San Tommaso d’Aquino e la gerarchia angelica

San Tommaso d’Aquino e la gerarchia angelica

 don Marcello Stanzione

Le attività degli angeli sono state uno degli oggetti preferiti della contemplazione di san Tommaso d’Aquino. Il massimo genio di tutti i tempi della teologia cattolica era talmente affascinato dal mondo angelico che i posteri lo definirono ‘Doctor Angelicus’.

Per ricompensare la dedizione del suo affezionato segretario, Fra Reginaldo da Priverno, compose il “De substantis Separatis”, che è un magnifico trattato sugli angeli dei quali tratterà spesso sia nella Somma teologica che nella Somma filosofica. Gli angeli custodi, egli scrive, ci istruiscono illuminando le nostre immagini, fortificando il lume della nostra intelligenza, portandoci ad una migliore conoscenza della realtà. Riguardo ai cori angelici san Tommaso scrive:

LE GERARCHIE ANGELICHE

 

Per una più chiara e più facile comprensione della distinzione degli angeli in gerarchie e ordini sarebbe bene cominciare, dapprima, con una spiegazione sul modo in cui gli angeli differiscono gli uni dagli altri.

Gli angeli, insegna san Tommaso, differiscono gli uni dagli altri per quanto riguarda la specie. Ogni angelo, essendo semplice forma, costituisce una specie in se stesso.[1] Questa dottrina si fonda sul principio Aristotelico-Tomistico che la materia è un principio di individuazione. È la materia che spiega la presenza di individui in una specie. Poiché gli angeli sono privi di materia, e dunque, sono incorporali e senza dimensione quantitativa, è impossibile che nessuna tale individuazione possa avere luogo tra gli angeli. Dunque, gli angeli differiscono specificatamente: ognuno appartiene a una specie distinta.

Nel Secondo Libro delle Sentenze san Tommaso spiega la triplice distinzione nel mondo angelico. “La prima è la distinzione in gerarchie in relazione alle altre; la seconda è la distinzione degli Ordini in ognuna delle tre Gerarchie; la terza è la distinzione di Persone dello stesso ordine. E ognuna di queste distinzioni è fatta secondo la diversa proporzione della ricezione della luce divina.” La distinzione delle gerarchie dipende dal modo in cui si riceve la divina illuminazione; la distinzione degli ordini o cori in ciascuna gerarchia dipende dalla diversità della perfezione degli uffici e delle azioni angeliche; e la distinzione di persone in ogni ordine dipende dalla diversa perfezione o efficacia dell’abilità angelica nell’eseguire i loro uffici e le loro azioni.

Queste distinzioni, vedremo, sono ben fondate. Una rievocazione di due o tre nozioni fondamentali riguardanti Dio e gli angeli ci aiuteranno a portare alla luce tali distinzioni. Primo, tutti gli angeli sono esseri di natura puramente intellettuale; la loro attività è dunque di natura puramente intellettuale, per esempio, consiste di intelletto e volontà. Allora, stiamo trattando di creature che sono sostanzialmente e specificatamente distinte dalle creature umane, che sono costituite di materia e spirito; e distinte dagli animali, che sono solamente materiali. Gli angeli in quanto angeli appartengono a un mondo soprasensibile. Inoltre, ogni angelo appartiene a una specie individuale in sé stesso. Allora troveremo tra loro molteplici modi di comprensione. Tutti gli uomini invece, appartengono a un’unica specie e possiedono un unico innato modo di capire. Questa differenza, come vedremo più tardi, li porta sotto separati governi divini. Gli angeli e gli uomini non sono governati da Dio nello stesso, identico modo. Terzo, gli angeli superiori sono superiori agli altri perché essi stanno più vicino a Dio e possiedono una più universale conoscenza della verità, molto simile alla conoscenza di Dio che vede e conosce tutte le cose nella sua Essenza Divina.

 

 

IL TERMINE “GERARCHIA”

 

Il termine “gerarchia” deriva dalle parole greche ίερός (sacro) e άρχή (principato, o posizione di supremazia); dunque, significa un principato sacro, o “una moltitudine comandata da un principe”. Inoltre, denota una comunità, moralmente libera e capace di partecipare alla santità di Dio.[2]

Un principato può essere considerato in due modi: primo, dal punto di vista del principe stesso che comanda tutti i soggetti, e, secondo, dal punto di vista della moltitudine o dei soggetti stessi che sono comandati dal principe. Nel primo caso, c’è una unica gerarchia, che consiste sia di esseri umani che gli angeli, sopra i quali c’è un Principe, il Signore di tutti. Nel secondo caso, in cui consideriamo il principato come una moltitudine comandata dal principe, ci sono tante gerarchie quanti sono i diversi modi di essere governati da Dio. Allora, per esempio, gli uomini e gli angeli non appartengono alla stessa gerarchia perché differiscono nel modo di essere governati, nel ricevere l’illuminazione divina: gli angeli ricevono l’illuminazione divina nella loro purezza intelligibile e senza similitudini sottili, mentre gli uomini le ricevono solo per mezzo di paragoni sottili (nelle Sacre Scritture e nel Sacramento).

La distinzione delle gerarchie angeliche non si fonda sul modo in cui gli angeli conoscono Dio ma sulla considerazione delle loro diverse nature intellettuali. Tutti gli angeli vendono e conoscono Dio in un modo, per esempio nella sua Essenza: Ciò dunque non può portare a una distinzione gerarchica tra loro. D’altra parte, gli angeli sono diverse sostanze intellettuali e possono essere “illuminati” in modi diversi; dunque qui troveremo- nei diversi modi di “l’illuminazione”, nelle varie reazioni delle rationes rerum creaturam– una base per distinti raggruppamenti i nel mondo angelico.[3]

Tutti gli angeli ricevono l’illuminazione ma non con la stessa universalità. Gli angeli superiori, spiega san Tommaso, comprendono per mezzo di caratteristiche o forme più universali rispetto agli angeli minori. Avendo caratteristiche più universali gli angeli superiori hanno bisogno di meno specie per apprendere meglio la moltitudine di oggetti intelligibili. Dunque l’angelo superiore è il più vicino a Dio e il più somigliante a Dio, che conosce tutte le cose in un’unica “forma”, per esempio, nella sua stessa Essenza Divina. Gli angeli superiori ricevono l’illuminazione, ricevono le rationes rerum creaturam, che è una conoscenza di come gli effetti divini scaturiscono dalla prima causa universale: questo è il modo per conoscere la prima gerarchia, capace di ricevere l’illuminazione della luce divina immediatamente. Gli altri angeli conoscono gli effetti divini dal modo in cui essi scaturiscono dalle cause universali create: e questo è il modo per conoscere la seconda gerarchia, che riceve l’illuminazione dalla prima gerarchia. Infine, alcuni angeli ricevono una conoscenza di effetti divini in quanto essi dipendono dalle loro proprie cause create; e questo è il modo per conoscere la terza gerarchia.

La prima gerarchia, osserva san Tommaso, prende in considerazione il Fine; la seconda riguarda la disposizione universale delle cose da farsi; la terza riguarda l’applicazione di tali disposizioni e dunque gli effetti delle cose da farsi.

Per governare bisogna possedere sapienza; e tale sapienza si riceve da Colui che è la Sapienza stessa, per mezzo del quale tutte le cose sono governate. Nell’ordine di governo nel mondo angelico le sostanze intellettuali inferiori sono governate attraverso quelle superiori, perché queste ultime partecipano più completamente e perfettamente alla Sapienza Divina.

Gli angeli si distinguono per mezzo dei doni della grazia, ad essi vengono dati doni di grazia secondo la capacità dei loro doni naturali, come abbiamo visto precedentemente. Tuttavia, nella distinzione delle gerarchie (e ordini) di angeli concorrono sia la natura sia la grazia ma in diversi modi: la prima distinzione viene fatta secondo i doni di grazia; secondariamente, viene fatta secondo i doni di natura.

I NOVE ORDINI O CORI

E’ stato sottolineato precedentemente che le gerarchie angeliche venivano distinte sulla base del modo in cui essi ricevevano la divina illuminazione; e che la dottrina comunemente accettata dai teologi riconosce tre gerarchie. Una dottrina comunemente accettata dalla Chiesa riconosce anche nove Ordini o Cori di angeli, tre per ciascuna gerarchia.  Lo Pseudo-Dionigi li divide nella seguente maniera:

Prima gerarchia: Serafini, Cherubini e Troni;

Seconda gerarchia: Dominazioni, Virtù e Potenze;

Terza gerarchia: Principati, Arcangeli e angeli.[4]

I gradi degli ordini angelici assegnati da san Gregorio Magno sono concordi con la divisione data sopra in ogni punto eccetto nelle posizioni assegnate ai Principati e Virtù. San Gregorio mette i Principati tra le Dominazioni e le Potenze;  e le Virtù  tra le Potenze e gli Arcangeli.[5]

San Tommaso trova entrambi gli adattamenti in conformità con san Paolo: Dionisio agli Efesini 1,20- 21; San Gregorio ai Colossesi 1,16. Inoltre egli trova fondati entrambi gli adattamenti: tra le ragioni date da Dionigi vi è quella che ritiene che le caratteristiche degli Ordini derivino dai loro nomi: allora, nella prima gerarchia sono elencati quegli ordini i cui nomi derivano dalla loro relazione con Dio, per esempio, Serafini (amore acceso per Dio), Cherubini (Pienezza di Sapienza), e Troni; nella seconda gerarchia, sono elencati quegli ordini i cui nomi denotano un certo tipo di governo o disposizione comune, per esempio, Dominazioni, Virtù e Potenze; e nella terza gerarchia quegli ordini i cui nomi denotano l’esecuzione di un lavoro, e questi sono i Principati, Arcangeli e gli Angeli. La ragione data da san Gregorio per questa differenza è che: “Poiché le Dominazioni stabiliscono e ordinano ciò che appartiene all’amministrazione divina, gli Ordini soggetti a loro sono ordinati secondo la disposizione di quelle cose in cui vengono eseguite le amministrazioni divine… Dunque il primo ordine dopo le Dominazioni è quello dei Principati, che domina anche gli spiriti buoni; poi le Potenze, che impone l’ubbidienza agli spiriti cattivi;… Dopo questi vengono le Virtù, che hanno potere sulla natura materiale nell’esercizio dei miracoli. Secondo san Tommaso, c’è in realtà, poca o nessuna differenza tra i due arrangiamenti.

Il teologo americano padre Farrell nella sua opera classica  A Companion to the Summa[6] spiega la diversità degli Ordini angelici:

“Come nelle città non tutti gli uomini possono essere vigili o stenografi, così tra gli angeli ci deve essere una distinzione di funzioni e doveri se si vuole evitare la confusione generale. Così in una ognuna delle tre città angeliche, vengono distinti tre differenti ordini. La prima città angelica concentra la sua attività su Dio stesso, contemplando le essenze delle cose in Dio. Fanno parte di essa i Serafini, i più importanti di tutti gli angeli, che primeggiano per la loro immediata unione con Dio e ardono d’amore per lui; da questo infuocato amore deriva il loro nome. Successivamente vi sono i Cherubini con la pienezza di sapienza che indica il loro nome, essi si distinguono per la conoscenza dei segreti divini, la sapienza della divina provvidenza; essi hanno una visione chiara nella prima virtù operante del modello divino. Infine vi sono i Troni che hanno una perfetta conoscenza della fine di tutte le corse e della disposizione dei giudizi divini. I Troni hanno una caratteristica comune all’intero ordine; i Cherubini hanno questa caratteristica e anche una speciale; i Serafini hanno le caratteristiche sia dei Troni che dei Cherubini e in più hanno una caratteristica ancora maggiore. In effetti, questa inter-relazione in ogni gerarchia è universalmente valida: l’ordine minore ha la caratteristica comune, che è posseduta e sorpassata dall’ordine immediatamente superiore. Gli ordini di questa prima gerarchia possono essere comparati agli uomini, tutti sono amici di un re; ma solo uno ha il diritto di entrare familiarmente alla presenza del re; un altro conosce i segreti del re; il terzo è unito al re in una compagnia perpetua.

La seconda città angelica, dotata di cause universali create, ha come suo proprio oggetto l’ordine generale di mezzi in vista della fine e che è costituita da tre e ordini. Il primo è quello delle Dominazioni che riguarda la selezione delle cose che devono essere governate; poi le Virtù a cui appartiene la facoltà della realizzazione delle cose che devono essere fatte impartendo alle cause generali la necessaria energia; e, infine, le Potenze che sono impegnati con i dettagli riguardanti le cose che devono essere fatte o comandate.

Il compito della terza città angelica è principalmente quello dell’esecuzione poiché il suo oggetto è la particolare causa delle cose create. I capi in questa città, i Principati che riguardano principalmente l’inizio delle azioni, sono i capi in quel lavoro angelico di esecuzione che consiste nell’annunciare le cose divine. Successivamente vi sono gli Arcangeli il cui lavoro è quello di annunciare le grandi cose agli uomini e di prendersi cura dei beni che sono allo stesso tempo generali e particolari, come le verità di fede e il culto divino. Infine ci sono gli Angeli che annunciano le cose ordinarie e che si prendono cura dei beni particolari e individuali.”

Ognuno dei nove ordini possiede moltissimi spiriti angelici; quanti sono è impossibile dirlo.

Queste distinzioni di classe tra gli angeli ci saranno sempre; e esisteranno oltre il giorno del giudizio. Ciò appare vero perché:1) gli angeli sono incorruttibili; dunque le loro differenze di natura resteranno; 2) le loro differenze di gloria resteranno a causa delle differenze dei loro meriti. Ci sarà una parziale cessazione solamente nell’esecuzione degli uffici angelici. L’esecuzione degli uffici riguardanti il compito di portare gli altri alla loro ultima fine cesserà; in quanto è tuttavia conforme al raggiungimento del fine, per esempio, il trionfo, continuerà, dopo il Giorno del Giudizio.

[1] San Tommaso, I, q. 50, a. 4; C. Gent. II, 92 ff.; Le creature spirituali, a. 8.

[2]  Ma la gerarchia è un principato sacro, è un termine riservato a una comunità capace di partecipare alla santità di Dio, capace di virtù e vittoria o di peccato e fallimento, una comunità morale libera.

[3]  q. 108, a. 1. p. 594.

[4] La Gerarchia celeste, VI, VII, VIII e IX (Migne PG, 3, 199 ss).

[5] IX Homil. in Evangelia, libro II (Migne PL, 76, 1249-50).

[6] , p. 402. Vedi pure Marcello Stanzione, San Paolo, il mistico degli angeli, Gribaudi,  Milano, 2009