Santa Ildegarda di Bingen e l’enneagramma

  Annamaria Maraffa

Il dono della scienza fu effuso abbondantemente dallo Spirito Santo ad una monaca benedettina del XII secolo: Ildegarda di Bingen che venne proclamata Dottore della Chiesa da Benedetto XVI il 7 ottobre 2012. La santa non solo fu una mistica eccelsa in quanto ebbe l’assistenza della “luce vivente” per tutta la vita, ma fu dotata di grande scienza nello scrutare i fenomeni della natura, delle piante, delle erbe, degli animali, dei cristalli e dell’intero cosmo con una precisione ancora oggi incredibile. Il mondo le apparve come la grande e meravigliosa opera di Dio.

Secondo sant’Ildegarda è possibile fare esperienza di Dio nel nostro corpo ma, per raggiungere questo alto compito, abbiamo bisogno di un lungo lavoro di purificazione che passa dalla trasformazione dei vizi in virtù e dalla discesa dello Spirito Santo che perfeziona le inclinazioni innate.

Tutto questo lavoro si compie durante il tempo della nostra vita. Gli autori del  libro “ Ildegarda di Bingen e l’enneagramma” edito dall’editrice Gribaudi di Milano sono un sacerdote cattolico, don Marcello Stanzione, autore divulgativo fecondo di oltre 300 testi di spiritualità tradotti in molte lingue e una insegnante di Pilates, la dottoressa colombiana Angie Tatania Giraldo Solórzano, esperta di enneagramma e i due autori si propongono di offrire gli insegnamenti di santa Ildegarda di Bingen sui vizi e le virtu’ presenti nel testo visionario di teologia morale della santa tedesca medioevale “Liber Vitae Meritorum” (il libro dei meriti della vita) abbinati alla conoscenza degli enneatipi dell’enneagramma per una crescita psicologica e spirituale nell’esercizio consapevole delle virtù.

L’utilizzo dell’enneagramma trova nel Cattolicesimo sia degli oppositori come ad esempio il compianto leader carismatico Tarcisio Mezzetti o il gesuita padre Mitch Pacwa, professore di Sacra Scrittura ed Ebraico alla Loyola University, ma pure numerosi sostenitori equilibrati come diversi sacerdoti diocesani, tra cui appunto don Marcello Stanzione, e membri di ordini religiosi come i gesuiti, i francescani e i camilliani. I grandi filosofi da Platone ad Aristotele, da Agostino a Tommaso d’Aquino, hanno tutti trattato in profondità il tema delle virtu’. Il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma che la virtu’ è una disposizione abituale e ferma della persona a fare il bene. Essa consente alla persona, non soltanto di compiere atti buoni, ma di dare il meglio di sé. Con tutte le proprie energie sensibili e spirituali la persona virtuosa tende verso il bene, lo ricerca e lo sceglie in azioni concrete. Il Catechismo conclude citando una frase di san Gregorio di Nissa: “Il fine di una vita virtuosa consiste nel diventare simili a Dio” (De beatitudinibus, oratio1).

Il tema della virtu’ ha quindi a che fare con il tema assolutamente fondamentale per ogni essere umano che è quello della vita buona. Attraverso il catalogo dei vizi e delle virtu’ stilato da santa Ildegarda di Bingen nel suo trattato visionario “Liber Vitae Meritorum” che i nostri autori riportano in appendice B di questo loro testo e con la conoscenza delle caratteristiche dei vari enneatipi dell’enneagramma della personalità, don Stanzione e la dottoressa Giraldo Solórzano si sono impegnati a trovare e ad indicare il comportamento buono perché anche nella nostra epoca si individuino e si perseguano percorsi di vita buona. E lo scopo delle virtu’ è quello di rendere migliore non solo la persona ma il mondo intero. In conclusione ci chiediamo ma la nostra santa abbadessa benedettina a quale enneatipo apparteneva? Il pastore luterano tedesco Andreas Ebert, esperto di enneagramma scrive che la badessa benedettina a suo avviso apparteneva alla base o enneatipo 5 dell’enneagramma e dichiara: “Una figura rappresentativa fra i “santi contemplativi” è Ildegarda di Bingen (1098-1179). Ella era di un’erudizione universale, pratica di musica, esperta di teologia e medicina e grande viaggiatrice. Divenne famosa però per il dono della visione, che le causava sofferenze e la fece ammalare guarì solo quando scrisse tutto e lo comunicò. Molti mistici trovano solo dopo pesanti battaglie quel contatto con il mondo, che dalla patologica introspezione li conduce all’azione. Come tutti i tipi cinque devono compiere il passo dal vedere al fare. In questo caso possono diventare dei visionari addirittura preveggenti in campo spirituale e politico, riuscendo a riconoscere chiaramente e interpretare le connessioni fra le cose”.