Calvanico: San Michele tra vecchio e nuovo, antico e moderno

Anna Maria Noia

 Solenni festeggiamenti a Calvanico in onore del santo patrono: l’arcangelo Michele.“Mi ka el”, ovvero: “Chi come Dio”, “Quis ut Deus” – Arcangelo guerriero, protettore delle nostre zone ma anche del Gargano – lungo l’ideale tratturo di S. Michele (luogo di fede e devozione percorrendo un cammino di pastori transumanti). Tra i primi quattro arcangeli, Michele è il condottiero delle milizie celesti ed è invocato in molte modalità. Forse i più non sapranno che Egli è anche patrono delle acque termali ma non solo: assurge a simbolo del dio egizio Anubi che soppesava le anime dei defunti abitanti il territorio del Nilo migliaia di anni addietro. E c’è di più: Michele rappresenta “l’idolo”, il protettore dei Longobardi quando essi si convertirono al Cristianesimo; il suo culto – così ben radicato nelle nostre zone e appunto in Puglia – sostituì quello precedente verso il dio Mitra – celebrato e venerato nei cosiddetti “mitrei”, grotte adibite a luogo di preghiera. Anfratti naturali nel cuore delle rocce per vivere in simbiosi con la natura selvaggia dell’epoca. Oltre a S. Michele, il cui studio assume sfumature di studio complesse – un vero e proprio enigma, per etnografi, demologi e antropologi tout court – vi sono Gabriele, l’annunciatore e messaggero della vergine Maria; Raffaele, l’angelo-guida di Tobiolo e Tobia (si ricordi l’episodio del fiele del pesce, forse un delfino) e il più dimenticato Uriele, l’angelo della morte. Cresce il fermento, fervono i preparativi a Calvanico – grazie alla collettività intera raccolta attorno a tali luoghi religiosi. Calvanico è un paese molto antico, derivante dal latino Cluvium oppure dal dialettale slavo Cravanicum (Crava indica un vallone, con detriti sparsi, con pietre e acciottolati). Un apposito programma di funzioni è stato approntato dai responsabili della comunità della cittadina irnina, guidata da qualche tempo dal parroco don Vincenzo Pierri. Il denso e fitto carnet di celebrazioni prevede stamane 7 maggio la messa (appunto mattutina) delle 10.30; poi alle 16 il momento più atteso: la classica, consueta, tradizionale “salita al monte”, cioè il pellegrinaggio dalla chiesetta calvanicense del SS. Salvatore al santuario di S. Michele, simile come ritualità e miticità o cultualità al più famoso S. Michele (di mezzo o di basso) a Fisciano. Ma questo è il pizzo S. Michele, notissimo, proprio come l’omonimo santuario di Fisciano. Un luogo ameno e simbolico, meta di visitatori che ne colgono appieno il senso del sacro soffermandosi su meditabonde riflessioni. Qui si ritrovano ogni sette, otto e/o quindici del mese di maggio curiosi e appassionati provenienti dall’intera Valle Irno e dall’Irpinia. Qui, inoltre, alle 21 la SS. Messa. Domani, venerdì 8 maggio, invece nella chiesa del Salvatore (sempre a Calvanico) alle 11 don Biagio Napoletano officerà la celebrazione eucaristica, al termine della quale si suffragherà la supplica alla Madonna. Domenica 17, invece, alle 11 una Messa solenne dedicata a tale santo. Alle 19 la processione per le strade del paese; infine, a degna conclusione delle varie iniziative, il giorno 27 maggio prossimo venturo papa Francesco – evento storico! – benedirà la statua dell’arcangelo venerata da secoli a Calvanico. Lo farà al termine dell’udienza generale in piazza S. Pietro. Incontro e – se così possiamo dire – “scontro” (simpatico… ma non troppo!) di culture, dunque, risulta essere appunto il pizzo S. Michele; anticamente la processione era “animata” dai fanciulli e dalle ragazzine: le “verginelle”. Antichi canti popolari, tra il mistico e il pagano, con invocazioni dirette all’angelo si levavano alte nel cielo (quasi) terso di maggio – mese dedicato alla Madonna e a Michele. Sempre nel passato, almeno qualche tempo fa, la processione aveva la prima “sosta” all’edicola micaelica della località detta “vuoccolo”, vale a dire: “gola”, ingresso. Sempre tempo fa, i portatori si toglievano le insegne della confraternita e pregavano. Fino a tre “tappe”, segnalate da altrettante croci, si proseguiva verso la località Carpegna. Ed ecco l’epitaffio, una lapide che secondo alcuni studiosi risale al 1630, che “invita” (invitava) scaramanticamente a deporre i cosiddetti “cibi pascali” (carne, salumi, insaccati) per evitare che Michele sia (fosse) “vindice e non amante.” Nel corso dei secoli si è anche un po’ perso il significato del girare attorno al basamento della “Pietra santa” con il simulacro/statua portata a fatica sin lì. È un topos che sta venendo meno. Arrivati alla cima di Monte S. Michele – da notare la somiglianza di denominazione con la omonima località francese di Mont Saint-Michel, caratterizzata dalla “danza” delle maree che donano fascino e curiose particolarità alla zona – prima che la statua entrasse in chiesa si compivano tre giri antiorari intorno al sacro edificio. A effettuare il rito superstizioso erano sia i portatori che le autorità che le donne. Una volta i fedeli bivaccavano in loco, preparandosi a vegliare in una sorta di “incubatio” o “dormitio” come quella ancora attuale per la Madonna di Materdomini (Nocera) e spesso “litigando” (idealmente) con gli escursionisti della Valle dell’Irno e di Solofra o Montoro. Il fuoco era ed è elemento apotropaico, cioè di allontanamento degli spiriti maligni: acceso su S. Michele – nel passato – scacciava il diavolo dalla cima, per mano dell’Arcangelo. Allo scoppio di un mortaretto – sempre tanto tempo fa – si riprendeva a scendere verso il paese. Anche don Vincenzo Pierri, sicuramente, avrà capito l’importanza di tradizioni come quelle legate alla figura del soldato degli angeli. Speriamo che anche gli amministratori, le autorità, i notabili e in genere chi “conta” nel mare magnum delle istituzioni politiche sappia districarsi tra carte e adempimenti burocratici, per valorizzare – sempre e meglio – il territorio e le ancestrali sue risorse. Magari promuovendo e/o organizzando con attenzione e rispetto verso i patres eventi quali questo.