La Voce e la Vita della Chiesa: i poveri d’amare

Diacono Francesco Giglio

“Povertà” parola molto comune al giorno d’oggi ma che forse non abbiamo mai analizzato nella sua reale concretezza. Assorbiti dal nostro mondo fatto di comodità e di confort, la povertà rimane un problema a noi estraneo, una parola astratta.

Essa riguarda invece la realtà di ognuno di noi, poiché non ha confini e limiti, spesso è vicina ma noi non riusciamo a vederla.

Distratti dalle tante preoccupazioni quotidiane, da una vita dal ritmo frenetico, quasi mai ci soffermiamo a pensare che forse esiste un mondo parallelo al nostro con cui conviviamo quotidianamente, consistente in una realtà segnata da profonde ingiustizie e sofferenze. Se fossimo più attenti scopriremmo che esistono paesi  poveri, arretrati, abbandonati e a volte dimenticati dove la precarietà della vita, le malattie, le morti infantili, le guerre e le carestie, le violenze sono all’ordine del giorno. Basta accendere la televisione, guardare i tanti documentari o leggere un qualsiasi giornale per rimanere turbati dalle  situazioni in cui vivono molti paesi così detti “sottosviluppati”. La vista non solo di tanti poveri ma anche di bambini denutriti, mal vestiti, spesso nudi che girovagano per strade sterrate, sporche o trasformate in cloache a celo aperto, dovrebbero turbarci. Molte volte rimaniamo insensibili nel vedere bimbi tristi, sconsolati, sofferenti, che con gli occhi spenti ci chiedono solo di essere aiutati perché anche loro hanno il diritto di vivere. Se fossimo più attenti capiremmo che non chiedono altro che cibo, un bicchiere d’acqua potabile, una coperta per non aver freddo, una casa, una scuola, cure mediche, ma soprattutto il diritto inalienabile di essere amati e di  vivere serenamente la loro infanzia.

Allora chiediamoci: “perché esiste la povertà”?  Una risposta potrebbe essere che il nostro egoismo ci porta a non affrontare i reali problemi che ci circondano in quanto siamo concentrati a vivere la nostra dimensione individuale. Spesso non ci accorgiamo che chi ci sta accanto ha bisogno del nostro aiuto, del nostro sostegno ed in modo particolare della nostra condivisione. Anche nel nostro paese, per il momento che stiamo vivendo,  è aumentato in forma esponenziale il numero dei nuovi poveri. Fra questi vi sono quelli che hanno perso il lavoro, commercianti e artigiani che sono stati costretti ad abbandonare le loro attività, le tante persone impiegate nel sommerso e i molti lavoratori a tempo determinato o con attività saltuarie. Quello però che più colpisce è il fatto che presso i centri di distribuzione dei pacchi alimentari o alle mense di solidarietà si sono presentate intere famiglie che mai prima avevano usufruito di questi servizi. Di conseguenza a soffrire la “moderna povertà” non sono sole le singole persone ma interi nuclei familiari che mai prima del covid19 avevano  sperimentato condizioni di vita così problematiche. Gli Operatori Caritas si sono trovati sommersi da richieste di aiuto da parte di tanti genitori che trovandosi nella difficoltà  di assicurare un pasto ai propri figli, esprimevano il proprio disagio nell’essersi trovati per la prima volta a fronteggiare questa imprevista emergenza. E’ il caso quindi di ricordarci che c’è più gioia nel dare che nel ricevere.

In modo particolare noi cristiani dovremmo essere non solo solidali ma anche gioiosi annunciatori di speranza.

Guardiamoci dentro e scopriremo che nel nostro cuore sovrabbonda l’amore che a piene mani potremmo donare a tutti senza operare alcuna distinzione.

Cerchiamo di non dimenticare mai che al termine del nostro pellegrinaggio terreno saremo giudicati su come abbiamo amato, perché, “chi molto ha avuto di molto dovrà rispondere.