Riceviamo e Pubblichiamo: lettera a Direttore Feltri “Stranieri in patria”

Gentilissimo direttore Feltri, le scrivo in riferimento agli articoli apparsi rispettivamente sul giornale da lei diretto i giorni 11 e 12 gennaio 2019 da cui chiaramente si evince il riferimento ai terroni.

Sono l’ingegnere Francesco Terrone nato e cresciuto in un piccolo paese della provincia di Salerno, una frazione di Mercato San Severino, Piazza del Galdo. Amo la mia terra e per quello che riesco a fare, cerco di onorarla e difenderla da minacciose insidie da parte di intellettuali  di poco conto e di ignoranza cavalcante per monti e praterie aride e senza scrupoli. Amo l’Italia ma assolutamente non amo chi tenta di distruggerla.

La questione Nord/Sud ha origini ataviche e controverse anche a causa di implicazioni ideologiche e soprattutto di giudizio. L’unificazione dell’Italia avvenne , ma personalmente ritengo che la rapidità con cui si determinò e il comportamento di asservimento che Cavour ha avuto nei confronti del Meridione non hanno dato modo all’identità nazionale di affermarsi e, in particolare, credo che il Sud abbia da sempre subito il rigido controllo del governo centrale come un vero e proprio atteggiamento colonizzatore: politiche strategiche e culture  di controllo hanno determinato fin da quell’epoca una vera e propria spaccatura tra Nord e Sud le cui fragilità e debolezze sono state trasferite fin ad ora. Questa eredità, purtroppo, oggi al Sud si amplifica con atteggiamenti ed abitudini comportamentali, linguistiche e culturali di odio, rancore ed egoismi. A conferma di questa mia convinzione ci sono gli articoli di giornali: strumenti attraverso i quali si crede di poter trovare una soluzione ad un cancro che, ormai, è costitutivo dell’essere meridionali e più in generale degli italiani. Le parole non bastano più ad arginare lo scempio e le brutture che politiche scorrette ed improprie, accumulatesi negli anni, hanno disegnato per il Sud. Il federalismo, l’autonomia, la serpeggiante volontà ad aumentare la distanza tra il Nord e il Sud hanno gettato le tracce di una sempre maggiore e determinante frammentazione del paese. Non serve propagandare l’autonomia delle regioni, non basta usare parole per convincere che l’Italia può andare avanti, non sono sufficienti slogan elettorali. Servono i numeri ed io, intellettuale e matematico, ritengo che politiche di disgregazione siano solo un aggravio per coloro che amano l’Italia e che con il loro lavoro di sacrifici e il conseguente contributo economico cercano di favorire la crescita dell’Italia. Basta scorgersi oltre i confini per rendersi conto che il nostro paese è veramente piccolo rispetto ad altre nazioni che progressivamente si arricchiscono, dove a volte solo lo sviluppo  produttivo di alcune famiglie ricche contribuisce alla prosperità economica dell’intero paese. E in Italia, invece, si pensa a riflettere, poi a discutere e magari litigare ma senza mai trovare soluzioni e strategie di sviluppo proficue per rendere competitiva e moderna la nostra amata Italia. Siamo fermi, oppure ci muoviamo con la lentezza di un elefante mentre alcune nazioni girano forte ed avanzano imperterrite.

Ed allora mi preoccupo e cerco, umilmente, nella mia testa di trovare una soluzione, un input per rendere meno pericoloso questo modo tutto italiano di fare politica, soprattutto per aiutare il mio Sud. Mi convinco, considerando gli insegnamenti di una grande persona, che prima di tutto bisogna cominciarsi ad amare e poi trovare il coraggio di diffondere questo amore e spargerlo verso il prossimo. Sarebbe necessario trasformare le parole in azione e magari in modelli matematici da cui discenderebbero risultati certi: questo vorrei affinché il Meridione possa incamminarsi verso il raggiungimento di risultati migliori. E mi viene in mente una prima semplice strategia: inviterei, con un pizzico di egoismo, tutte le regioni  dopo il Po’ e fino alla regione più estrema verso Sud di consumare solo materiali e prodotti a KM 0 in maniera da costringere tutte le aziende del Nord (che dice di pagare sempre le tasse!) a conservare nei propri depositi tutti i propri beni.

E poi, un altro mio cruccio: i termini “terrone e polentone”. Credo che la letteratura italiana, influenzata sicuramente da meccanismi politici, abbia preso una cantonata. Polentone è termine attribuito a chi mangia polenta. Terrone, invece, è un termine di origini molto antiche; risale a 2500 anni fa e le prime testimonianze risalgono alla Sicilia dove c’è traccia di una tomba del re Terone (gli antichi greci non usavano le doppie). Ricerche storiche attestano che intorno al 1600 un certo Antonio Terroni, proveniente dalla Spagna ed emissario del re spagnolo, comprò i feudi di Ripacandida e di Ginestre, situati a cavallo tra la Basilicata e la Puglia, appartenuti alla nota famiglia dei Grimaldi, principi di Monaco e marchesi di Campagna, vicino Eboli, in provincia di Salerno.

Tracce di Terrone e/o Terroni si trovano quindi in Campania, in Puglia e in Basilicata e ricerche araldiche confermano la provenienza da famiglie culturalmente ed economicamente elevate: prelati, scienziati (per esempio, Giovanni Terrone-docente di fisiologia umana, autore di diverse scoperte ed importanti opere, medico di corte, direttore dell’orto botanico e direttore dell’ospedale degli incurabili di Napoli),nobili ( don Luigi Terrone, comandante della guardia dei Borbone e proprietario di palazzi e chiese tra cui quella della Madonna del Carmine ancora esistente ad Ospizio, frazione di Mercato San Severino), latifondisti, proprietari terrieri ed anche produttori ed esportatori di canapa. Questo ad indicare che Terrone è un termine che ha a che fare con la terra!  Inoltre, in una frazione di Mercato San Severino, Acquarola, sono rimasti i ruderi di un antico Palazzo Terrone dove, si scrive, sia nato Bartolomeo Prignano, il futuro Papa Urbano VI il cui nome è legato al trasferimento del conclave papale da Avignone in Italia.

Personalmente, come professionista ed imprenditore che ha sempre lavorato e costruito senza mai chiedere alcun contributo statale, credo di non essere inferiore a nessun altro industriale del Nord. Sono nato, cresciuto e fondato diverse società nel palazzo di famiglia, dove oggi risiede la sede legale ed amministrativa di una delle mie aziende e dove ancora oggi mi sento accarezzare dal calore e dalla sapienza dei miei avi, dei concittadini e della mia amata terra. Contro i lunghi e, a volte, fastidiosi dibattiti di Saviano che puntualmente denigra il Sud; contro lo stesso amico e collega Pino Aprile che rimpiange un tempo glorioso che non esiste più, io con i pugni fermi vado avanti convinto che il Nord non debba avere più la presunzione di voler invaderci e continuare a mortificare il Sud. Qui si può e si deve fare. Deve esserci lo Stato che, attraverso valide politiche di sviluppo, di presenza di forze armate che riescano a controllare ed arginare i problemi del territorio, deve sopportare e supportare le giuste iniziative imprenditoriali. Non tollero più che sui binari delle stazioni ancora si incontrino valigie, valigie che nonostante non sono più di cartone, fanno ritornare alla memoria le vecchie migrazioni. Come i nostri nonni che hanno lasciato le proprie case per trovare fortuna altrove o addirittura sono andati a difendere le terre del Nord dall’invasione,  purtroppo i nostri giovani sono ancora costretti ad andar via non per vivere meglio, ma solo per sopravvivere lasciando spegnere ogni speranza, ogni affetto, ogni legame con la propria terra. Ricordo, dai racconti ascoltati, il mio nonno partito per la guerra e due zii di mia madre che hanno proprio trovato la morte durante la ritirata di Caporetto.

Avrei ancora molto da dire! Rimane l’idea forte che l’amore coniugato verso se stessi, verso gli altri, verso la propria terra sia vincente. L’intelligenza, che non ha confini,  dovrà guidarci e farci pensare che se l’America, la Cina, la Russia e le grandi potenze sono più competitive, lo sono semplicemente perché hanno saputo sfruttare tutte le potenzialità anche attraverso politiche, sociali ed economiche migliori e di alto livello. E allora impegniamoci affinché il nostro Sud e l’Italia tutta rimangano nostri mantenendo sempre la prospettiva di un’ apertura intelligente e capace di farci andare anche verso l’oltre confine.

N.B. La mia mamma ha un cognome che rievoca il Nord, Bergamo. Bergamo Flora. Il mio papà, un Terrone di nome e di fatto, l’ha sposata circa 65 anni fa: Bergamo in Terrone.

Le scrivo, delizia per le sue orecchie, alcune poesie che ho scritto io contenute all’interno di un cd “Romanze Italiane”, con le musiche originali del M°. Francesco Perri e con gli interpreti Federico Veltri, Teresa Musacchio e Franco Pino, inciso in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia. Il cd contiene il mio inno alle bellezze dell’Italia, ai suoi simboli che la raccontano; le liriche contenute sono state tradotte in 4 lingue ed hanno fatto il giro del mondo conseguendo anche un particolare successo di pubblico. E a conferma di quanto da sempre amo l’Italia nella sua interezza e senza possibilità di frammentazione, le allego anche un articolo di qualche tempo fa in cui si evince dell’arrivo da parte mia di 501 rose, verdi bianche e rosse, a Bossi che iniziava a propagandare un’idea dell’Italia che non ho mai amato.

 

Francesco Terrone

IL PIANTO DI PULCINELLA

 

Il pianto

di Pulcinella:

la verità!

Il lamento

di un popolo

si può raccontare

anche

facendo ridere o piangere.

Tu, maschera di un popolo

schiavo del peggior nemico,

il sospettoso guardiano

dalla falsa innocenza

piangi e ridi,

fai piangere e ridere

raccontando la tua vita

e le tue più intime emozioni.

Racconti:

la fame, il dolore fisico

e spirituale,

quel dolore che solo

chi è schiavo di se stesso

può capire,

ed il popolo del sole

lo capisce, lo capisce bene,

ma non sguaina l’ardente cuore

a tal feroce getto di morte

che lo annienta

e lo distrugge.

Il sole ti brucia

purtroppo…

poco ti riscalda

caro Pulcinella!

 

ITALIA

Morirei per te,

per la tua gloria,

per la tua bandiera,

per la tua libertà.

Porterò nel mio petto

in eterno la gioia di essere

nato, allevato, educato

tra la tua gente,

la nostra gente

ed essere per sempre

figlio devoto

delle tue sacre sponde

anche attraverso

le difficoltà più amare

e più dolorose.

Oh adorata, oh amata

mia patria!

                                                                                                                 NAPOLI

 

Napoli

città unica, inimitabile nel calore, nella umanità, nella bellezza.

Città dall’apparenza forte ed austera,

nella realtà debole e beffata dal destino e da un mondo falso.

Orfana di una identità nascosta e gloriosa,

umiliata, matrigna,

resa violenta e senza scrupoli verso il sangue del suo sangue,

carne della sua carne.

Mamma sterile ed incapace di allevare

e dare futuro sicuro ai propri figli:

figli di nessuno, bravi solamente a mendicare per il mondo

pane e futuro amaro, giullari di un mondo senza scrupoli,

capaci di far solo ridere e piangere.

Eri capitale dell’arte e della cultura,

beni derubati da pensiero incantatore e falso

in nome di una unità di popolo ed amaro calice italico

che ha fortificato i forti,

umiliato e distrutto i già deboli.

Città dai mille colori e mille volti

reagisci con il tuo fantasioso ed estroso popolo,

non chiedere: sii consapevole della tua forza,

 ritorna ad essere città simbolo, motore di progresso e vita.

Come figlio al capezzale di mamma sofferente,

ti chiedo: rinasci Napoli …

il mondo senza te è meno mondo!