Mcheko, sorriso

Padre Oliviero Ferro*

La prima volta che ho visto i bambini africani sorridere e ridere, mi ha fatto un sacco piacere. Poi mi sono accorto che mi guardavano in un certo modo e allora mi sono chiesto se per caso volevano prendermi in giro. Capita un po’ anche a noi quando incontriamo qualcuno che non conosciamo e che fa degli sforzi per imparare la nostra lingua, il nostro dialetto. Sorridiamo per educazione, ma in fondo in fondo, non lo giudichiamo molto bene. Però questa impressione non l’ho avuta con i bambini africani. E’ vero, le prime volte che ho parlato in kiswahili (lingua del Congo Rd), li vedevo che si mettevano a ridere. Probabilmente lo avrei fatto anch’io. Ma non mi sembrava segno di disprezzo, ma un prendermi in giro bonariamente. Naturalmente non era il caso di arrabbiarsi. Bastava prenderla con un po’ di filosofia e poi tutto passava, cioè bisognava a mettersi a studiare seriamente la lingua. E loro erano disponibili a darti una mano. Così piano piano ho imparato a ridere e a sorridere con loro. Quanto era bello e quanto mi manca. Qui in Italia siamo troppo seri e le risate, a volte, ci escono a comando, perché qualcuno ce lo dice di farlo. Là, invece, è normale per i bambini. Basta guardarsi in faccia, fissare qualche particolare e il sorriso e la risata partono in automatico. E in più, fanno bene alla salute. Provare per credere.

*missionario saveriano