Il Beato Dalmazio Moner e gli angeli

don Marcello Stanzione

Questo frate Domenicano è senz’altro alquanto sconosciuto al di fuori del proprio Ordine dei Predicatori. Dalmazio si adatta bene ad essere inserito tra i grandi amici degli angeli, perché lui, ancora da vivo, fu caratterizzato dal fatto che venne chiamato “frater angelo familaris” cioè il fratello che parla con gli angeli.

Suo primo biografo, il famoso inquisitore Fra Nicola Eymerich (+1399) fu novizio quando Dalmazio fu maestro nell’ordine. Lo descrive come un uomo d’aspetto poco simpatico, duro e taciturno, calvo e ipersensibile con una voce acuta e stridula e inoltre camminava pure molto lentamente,  che però conduceva una vita particolarmente pia e in stato di grazia. Dalmazio nacque nel 1291, figlio di una nobile famiglia a Santa Coloma de Farnès vicino a Gerona (Catalogna). Dopo la sua formazione scolastica a Gerona, studiò a Montpellier in Francia e ritornò in seguito a Gerona dove a 25 anni entrò nell’ordine Domenicano. Nonostante avesse molto talento e fosse destinato all’insegnamento, non vi trovò la sua vocazione. Sentì di doversi dedicare con tutto sé stesso al servizio di Dio. Visse la vita con un rigore unico. Si permetteva di prendersi il suo riposo notturno solo sulla nuda terra. Ogni giorno si dedicava agli esercizi di preghiera e contemplazione. Un giorno, quando, come d’abitudine, stava svolgendo le sue contemplazioni in una isolata valle, venne un suo confratello a cercarlo, non potendolo trovare da nessuna parte. Alla fine trovò, sospeso in estasi nell’aria sopra un albero. Succedeva spesso di trovarlo in situazioni simili quando pregava in mezzo alla natura.

Durante i suoi viaggi, Dalmazio rifiutò di portarsi provviste, rinunciò persino, ringraziando cortesemente, le  elemosine che gli  volevano dare. Preferì porre tutta la sua fiducia solo in Dio, che con l’aiuto dei suoi angeli lo soccorse spesso nella sua miseria. Ogni notte, quando Dalmazio pregava la “Laudes” nell’ora canonica, gli vennero spesso in mente le parole della lode dei tre giovani nel forno: “Benedicite angeli Domini Domino” (Lodate il Signore, angeli del cielo!). Chi gli stava vicino in quel momento, aveva l’impressione, che gli angeli stessero proprio alle sue spalle. Così si diffuse la convinzione che venivano gli spiriti celesti e cantavano con lui la lode al Signore. Alle fine ebbe una tale familiarità con gli angeli che veniva chiamato, appunto, “ il fratello che conversa con gli angeli.

Per poter svolgere i suoi esercizi di contemplazione in maniera inosservata, fu solito ritirarsi in una caverna che aveva scoperto in una vicina collina. Il suo amore per l’isolamento e la sua grande venerazione per  Santa Maria Maddalena lo spinsero a chiedere il permesso ai suoi superiori di recarsi a “Sainte-Baume” in Provenza per concludere qui, nel presunto luogo della morte di questa biblica santa- un tempo molto venerata nell’ordine Domenicano in quanto patrona dell’Ordine- la sua vita. Questo Santuario di Maria Maddalena, la quale, secondo la tradizione, servì qui per 30 anni il suo divino maestro con la  preghiera e con la penitenza, era allora curato pastoralmente dai Domenicani.

Dopo tre anni fra Dalmazio comprese, però, che non era la volontà di Dio che lui rimanesse lì per sempre. Ritornò quindi a Gerona. Qui si scavò lui stesso una caverna nel giardino del monastero dove visse per quattro anni. Lui abbandonava questa caverna  unicamente quando suonava la campana per la preghiera corale o per la mensa comunitaria.

Morì il 24 settembre 1341 nella sua amata caverna, con le mani alzate in preghiera verso il cielo. Sicuramente gli angeli erano venuti per portarlo nella loro comunità, dopo che già sulla terra gli era stato permesso di intrattenere rapporti familiari con loro. Nell’ordine domenicano viene venerato, insieme a Enrico Suso e  Marcolino di Forlì, come precursore delle riforme dell’Ordine svolte da Raimondo di Capua. Il suo culto fu confermato nel 1721.