Salerno: al teatro la Ribalta "Polemos"

Fine settimana intenso per il teatro La Ribalta di Salerno. Si inizia Sabato, 6 Febbraio, alle 21 con POLEMOS, uno spettacolo ideato e diretto da Antonio Iavazzo. A calcare il palco saranno gli attori: ANHEL Alina, ARZANO Cecilia, BORZILLO Alessandro, DESIATO Samuele, IAVAZZO Raffaele, MUSONE Antonella, TORNICASA Federica, VINCIGUERRA Fabiana. Polemos (Πόλεμος), nella mitologia greca, era il demone della guerra. Questo spettacolo teatrale nasce proprio da suggestioni e visioni che traggono vita e spunto dall’osservazione e dalla curiosità di indagare, poeticamente, esteticamente e in modo ritualistico e simbolico, il mondo complesso delle conflittualità, delle guerre, di ogni genere e tipologia. A partire da quelle “esterne”, tra i popoli e le etnie, da quelle interpersonali fino ad arrivare ai “conflitti” e alle lacerazioni individuali e intrapsichici. Ispirandomi a due testi simbolo del ‘900, e cioè “Morte a Venezia” di T. Mann (e al film omonimo di L. Visconti) e a frammenti di “Poesia Ininterrotta” di P. Eluard, si è compiuta una ricognizione sui temi della morte, del tragico e della bellezza. Una speculazione non solo teatrale, ma anche figurativa – analogica, centrando la nostra attenzione sulle “nude verità” che, sempre più spesso, si rendono urgenti e necessarie tra inondazioni di aggettivi, verbi, sostantivi che nel loro (spesso) vano tentativo di definire, spiegare, illustrare il reale, lo riducono a puro esercizio egoico e a mera esibizione di un sé che rivela le immense miserie nelle quali siamo impantanati. Il contributo audio – video di immagini estremamente tragiche e toccanti e di alcuni nostri “padri” nello spirito e nell’arte (Carmelo Bene – Leo De Berardinis – Luchino Visconti), parlandoci di poeti e di mistiche visioni, tra Rimbaud, Apollinaire, ci cullano in patrie di bellezza e di divine trascendenze del quotidiano. Qui gli attori “scompaiono” in un processo di disidentificazione ed estraniamento rispetto ad ogni forma di clichè, luoghi comuni, logica di rappresentazione, banalizzanti qualifiche e/o definizioni, e si immergono in una sorta di trance liturgica, sognando un qui e ora che solo la meditazione e un certo genere di esperienze possono far intravvedere e/o percepire. Ci sono durissimi attraversamenti esistenziali, baratri e fantasmi, piccoli e immensi “olocausti” personali nel gioco dell’ inevitabile confronto con la vita e la realtà. Il mio contributo è stato non tanto quello di mettere, di aggiungere, ma di togliere, smorzare, smussare le maschere, le “apparenze ingombranti”, i pesi di un “quotidiano” che grava sempre di più sul nostro desiderio di poesia e di aspirazione al divino e all’essenza.