Fondazione Francesco Terrone di Ripacandida e Ginestra: Questione Meridionale e uso della lingua

A 160 anni dalla costituzione dell’unità d’Italia molti nodi restano da sciogliere. E’ probabilmente la questione più complessa riguarda ancora la cosiddetta questione meridionale che non appare risolta malgrado i numerosi e persino autorevoli interventi che vi sono stati in proposito. Verosimilmente è anche o ancora una questione di lessico nel senso che non riusciamo tuttora a intenderci su base nazionale e restiamo perennemente prigionieri di cliché usurati e anacronistici. Ma fortunatamente c’è chi vorrebbe uscire da questo contesto avviando un confronto che fa giustizia delle “dicerie” stantie e chiama in causa la comunicazione nel suo complesso e ancor più l’uso della lingua convenzionale. In tal senso se n’è fatto carico la Fondazione Francesco Terrone di Ripacandida e Ginestra che ha posto l’attenzione sulla inesatta interpretazione della parola “terrone” sulla quale non si è voluto tenere conto del significato glottologico ignorando altresì la reale matrice filologica. Ora se il lessico è l’insieme di elementi che in un sistema linguistico danno forma a diversi significati, il linguaggio è la facoltà degli uomini di esprimersi utilizzando parole capaci di individuare immagini e dare senso ad azioni e comportamenti. E’ così che il termine terrone è stato oggetto di uno svilimento contenutistico che l’ha relegato ad un’accezione non solo impropria ma usata ed interpretata in una declinazione negativa. Tralasciando la sua matrice vitale e positiva che è quella che ha a che fare appunto con la terra e definisce chi proprio in virtù di questo può vantare un curriculum positivo in quanto possessore di terra, ovvero di conclamate dotazioni terriere. Ed è qui che una peculiarità fondamentale della questione meridionale si ripresenta irrisolta e lacunosa in quanto incapace di affermare il vero ma tollerando o addirittura avallando uno scempio linguistico che emargina i cittadini del Sud etichettati in termini impropri e offensivi. Ora chi ha il compito di “vigilare” sul corretto uso della lingua come l’Accademia della Crusca viene chiamata a correggere un’anomalia che dura da troppo tempo riaffidando al termine terrone il giusto significato.