Salerno: Ance, le case? Vecchie, ma di proprietà

In Campania tra il 2001 ed il 2011 il totale delle abitazioni è cresciuto di 251.049 unità (+11,4%), passando da 2.193.435 a 2.444.484. Si tratta di una media percentuale inferiore di circa 3 punti alla media Italia (+14,3%). Il dato è stato estrapolato dal Centro Studi Ance Salerno all’interno del report di Ance nazionale (“Lo stock abitativo in Italia”) pubblicato lo scorso 5 maggio. Lo studio di Ance nazionale è incentrato sull’analisi del 15° censimento Istat della popolazione e delle abitazioni (2011). Nell’ambito dei trend riscontrati il Centro Studi Ance Salerno si è soffermato su quello relativo alla vetustà del patrimonio abitativo: il 53,7% delle abitazioni ha più di 40 anni (risulta costruito prima del 1970); un ulteriore 31% è stato edificato nel ventennio successivo (1971-1990) ed il 7,4% nel periodo 1991-2000. Tra il 2001 ed il 2011 è stato edificato il restante 7,9%. Alla luce di tale situazione, risulta evidente che è particolarmente urgente procedere ad interventi di ristrutturazione e di efficientamento energetico in un’abitazione su due. Dal punto di vista del profilo della titolarità dell’abitazione in Campania in dieci anni è rimasta intatta la percentuale riferita alla piena proprietà dell’abitazione (61,9%), mentre è in lieve calo il numero delle famiglie in affitto (dal 27,5% al 24,4%). Si configura, inoltre, un netto abbattimento del tasso di titolarità riferito ad altre modalità: titolo gratuito e prestazioni di servizio (dal 105% al 13,6%). Se si vanno ad analizzare le macro dinamiche, si mettono a fuoco alcuni snodi strategici per comprendere come sia forte il legame delle famiglie con le abitazioni di proprietà nei luoghi di residenza. A livello nazionale “le abitazioni occupate da persone residenti – è scritto nel documento Ance – sono 24,1 milioni, pari al 77,3% del totale, mentre 7 milioni risultano non occupate o occupate da non residenti (case per vacanza, abitazioni occupate da persone non residenti che vi dimorano ad esempio per motivi di studio, di lavoro, abitazioni vuote)”. A conti fatti rispetto al censimento del 2001 “lo stock di abitazioni censite è aumentato di 3.916.168 unità, passando da 27.291.993 unità a 31.208.161. In particolare, il numero di abitazioni occupate è cresciuto di 2.481.889 unità mentre lo stock abitativo non occupato o occupato da non residenti è aumentato di 1.434.279 unità”. Ance segnala, quindi, che “il 63,4% della crescita rilevata nel decennio ha contribuito a incrementare il patrimonio abitativo occupato e il restante 36,6% lo stock non occupato”. Quali motivazioni possono essere individuate per comprendere le caratteristiche di questa variazione dello stock? Per l’Ance non è possibile giungere a conclusioni definitive, ma certamente occorre approfondire alcune cause rilevanti: la nuova attività edilizia legale ed illegale, le diverse modalità di realizzazione dei censimenti 2001 e 2011 ed i cambiamenti di destinazione d’uso. Sotto il profilo della titolarità della proprietà si conferma la particolare propensione delle famiglie italiane ad investire la propria ricchezza nella casa: il 93,3% (dato nazionale) delle abitazioni risultate occupate nel 2011 appartiene a persone fisiche e solo l’1,5% del totale rientra nel patrimonio di imprese e società (368.000 abitazioni). Lo stock di patrimonio abitativo ricadente nel bacino pubblico si attesta al 4,15 del totale: 993.390 unità. L’Ance rileva, inoltre, che nel decennio 2001-2011 sono aumentate del 13,4% le abitazioni di proprietà di persone fisiche e del 20,1% di proprietà di imprese e società. Si è ridotto, inoltre, del 12,8% lo stock di proprietà degli enti pubblici. “Colpisce – rimarcano gli analisti del Centro Studi Ance Salerno – che hanno fatto registrare una forte crescita gli altri tipi di alloggio (roulotte, camper, rimesse, garage, soffitte, cantine) che risultano occupati da persone residenti: erano 23.336 nel 2001 e sono diventati 53.917 nel 2011”. Ance nazionale considera questo dato sensibile, “in quanto espressione di un vero e proprio disagio sociale: il crescente ricorso a tale tipologia di alloggi indica, infatti, una condizione di emergenza abitativa che spinge molte famiglie ad utilizzare, a scopo abitativo, strutture non idonee o edifici con altre destinazioni d’uso”. Il fenomeno è diffuso – sebbene con diversa intensità – sia nel  Centro Nord che al Sud. Ulteriore conferma del radicamento della propensione all’acquisto della casa dove vivere arriva dalla percentuale delle famiglie che vivono in appartamenti propri: il 72% (2011). Solo il 18% delle famiglie vive in affitto e solo il rimanente 10% occupa un appartamento per uso gratuito o per prestazioni di servizio. Rispetto alla precedente rilevazione del 2001 la percentuale di famiglie che vive in una casa di proprietà ha ricevuto un incremento dello 0,7%; mentre si è ridotta la quota di famiglie in affitto: dal 20% del 2001 al 18% del 2011. Ed è salita anche la percentuale di chi dimora in un appartamento ad altro titolo: dall’8,7% al 10%. “I dati evidenziati dal Centro Studi Ance – ha dichiarato il Presidente di Ance Salerno Antonio Lombardi – confermano una situazione di sostanziale immobilità nell’indispensabile percorso di adeguamento qualitativo del patrimonio abitativo privato e pubblico soprattutto nel Mezzogiorno d’Italia. La maggior parte delle case ha un’età superiore ai 40 anni e un’ulteriore significativa quota risulta edificata tra il 1971 ed il 1990. In questo contesto si spreca, quindi, un’ulteriore occasione di rilancio delle filiera delle costruzioni strettamente legata alla politica del riuso e della rigenerazione urbana. Eppure la strada degli interventi di miglioramento della vivibilità interna e della qualità ambientale delle abitazioni è quella maggiormente praticabile non solo per ottenere significativi risultati sotto il profilo del risparmio energetico, ma anche per avviare una seria strategia di abbassamento dell’impatto ambientale”. “Preoccupa – ha continuato Lombardi – il trend in ascesa dei residenti in tipologie di alloggio solitamente destinate a presenze transitorie. Il disagio sociale e l’emergenza economica hanno costretto soprattutto al Sud numerose famiglie a vivere in condizioni di fortuna”. “Anche in questo caso – ha concluso Lombardi – è indispensabile prevedere nel più breve tempo possibile misure emergenziali a sostegno delle famiglie il cui reddito ricade nelle fasce di povertà”.