Una sfoglia di cipolla… divagazioni da neurologo “Stretti stretti”

Dott. Gerardo Iuliano

Come fai a divagare, se tutti i ragionamenti, di questi giorni, vanno a finire sul virus e sull’epidemia? E’ inevitabile; allora non li evitiamo.

Dicevamo che si può fare prevenzione, e, prima ancora, educazione sanitaria, basandosi su quelle poche cose che si sanno; abbiamo detto della resistenza del virus nell’aria e sulle superfici, e di come dopo qualche ora nell’aria, e dopo tre giorni sulle superfici, le sanificazioni siano superflue.

Abbiamo detto soprattutto della distanza tra le persone, almeno un paio di metri, che è il fattore fondamentale, e anche, a quanto pare, quello che riusciamo a controllare di meno.

A noi, noi terroni, dico, ma non solo, vedi al nord che succede, ci manca, a quanto pare, il senso dell’ordine.

Non dovrebbe essere difficile, per strada, tenersi a un paio di metri di distanza dal proprio prossimo, ma a quanto pare noi non ci riusciamo.

Dove la gente sa fare meglio le file, se ci fate caso, come in Svezia e altri paesi nordici, sono riusciti a limitare, senza danni eccessivi, i “lockdown”, e con questi le ripercussioni economiche più elevate.

Solo per questo, prima di rivendicare in sede europea, e giustamente, una politica più mediterranea, dovremmo, privatamente, fare anche un mea culpa…

I problemi nascono quando la distanza non si può mantenere e il contatto è quasi inevitabile.

Che è cosa diversa dalle situazioni private in cui la distanza non si vuole mantenere: se e con chi volete stare stretti stretti, quelli sono fatti vostri.

Viene da pensare a tre situazioni di base: il contatto, inevitabile, nel commercio al dettaglio con acquisti e pagamenti, poi le riunioni collettive, intese come scuola, lavoro, ma anche cinema e teatro, e, infine, i trasporti.

Entrate in un negozio? Uno alla volta: uno esce, uno entra, è facile; distanziati, almeno due metri, facile, no? Mascherina, bene; guanti, bene… Ma che fate, toccate? Ma avete i guanti… E no, che cavolo: i guanti servono per voi, per evitare di contaminarvi, ma la superficie esterna, se è contaminata, non deve venire a contatto con la merce, se no che facciamo? “Sanifichiamo” ogni volta? O aspettiamo tre giorni? Allora, per cortesia, non toccate, chiedete al personale.  E, al limite, qual che toccate, lo comprate e lo portate via…

E se si mangia? Lascio da parte l’igiene del locale, che dovrebbe essere garantita, ma, da parte nostra, dai, è una vita che si usano i bicchierini di carta, i piatti a perdere, siamo d’accordo che possibilmente vanno evitate le plastiche, ma è una situazione eccezionale, e i fanatici della tazzina calda o del bicchierino di vetro farebbero bene a non rompere le scatole a baristi e camerieri…

E lo stesso quando pagate, anche se i allora contatti sono minori, al massimo il resto, o la carta di credito.

E la scuola? Niente da eccepire sulle lezioni a distanza, a parte l’obbligo di possedere un computer, ma il contatto umano non si sostituisce, nella didattica come pure nella medicina.

E allora? Scusate, ma voi li ricordate da ragazzini, i doppi turni? E allora?

E i professori? Abbiamo tanto criticato gli insegnanti sfaticati, che possiamo anche permetterci di chiedergli di fare gli straordinari…

E se proprio, la fantasia non manca: metà a scuola, metà on line…? A turno, naturalmente.

Più facili cinema, teatro, riunioni: la distanza. E chi arriva tardi, resta fuori, senza assembramenti… Bisogna aumentare le repliche: se pensate che una volta la lirica la replicavano anche di mattina… Sono stati i dischi a rovinare attori e musicisti. Il loro lavoro è recitare e suonare? Bene, recitate e suonate, ai concerti ci verremo…

E la messa, la sinagoga, la preghiera del venerdì… Idem. E’ così bello entrare nelle chiese, semibiue, silenziose, con tre vecchiette che si dicono il rosario. E mi hanno fatto un effetto anche maggiore le moschee, dove puoi trovare ragazze che chiacchierano nello spazio femminile, mocciosi che si rotolano sulle stuoie, e uomini appoggiati alle colonne, che dormono con un giornale sulla faccia. Mi ricordano una canzone che girava in chiesa: “… Ma ora voglio addormentarmi tra le tue braccia, o Signore…”.

Preti, rabbini, muezzin, imam, celebrate più spesso, anche quando non c’è nessuno. Non credo che la cosa debba dispiacervi. La messa comincia adesso… Anche la particola messa sulla mano, tanto osteggiata dalle frange di cattolici più fondamentalisti, ha avuto finalmente la sua rivincita, a quanto pare…

C’è un problema comune a tutte le situazioni, all’esterno o al chiuso, in cui ci si vuole sedere, o sdraiare, vedi il mare: qua si, bisogna “sanificare” le sedie, le sdraio, i tavoli…

E un piccolo suggerimento comune e tutto sommato non tanto impegnativo: se ci portassimo dietro l’amuchina, lo spirito, come una volta, e i tovagliolini? Con una busta in cui raccoglierli, mi raccomando, che poi li buttiamo a terra e ci facciamo conoscere…

Un altro paio di maniche i trasporti; dovremo utilizzare più spesso la macchina.

Motorini e biciclette, magari, speriamo bene.

Perchè il problema più grosso lo troveremo in pullman, in treno, in metropolitana.

E riguarderà soprattutto chi la macchina non ce l’ha: lavoratori e studenti (… Uniti nella lotta, come nel ’68?)

Mantenere la distanza significa salire in pochi, aumentare le corse, gli autisti, e soprattutto gli automezzi.

E qui ci aspetteremo le speculazioni nostrane e multinazionali, e le conseguenti polemiche, a cui abbiamo già assistito a proposito di mascherine (Pivetti, i cinesi, e non solo), ospedali COVID e letti da rianimazione (Bertolaso, e non solo).

Però, ci pensate, se fossimo riusciti a mantenere le distanze da subito, come i nostri compari dei paesi nordici, quanti soldi risparmiati, se invece di attrezzare ospedali provvisori, avessimo potuto comperare subito automezzi per l’Atacs o la metropolitana?

Gli ospedali da campo (non è detto ancora, facciamo gli scongiuri), per il momento non li abbiamo nemmeno utilizzati; i trasporti pubblici, invece, ce li saremmo tenuti cari cari…

E che te ne vuoi fare, dei se e dei ma…