendeva in giro, veramente tampinava una ragazza nel corridoio. Lei era una “cicche mi tocchi”, ma l’ingenuo insegnante  non lo capì.
 Sgridò il ragazzo (moderatamente e utilizzando tutte le parole ammesse dalla prassi scolastica), poi aggiunse una semplice nota sul registro che nessuno avrebbe mai letto.
Mal gliene incolse, i genitori del ragazzo non apprezzarono e nel bar che dirigevano promisero ad alta voce: “Il professore sarà severamente punito”. Furono incaricati i due figli di dare una lezione al professore il giorno dopo.
Scrosciarono schiamazzi, sorrisi ridanciani e applausi.
In quel paese rurale, era il tempo in cui veniva picchiato un professore al giorno.
Questi abbassavano la testa, cercavano un compromesso, ingoiavano l’umiliazione e si affidavano al tempo per dimenticare.
Il giorno dopo, a scuola, si notava un fermento, un’attenzione da lontano, gente che sfuggiva al passaggio del giovane insegnante. Poi un’anima buona lo avvertì: “Professò, oggi tocca a voi”.
Si anticipò, addirittura,  di qualche minuto l’uscita.1500
Non c’erano i telefonini a quei tempi. In quel clima da mezzogiorno di fuoco, andò in presidenza e segreteria, tutto chiuso. “Il telefono non funziona”, gli disse la bidella ritardataria alla fuga.  Tutti uscirono per “servizi” vari.
Il novello professore cercò, andò nel bagno, ove, vicino al secchio utilizzato per lavare a terra e per risciacquare la macchinetta del caffè, trovò una chiave e nella confusione aprii la porta di un ufficio ove era il telefono.  Chiamò i carabinieri chiedendo che venissero a scuola.
Scese fra gli ultimi appena notò la loro automobile da lontano.
Fuori ad attenderlo c’erano i fratelli ehm ehm! Portanova.
Si avvicinarono minacciosamente:” Prufessò, v’avimma parlà!”.
“Non ricevo, parlate con i rappresentanti dietro di voi”. Egli rispose senza dar loro importanza. E se ne andò senza voltarsi.
Il giorno dopo, lo guardavano in tralice, tutti a chiedersi, in capannelli, quante ne avesse avuto di botte, se aveva segni sul volto e così via.
Dopo qualche anno seppe che uno dei due giovani aveva avuto un incidente e si commosse. Poi un giorno l’altro andò a trovarlo all’ultima ora. Se lo trovò in classe e gli chiese: “Pressò, posso restare ad ascoltare la vostra lezione?”.
Lo fece sedere vicino alla cattedra ove ascoltò con interesse che non aveva mai avuto quando era suo allievo.