“Spettatori ammalati: la patologia come business”

Guy Debord, scrittore, regista e filosofo francese scrive nel 1967 il saggio La Società dello spettacolo che denuncia profeticamente l’alienazione presente nell’ attuale vita sociale. L’oppressione psicologica e spirituale non è più determinata dalla sottomissione ad un “padrone”, ma dalla vessazione ad una rappresentazione spettacolare generata dall’economia e dal marketing. Viene realizzato un programma di assoggettamento psicologico totale dove l’individuo è separato dai suoi simili e vive in un isolamento comunicativo divenendo passivo spettatore e fruitore di prodotti di consumo: una terribile depersonalizzante ipnosi di massa. Lo spettacolo del quale i media rappresentano solo una delle molteplici valenze, è responsabile della perdita di ogni soggettività e personalità dell’individuo. Non è riconoscibile il Mangiafuoco padrone del circo ove domatori, bestie feroci e clown rappresentano al pubblico una performance obbligatoria senza possibilità di uscita.”Più egli contempla e meno vive, più accetta di riconoscersi nelle immagini dominanti del bisogno, meno comprende la sua esistenza e il suo proprio desiderio”. Così Guy Debord descrive l’individuo al quale è negata ogni creatività, ogni emozione generatrice di un autonomo prodotto artistico. Lo spettacolo diviene rapporto sociale mediato dall’impero delle immagini e della propaganda. L’individuo divenuto un robot programmabile non è soltanto condizionato ad eseguire un compito psicologico, ma riceve dall’ambiente sociale un orientamento alla malattia conseguenza della alienazione e dell’esigenza di utilizzare gli spettatori come consumatori di prodotti adulterati e di chimica tossica. La patologia di massa diventa un business di enormi proporzioni e la salute, la prevenzione paradossalmente si tramutano in nemici del sistema. Conrad Hal Waddington geniale biologo inglese padre dell’epigenetica ben si complementa con le intuizioni di Guy Debord. L’ambiente sociale e lo spettacolo condizionano l’espressione del nostro DNA incidendo solchi di programmazione nei nostri paesaggi proteici e biochimici interiori. Lo spectacle imprime sulle nostre eliche ereditarie gli ordini che ci vengono imposti dalla dittatura del consumo. Passivi e contemplativi ingozziamo glutine, lattosio, farmaci, immagini di prodotti, asfissianti apparizioni di leaders. Una propaganda che ci porta di giorno in giorno verso la malattia. Nessuno ci informerà che siamo allergici alla pasta che quotidianamente ingurgitiamo, nessuno ci svelerà che la chimica non ci grazierà da una moltiplicazione di successive patologie. Spettatori malati e ipnotizzati ecco come ci vuole la Società dello Spettacolo che una volta sfruttati ci abbandona se non più produttivi, se non più acquirenti. Come uscire dal circo? Come affrancarsi dal condizionamento della Società dello Spettacolo? Oltre ai consigli ovvi e pragmatici come quelli di non assorbire immagini e forme pensiero nefaste dal televisore e dagli strumenti di propaganda occorre mutare il proprio stile di vita. A parere di eccelsi psicoterapeuti, bisogna uscire dal ruolo di spettatori in attesa della rappresentazione o dell’affetto degli altri divenendo artefici del proprio percorso di riUnificazione, di ricongiunzione all’Uno. Occorre diagnosticare il grado di spettatorialità anche con esami di laboratorio che ci indichino le neurodisbiosi intestinali e i disturbi tiroidei e neuronali che inconsapevolmente patiamo. Cosa vogliono dire gli Illustrissimi Studiosi? Il primo atto è valutare il nostro coefficiente di spettatorialità, cioè  quantificare il danno che con l’alimentazione geneticamente modificata, lo stress, i farmaci ecc. stiamo provocando sul nostro soma specie sull’apparato gastrointestinale, sulla tiroide e sulla parete dei nostri neuroni. Poi dopo questa fase diagnostica somatica dobbiamo valutare il grado di spettatorialità psicologica e spirituale a cui ci assoggettiamo. La medicina psicosomatica e l’ipnosi regressiva – diventata poi evocativa – aiutano il paziente a svegliarsi dall’ipnosi di massa a ridurre la propria spettatorialità che è proporzionale alla ammalabilità dell’individuo. Una buona qualità della vita dipende dal non lasciarsi ammalare gravemente dalla Società dello Spettacolo. La prognosi dipende da quanto più precoce è la diagnosi, ma la guarigione di questi tempi, è veramente miracolistica!

Ellera Ferrante di Ruffana