Milano: Coronavirus, Suor Anna Monia Alfieri – Focus su Famiglia e Stato in bilico…

Suor Anna Monia Alfieri*

Ad oggi, senza una decisione coraggiosa e illuminata da parte di chi ci governa, non soltanto la famiglia risulta tradita nel suo diritto costituzionale di libera scelta educativa, ma lo Stato rischia di vedersi presentare un conto salato per una forma di insipienza che rasenta l’autolesionismo.

La scuola non può essere l’ultimo dei pensieri: cultura, apertura mentale, equilibrio e capacità di pensare, infatti, nascono sui banchi di scuola.

E sarebbe auspicabile non aggravare ulteriormente una situazione già pesante: la DaD (Didattica a Distanza), infatti, anche quando fatta benissimo, non è certo un toccasana per bambini e ragazzi costretti in casa: avremo una generazione segnata per sempre. E non è finita.

L’imminente e certa chiusura del 30% (per ora) delle scuole pubbliche paritarie, oltre a rappresentare un grave danno al pluralismo educativo, costituirà un notevole “shock cardiogeno” per i 300mila studenti che si vedranno sradicati dalle loro scuole, le quali, serie e certificate, potevano vantare un grande merito: far risparmiare 5/6 miliardi di euro allo Stato…. Ma ciò non è bastato per salvarle.

La volontà politica ha dichiarato anzi la necessità, per far ripartire la scuola pubblica statale a settembre, di quasi tre miliardi di euro; a cui – questo non è detto, ma è bene saperlo – occorre aggiungere almeno altrettanti miliardi necessari a trapiantare in altre scuole i 300mila alunni di cui sopra. Questi ultimi costavano ai loro genitori, quando erano nelle loro scuole (ormai spacciate), dai 4 mila ai 6 mila euro annui a testa, con un contributo statale di 500 euro annui in media per ciascuno. Sono i soldi di cui si parla tanto in questi giorni, tra l’entusiasmo e i sorrisi soddisfatti della politica: le solite briciole, che, ridotte anno per anno, arriveranno soltanto a luglio, quando il funerale delle scuole pubbliche paritarie sarà già stato celebrato (in allegato il file Excel con l’elemosina…).

La realtà è che quei 500 euro pro capite all’anno diventeranno per lo Stato, cioè per i cittadini contribuenti (e quindi anche per le famiglie dei 300 mila) una spesa secca di 10 mila euro annui per ogni alunno inserito nelle famose classi pollaio che tanto angustiano – giustamente – il Ministero…

 

Bizzarro che il decreto che stanzia i famosi 500 milioni, nella lunga premessa così recita:  “Vista la legge 10 marzo 2000, n. 62, recante Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all’istruzione, che istituisce il sistema nazionale di istruzione costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie, private e degli enti locali”; e all’art. 2: “I contributi sono erogati al fine di sostenere la funzione pubblica svolta dalle scuole paritarie nell’ambito del Sistema nazionale di istruzione”. Ma sono le stesse scuole paritarie che il Governo vuole chiudere? Sono le stesse scuole paritarie di cui la Ministra – definendole diplomifici – discrimina i 900 mila allievi e gli 80 mila docenti?

Una domanda lecita: se vanno stralciati gli emendamenti per non garantire oggi la famiglia salvando la scuola, poi si firma questo decreto solo perché è un atto dovuto? Coerenza per coerenza: un serio governo (a minoranza Cinquestelle) avrebbe dovuto stralciarlo … questi 500 mln potevano aiutare la Dad della statale, o no?

Evidentemente, l’ideologia priva di dignità, che non si ferma di fronte al rischio di 3 mld di spesa evitabile, cede (miseramente) di fronte alla burocrazia. Ma i cittadini attenti non possono non rilevare l’anomalia pilatesca che offende l’intelligenza … Ci si lava le mani in tempi di covid-19 e la folla salva comunque Barabba. Forse oggi tra la folla c’è un “resto” consapevole, che chiede conto di questa assurdità: ormai anche i pentastellati pensanti sono scesi in campo per la famiglia e i 300 mila alunni (notizia di oggi l’intervento del 5telle On. Gianluca Rospi), oltre ai cittadini che credono ancora alla possibilità di un futuro per la nazione.

Tanto più che i 300 mila, nelle loro scuole ormai chiuse, stavano bene; anzi, le loro aule ampie e pulite avrebbero potuto ospitare altri bambini e ragazzi desiderosi di andarci, ma non abbienti. Ma la libertà di scegliere l’educazione dei figli, in Italia, è un lusso: è libero chi ha i soldi, i poveri no.

Bisognerà spiegare questi fatti ragazzi più grandi. E si dovrà dire loro che, a fine marzo 2020, una proposta di soluzione per non far morire la loro scuola (senza costi in più per lo Stato) c’era: dichiarare come spesa da “non considerare come ricchezza da tassare” quei 5.500 euro in media che le famiglie hanno pagato per la retta della loro scuola pubblica paritaria…  Qualche alunno più sveglio, allora, esclamerà: “Altro che non tassare! Lo Stato dovrebbe togliere le tasse ai miei genitori per gli altri 4500 euro che avrebbe speso se fossi stato alunno della pubblica statale! Il prossimo anno gli toccherà spenderne per me 10mila! Vedremo se, per quella cifra, la scuola pubblica statale dove per forza dovrò andare a settembre sarà degna, come serietà, pulizia, efficienza, strumentazione, preparazione e dedizione dei docenti, della scuola pubblica paritaria che ho lasciato e che il Governo ha condannata a morte”.

Questo il saggio ragionamento di minorenne. Per gli addetti ai lavori, ma anche per tutti i cittadini adulti, sia detto che l’emendamento non passato a fine marzo prevedeva la detrazione per intero (non basta l’elemosina del 19% di 100/152 euro annui!) della retta per le famiglie in base al il parametro del costo standard di sostenibilità per allievo (tetto di euro 5.500), che ha formule precise e fiscali. Tutti i parlamentari hanno a disposizione uno studio scientifico dove possono visionare quanto costerebbe, secondo tale parametro e in un contesto di efficacia e serietà, un alunno al contribuente, dall’Infanzia all’Esame di Stato conclusivo .

 Nei prossimi giorni il decreto Cura Italia tornerà al Senato: qui potranno essere ripresentati tutti gli emendamenti stralciati, tenendo presente l’appello equilibrato del Sottosegretario della CEI, Maffeis   e delle Presidenze USMI e CISM: “Allo Stato non si chiedono privilegi né elemosina, ma di riconoscere il servizio pubblico che queste realtà assicurano”. Senza un aiuto sostanziale alle famiglie come quello sopra descritto, non c’è futuro, né per la scuola pubblica, né per la Società, né per lo Stato italiano.

* esperta di Politiche Scolastiche