Mwili, corpo

Padre Oliviero Ferro*

Dio ci ha donato un corpo e noi dobbiamo rispettarlo. Anche se la pelle è di colore diverso, la lingua, l’origine: tutti facciamo parte dell’unica famiglia di Dio. Andando in Africa, ho imparato a conoscere e ad apprezzare meglio le persone. Chiunque mi veniva davanti, mi chiedeva di essere un fratello per lui. Ognuno era importante. Certo i più simpatici e chiassosi erano i bambini. Chiedevano di essere ascoltati, di giocare con loro, magari di dargli qualche caramella. Insomma di essere considerati come delle persone. Poi i giovani, pieni di sogni, di difficoltà, di voglia di crescere, di sentirsi protagonisti della vita. Anche per loro era importante trovare qualcuno che si fermasse su un muretto, sotto un albero e parlasse con loro, soprattutto che gli dicesse che non erano soli ad affrontare la vita. Invece con i papà e le mamme ho capito che anche loro, come i miei genitori, vogliono il bene dei loro figli. Fanno tanti sacrifici. Ma soprattutto le mamme, non perdono mai il loro sorriso, anche se a volte è stanco. Hanno gli occhi che si chiudono per la stanchezza, ma non smettono di lavorare, perché hanno un cuore che vuole davvero bene. Gli anziani, a volte, si sentono soli e abbandonati. Allora è bello fermarsi con loro, ascoltare le loro storie di tanto tempo fa, chiedere dei consigli, farli sentire importanti nella vita della comunità. E gli ammalati e gli abbandonati: anche loro sono delle persone che hanno voglia di vivere. Non possiamo lasciarli soli. Tutti hanno un corpo e un cuore e dentro di loro c’è il volto di Dio. Basta guardare, ascoltare e intrecciare le tue mani con le loro. Tutto diventa più bello, basta volerlo.

 *missionario saveriano