Campagna: a XXXV ediz. de’ “’A Chiena” violinista Giuseppe Gibboni
La XXXV edizione de’ “’A Chiena” – intervento co-finanziato dal POC Campania 2014-2020, rigenerazione urbana, politiche per il Turismo e la Cultura, nell’ambito del programma unitario di percorsi turistici di tipo culturale, naturalistico ed enogastronomico di portata nazionale ed internazionale – ci porterà sabato 20 agosto, alle ore 21,30 nella Cattedrale di Campagna, del comune capofila, dove il violinista Giuseppe Gibboni torna ad esibirsi, da vincitore del Premio Paganini con l’ Orchestra Sinfonica Internazionale della Campania diretta da Leonardo Quadrini, in un luogo simbolico per i suoi concittadini, per donar loro la sua speciale interpretazione del I concerto del genio genovese. “Un patto fra comunità, – dichiara soddisfatto il sindaco Roberto Monaco – un processo virtuoso, un itinerario che raccorda e racconta più territori, per dar vita ad un percorso di sviluppo turistico integrato ed autosostenibile. Un viaggio, appunto, che tocca i centri storici e i siti culturali di maggior pregio dei cinque territori coinvolti, e che si snoda lungo il complesso patrimonio storico, ambientale e culturale. “‘A Chiena: un viaggio tra arte, natura e storia nelle comunità di Campagna, Palomonte, Roscigno, San Cipriano Picentino e Serre”è il nome del progetto che propone, appunto, un viaggio in cinque territori caratterizzati da forti ed omogenee tipicità e tradizioni. La partnership si esplicherà attraverso una vera e propria narrazione dei luoghi: valori, patrimonio, tradizioni si declineranno attraverso spettacoli culturali, folkloristici e di intrattenimento. L’idea progettuale prende il nome dall’evento di punta della nostra Città, ‘a Chiena. Da qui parte il Viaggio che punta a mettere a sistema le peculiarità dei territori, dai luoghi d’arte alle bellezze naturalistiche e paesaggistiche, dalle tradizioni alle produzioni tipiche ed enogastronomiche. Il palinsesto conta oltre venti eventi, distribuiti in un arco temporale ampio. Un’offerta turistica ricca ed integrata, che destagionalizzi la presenza dei flussi e sia capace di produrre impatti su tutta l’area di riferimento”. E’ letto e atteso ciò che Giuseppe Gibboni andrà ad eseguire “in casa” col suo Balestrieri del 1752: Paganini, quello del Concerto n.1, op.6 in re maggiore, che testimonia la raggiunta maturità di mezzi e di modi, l’eloquio caldo, la vena brillante, una forma adulta e personale, che rimarrà abbastanza costante nel tempo, ponendosi come punto di riferimento per i concerti successivi. Di quale forma si tratti, l’Allegro maestoso d’apertura ce lo dice subito: un avvicendarsi continuo di virtuosismo dirompente e cantabilità diffusa e sempre ricca, per spunti e idee messi di seguito l’uno all’altra, ma non sviluppati. Ed è questa la forma autentica e dominante dei concerti paganiniani, nei cui Allegro iniziali, il riferimento alla forma-sonata, con un primo tema ritmico e il secondo cantabile nella tonalità della dominante o al relativo maggiore, è spesso solo un pretesto, un risalto esteriore. Dal canto suo l’orchestra, quando si escludano i Tutti o ritornelli di raccordo, si limita – alleggerita degli archi di ripieno, ad accompagnare il solista e a dargli il maggior risalto possibile, alleggerimento. Nei modi, l’orchestra dell’op.6 appare subito rossiniana. L’Adagio è noto come “aria di prigione”; pare che sia stato ispirato a Paganini da una scena drammatica di prigionia; ma ciò che emerge con maggiore evidenza è l’influenza del melodramma: l’orchestra sembra introdurre un’aria d’opera affidata alla voce del violino. Nel Rondò spiritoso domina una delle specialità di casa Paganini: la melodia cantabile interamente eseguita su una sola corda, la quarta, impegnandosi a dare sfogo alle più iperboliche combinazioni di guizzanti colpi d’arco, di difficilissimi passaggi in armonici doppi, di scale e arpeggi d’ogni genere, fino ad arrivare a registri impervi e acutissimi. L’orchestra avrà uno spazio tutto suo con il quale inaugurerà il concerto, principiando con l’ouverture da Leichte Kavallerie di Franz von Suppè, aperta dalla solenne e ironica fanfara con le due trombe che intonano un motivo caratterizzato da accenti militareschi, ma in cui gli archi si mescolano ai magniloquenti interventi degli ottoni e dei legni, per scatenare una carica di cavalleria nella puzsta. Spartacus è il terzo balletto composto da Aram Khachaturian, storia di una rivolta degli schiavi romani che offriva ovvie possibilità di lanciare messaggi politici sulla nobiltà e gli obblighi della lotta rivoluzionaria. Il lussureggiante Adagio principia con languide espressioni dell’amore tra Spartaco e Frigia, poi sviluppa suggestioni marziali incitanti alla lotta, piuttosto che a certo romanticismo, una pagina che si apre e chiude nello stesso climax di tenerezza, dissolta da sinistri accenni al cupo avvenire. Passaggio al Romeo e Giulietta di Sergej Prokofiev: una sola parola può essere sufficiente a descrivere la partitura shakespeareana: poesia. L’opera, infatti, è interamente soffusa di “meravigliosi” “Leitmotive”, ora dolcissimi, ora malinconici, ora tragici, ora drammatici, che delineano la psicologia e l’indole dei personaggi con mirabile precisione. la musica di “Romeo e Giulietta” contiene gli stilemi tipici del gioco musicale prokofieviano, che rivivremo nel brano più conosciuto e simbolico, Montecchi e Capuleti: asprezza ritmica, originalità armonica, fantasia timbrica, una tavolozza per dar voce alle infinite sfumature dell’esistenza, gli ottoni e lo strumento del suo secolo, il sassofono tenore. Pëtr Il’ič Čajkovskij chiude questo tributo alla scuola nazionale russa con tre numeri tratti da Lo Schiaccianoci: si comincerà con Marche (Tempo di marcia viva) ove l’impegno strumentale sembra preannunciare soluzioni sonore singolari “alla Prokof’ev”, ove tutto risulta scritto con puntigliosa esattezza e raffinata ricerca di tratto coloristico. Punto culminante del romanticismo cajkovskijano è il Pas de deux, in cui danzano il Principe e la Fata Confetto, un’appassionata melodia discendente suonata dai violoncelli in registro acuto, finale celeberrimo con il Valzer dei fiori, in cui l’autore prende a modello il valzer viennese, che si sviluppa in una elaborata struttura formale, in cui si intrecciano sempre nuove linee strumentali, in una continua e sottile variazione di spessori, di umori, di tonalità. E siamo in Francia con l’Orfée aux enfers di Jacques Offenbach del quale verrà eseguito il Galop Infernale, lo spettacolo di danza che Plutone offre ad Euridice per trasformarla in baccante. Finale della performance dell’orchestra con la Danza Ungherese n°5 in Sol minore di Johannes Brahms, una delle pagine più note del genio tedesco ispirato al brano Bartflai Emlék di Keler Bela, con l’alternanza di due temi di carattere opposto, di cui il primo ripetuto alla fine, ed una struttura ritmica molto marcata, come solitamente accade per tutti i brani di origine popolare.
Il 20 agosto, mentre Campagna risuonerà delle note di Niccolò Paganini, la mini-rassegna I Borghi Invisibili affidata alla creatività e alla regia di Pasquale De Cristoforo, toccherà Palomonte. I borghi hanno un fascino particolarissimo, sono pieni di vissuti antichi e vuoti d’abitanti. C’è un gran da fare per rendere loro giustizia e dare alle nuove generazioni una possibilità di riscoprirli nelle loro memorie più antiche. Il sindaco di questo raccolto borgo Felice Cupo è un visionario dai piedi ben fermi sulla propria terra, in cui crede fermamente: “ La partecipazione a questo importante Festival in sinergia con sindaci di altri storici borghi, che giunge a fine estate sarà un momento non solo per celebrare la bellezza di questo straordinario tesoro, ma per riflettere sulle iniziative e i modelli di sviluppo più adatti alla loro tutela. Si tratta di un argomento quanto mai attuale visto che sono sempre di più i piccoli centri che rischiano di scomparire sotto una coltre di incuria, abbandono e lentezze burocratiche. La sfida è quella di riscoprire l’autenticità della dimensione locale, l’importanza della diversità, il valore di un turismo sostenibile, lento e di qualità, da contrapporre alla frenesia di quello globale, proprio attraverso questo tipo di spettacolo originale ispirato al monumento in cui sarà rappresentato”. L’appuntamento con il racconto è alle 21,30 nella Chiesa Madre di Santa Croce dai colonnati d’epoca aragonese arricchita da una splendida facciata settecentesca. A questo luogo Domenico Notari ha dedicato “La rivolta dell’automa”, un racconto di fantasia che vede protagonista l’automa Giacomino che fa le veci del chierichetto nel quadro storico del plebiscito di annessione del Regno delle due Sicilie al Regno d’Italia. Quel 21 ottobre del 1860, mentre ancora si combatteva nella fortezza di Gaeta per la difesa e l’indipendenza del Regno delle Due Sicilie, si svolse quello che già allora si capì essere un “plebiscito-farsa”. L’irregolarità e l’anormalità di questo voto è testimoniato da diversi scritti come quello del. Pedio (Vita politica in Italia meridionale, 1860-1870) che afferma: “Basta che si manifesti il desiderio di votare per il mantenimento dei Borbone, perché si venga arrestati e rinviati a giudizio per rispondere di attentato a distruggere la forma di Governo; basta un semplice sospetto, perché si proceda al fermo preventivo che impedisce a numerosi cittadini di partecipare alle operazioni di voto”. L’automa Giacomino viene ri-programmato per manifestare contro il re Vittorio Emanuele II, da tal “‘O Signurino” che aveva costruito quella meraviglia. Gesto dell’ombrello nel corso di una cerimonia in onore del nuovo sovrano e inizio della vita da emigrante de’ “o’ Signurino” diventato da aspirante garibaldino a filoborbonico, in America, coi suoi automi nel Circo Barnum. Insieme al racconto letto dallo stesso Pasquale De Cristofaro, ci saranno tanti giovani musicisti del Conservatorio Statale di Musica di Salerno, che con la loro musica faranno vivere alcuni angoli di questi splendidi borghi, mentre i visitatori nel breve ma intenso percorso, saranno accompagnati dagli attori Gabriele Bacco, Michela Ventre e Mario De Caro che interpreteranno una breve e lieve drammaturgia dedicata alla luna, agli amori e all’incanto della poesia.
Domenica 22 agosto la sezione teatrale I Borghi invisibili del Festival, affidata a Pasquale De Cristofaro andrà ad animare il Palazzo Ducale di Serre. Domenico Notari nel suo racconto “Un monumento alla fedeltà” accende i riflettori sul Casino di Caccia Borbonico di Persano. Il protagonista potrebbe essere un cavallo? Invece, sarà la affezionatissima mastina Diana di Ferdinando IV di Borbone, ‘o nasone, che posa per Canova.