“Credo la Chiesa una, santa, cattolica, apostolica… Credo la resurrezione della carne”

Padre Giuliano Di Renzo

Credo la resurrezione di quella carne che l’uomo di mondo non crede perché, paradossalmente, crede solo nella carne, nella quale come orco voluttuosamente s’immerge, spersonalizzando sé nel  considerando la donna un campo da arare a volontà (Quran. Sura 2,223) e vi grufola di vizioso piacere.

Fatti così i sessi come tedofori a cui per via viene spenta la fiamma da chi non conosce il sesso e l’amore. Si toglie al sesso l’originaria distintiva dignità di fiamma che accende il futuro di silenti nuove fulgide stelle quali sono i figli. Senza nuove vite il sesso è una balorda voce afona.

La sessualità infatti non è uno psicologico orientamento, come insiste a far credere contro l’evidenza la becera mente dell’uomo disperato di oggi, ma è costituivo dell’essere uomo, un distintivo delle identità delle singole persone. Essa afferisce alle persone, corpo e anima, ne determina la personalità a ciascuna propria.

La persona come immagine di Dio estende il suo essere immagine di Lui anche nella sessualità. Non nel senso che Dio abbia sesso, certo, ma di Dio in quanto creatore datore di vita, di esistenze che in quanto persone esistono perché immagini di Lui.

Nell’immediatezza di due persone congiunte in una sola carne partecipano, queste, dell’atto creatore di Lui e fatte così unite un solo amore sorgono da esse vite a loro somiglianti, come amori che rispondono all’amore.

Queste nuove creature in quanto persone hanno per naturale destino l’eternità. Ossia la loro personalità è destinata a raggiungere definitiva completezza e realizzazione di sé nella partecipazione all’infinita beatitudine di Dio.

Nel disegno di amore di Dio creatore la carne viene elevata a trasparenza dell’anima, al modo che l’impasto dei colori viene trasfigurato dall’ispirazione artistica in estasi di sacralità di sublime purissima bellezza.

Il ciclo liturgico ci invita ad entrare con la meditazione e la preghiera nel mistero di Cristo. Dopo averci perciò fatti passare in esso anche nel mese di ottobre di meraviglia in meraviglia, la grazia dello Spirito Santo ci introduce mediante la Chiesa nell’altro miracolo dell’amore di Cristo Redentore che è la glorificazione dei Santi nella loro beatitudine eterna e ci invita in pari tempo a pregare per i defunti ancora non del tutto pronti alla festa di quella stessa felicità.

Al mondo che anestetizza la disperazione conseguente alla sua esistenziale inquietudine con gli sforzi di vane iniziatiche liturgie laiche, la Chiesa pone la vittoria della Vita sulla Morte.

I santi hanno affrontato con coraggio ed esito felice l’incerta e pericolosa navigazione sulle profonde acque limacciose delle turbinose passioni umane.

Il due novembre la Chiesa prega per i suoi figli che pur avendo superata validamente la tristissima soglia che divide la vita dalla morte hanno ancora bisogno di purificazione per poter ascendere con luminosa purezza e trasparenza dello spirito alla partecipazione senza veli della sublime vita di Dio resi purissimi diamanti sfolgoranti di luce.

Una ed unica nel tempo e oltre il tempo, che è l’eternità, è la Chiesa.

E mentre la storia umana non è che un susseguirsi fragoroso di cadenti civiltà, stati, società, persone  simili a onde del mare che avanzano, s’increspano e vengono poi risucchiate senza forma né anima in acque tutte uguali, la Chiesa sta.

Una, sempre identica e saldamente ferma sulla roccia che è Cristo, la Chiesa è la Sposa che Egli si è acquistata con il suo proprio sangue accettando l’estrema umiliazione della Croce. Che è l’estrema umiliazione di Lui come Vita, che vede con terrore di disgustoso violentissimo oltraggio avvicinarsi per essere in sé assorbita dall’innominabile essere che della Morte è persona.

Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato!”  (Mt 27,46).

Non fu grido di disperazione e non solo preghiera, ma angoscioso grido di orrore di fronte al mostro che si avventava su di Lui.

Discese all’inferno”, professiamo nel Credo, e fu sorbire il calice amaro quasi sino all’inferno prossimo alla perdizione.

Del resto a noi la morte è distruzione dell’unità del nostro io con il suo corpo, quasi distruzione del nostro io medesimo. Sarà la miracolosa onnipotenza dell’amore di Dio a ricomporre l’interna  nostra esistenziale unità con la resurrezione della carne, con la restituzione alla persona umana della sua unità e integrità.

La croce fu l’estrema umiliazione della Vita, che è Gesù, Verbo di Dio, umiliazione oltre ogni limite, quasi distruzione di se stesso, donazione di Sé oltre i limiti dell’Amore. Dell’Amore, che è appunto amore solo nel momento in cui va oltre qualsiasi limite dell’amore. Amore oltre l’Amore.

Sede dell’Amore è dunque da ora la croce. Essa espande nel mondo la luce della resurrezione e fa di una tomba porta e via al Regno dei cieli.

Uomini e cose umane si susseguono l’uno all’altro sul proscenio della storia, la Chiesa invece sta.

Ed è santa, la Chiesa. Santa non della santità dei suoi figli, che santi non sono e con i loro peccati ne oscurano la bellezza per cui hanno perennemente bisogno di convertirsi e far penitenza, ma è santa la per l’amore che Cristo riversa incessantemente su di lei, la santifica e l’unisce a sé con il dono nuziale che è lo Spirito Santo e con i sacramenti guarisce noi dalle nostre sozzure.

Gesù è la vite, noi i tralci. Senza Gesù siamo moltitudine, in Lui siamo la Chiesa., la sua Chiesa.

Non voi avete scelto Me, ma Io ho scelto voi e vi ho costituiti perché portiate frutto e il vostro frutto rimanga” (Gv 15,11).

La Chiesa ci invita in questi giorni a riflettere seriamente sul mondo avvenire che tutti aspetta, a pregare i Santi e pregare per i defunti, noi, che fatti presuntuosi e scettici da cieco razionalismo, deformati dalla chiassosa spettacolarità del mondo e dei suoi media, non sappiamo che cosa siano il silenzio dell’ascolto e la gioiosa umiltà della preghiera.

Agli amici scettici ricordo che se la morte la vince sulla vita, sono nulla anche i loro valori.

Sulle vite spente dei nostri cari la Chiesa pone il peso della sua fede, la luminosità della sua speranza, il sostegno della sua preghiera. Nonostante le fantasmagorie che sfodera con la sua laica ragione, il mondo non ha certezze, avendo unica certezza quella di non averne.

Incapace di pentimento il mondo tenta di nascondere con i sofismi il suo fallimento.

Infatti il mondo è un vortice blasfemo di idee pazze. Siamo nell’assurdo mascherato di normalità e progresso, nell’irrazionalità elevata a razionalità, il non naturale dichiarato per legge naturale in specioso finto gioco di specchi e scatole cinesi.

Pur in mezzo alla chiassosa fiera della stupidità umana la riflessione sulla vita non può prescindere da quella sulla morte, né la meditazione sulla storia può eludere quella sul fine e la fine di essa. Di tutte le rivoluzioni, risorgimenti e cadute di cui è fatto il cammino umano, di quanti veggenti e profeti sono apparsi sulla terra rimangono solo i ruderi dei loro pensieri, il fetore delle loro storie, le loro polveri nelle tombe, nei famedio e nei cimiteri.

Unica, mirabilmente, è rimasta viva una tomba che non è perciò più tomba e da duemila anni getta vittoriosa sul mondo la luce di una Presenza che nulla e nessuno è riuscito a spegnere. Uomini accorti e previdenti si sono premuniti di sigillarla e in mille maniere  escogitando raffinati sofismi si provano ancora a consegnarla all’ oblio, di essa testimone e indefettibile custode è la Chiesa che rimane pertanto nel mondo la sola profezia della speranza.