Pier Giorgio Frassati, universitario “Beato”, “Santo dei Goliardi”

Avv. Marcello Feola*                                                                     

Dunque, anche Pier Giorgio Frassati era della famiglia “La baraonda tanto gioconda”, come gioiosamente definita dal Giusti nelle sue “Memorie di Pisa”, cioè un “Goliardo” a tutti gli effetti, quale Egli con senso di appartenenza si considerava; “Fratello” di tutti, sia pure sotto altri versi e differente ispirazione, a conferma delle poliedriche sfaccettature sempre difformi e cangianti della Goliardia, ma con un’identità unica anche se mai uguale, innestata in una comune matrice di humanitas, cultura ed intelligenza.  All’esaltazione del proprio smisurato ”Ego”, insito nell’indole dei Goliardi, usi a magnificare con iperbolica  ostentazione di sé l’ “Io”, fieri della loro individualità, Pier Giorgio, – coincidentia oppositorum, fiero della propria fede cristiana, mai ostentata, ma vissuta con umiltà verso e con l’Uomo, in un “fraterno” abbraccio d’amore universale che travalica l’”Io”, privilegiò sempre l’”Altro”, il “fratello” povero. 

Pur non disdegnando la gaia vita studentesca e goliardica, con generosa abnegazione, militò un apostolato dedito agli emarginati sociali, considerandoli “Fratelli”; un esemplare modello di valori tesi a reintegrare gli inalienabili diritti dell’”Uomo”, ad affrancarlo dall’indigenza, dallo stato di “pauperitas”, di “deiectus”, di “derelictus”, che a ben vedere, sono il medesimo status che i Goliardi, esseri sui generis, hanno storicamente rivestito  nella società di ogni tempo;  avulsi dal processo produttivo, vivendo in una sorta di persistente situazione  di ”proletariato intellettuale”, in balia della ”fortuna labilis, – ancora oggi quantomai attuale – essi hanno sempre avuto una scarsa considerazione sociale, mal sopportati, spesso malvisti e molte volte avversati anche con la violenza.                                                                                                                                      Nel Medio Evo, S.Bernardo di Clairvaux , in senso dispregiativo, appellò “Golia” il Principe degli Studi Pietro Abelardo, antesignano e capostipite dei Goliardi, per cui i suoi “scholari” si fecero chiamare “goliardi”, additati al ludibrio dal Concilio di Sens nel 1140, allorchè il dogmatico integralismo monastico bollò d’infamia la sete di conoscenza e la dialettica ricerca della verità del teologo Abelardo, filosofo, maestro di logica, direttore della Scuola di Schartre, politus orator ed ispirato Poeta; un secolo dopo, nel 1227, il Concilio di Treviri fustigò e mise al bando i “Clerici Vagantes”, i quali, nel 1239,  con altra bolla d’infamia, furono obbligati ad andarsene in giro completamente rasati; … et cetera … et cetera…  Ma i Goliardi, con esuberante, intraprendente ottimismo ed acutezza d’ingegno – felicitatis Intellectus – , sono sempre riusciti ad elaborare la loro precaria situazione di “deiectio”, elevandola a “valore” anziché a disvalore, facendone un eccentrico modello di vita, alternativo ed antimonico rispetto alle società egemoniche, che in ogni tempo hanno cercato di tenerli ai margini e di respingerli, come esseri alieni da esse avulsi.  Noncuranti, Essi, laeti et jucunduli, inneggiando alla Gioventù, alla Gioia ed alla Vita, imperterriti hanno attraversato i secoli ..…; impavidi sono approdati nell’habitat ecologicamente inquinato dell’era tecnologica massificante ed alienante; inesausti, sono giunti fino a Noi, Uomini del Duemila, programmati a vita produttiva dalle 8 alle 14 e dalle 15 alle 19 ed oltre, per affrancarli dalla frustrazione ontologica e dall’alienazione esistenziale, esortandoli ad una visione più serena ed ottimistica della Vita, in armonia con il Cosmo le Genti;  per farsi, con i loro sapidi versi e gioiosi canti, Rapsodi, Aedi e Cantori anche dell’Uomo d’oggi e cantare l’impossibile poesia di questa prosaica, tecnicistica ed impoetica società dei mass-media, esaltando come sempre la Gioia di vivere, l’ Amore, l’Amicizia e la Fratellanza.  “Noi siamo ancora i Goliardi nei secoli… per l’uggia debbellar dei secol tristi”.  L’immarcescibile spirito goliardico mai s’ammorza; imperituro vivrà in ogni tempo per saecula saeculorum…  Come recitano gli icastici motti coniati dallo scrivente in lingua docta atque vulgare: “Mythum attigimus, fabulosi sumus”  – “Siamo entrati nella leggenda spernacchiando nella storia”.

 Anche Pier Giorgio Frassati, sia pure  con dissimili intenti ed esiti diversi, in antitesi alla società elitaria  cui per censo e casato apparteneva, dedita ad accumulare ricchezze e ad esercitare cinicamente il potere, spesso a scapito delle classi povere e socialmente emarginate, ha “trasmutato” il modus vivendi di essa in “mendicità dell’Essere”, fedele alla propria radicata verità interiore; una scelta esistenziale ed etica scientemente  e fedelmente osservata, un esaltante messaggio il suo di significante significato.

*Principe di Goliardia