L’America ha ri-trovato il suo presidente- Barack Obama, finalmente piace all’America

Giuseppe Lembo

A Selma (Alabama) il Presidente degli Stati Uniti d’America, per ricordare, a 50 anni di distanza, la marcia per i diritti degli afroamericani, organizzata nel 1965 da Martin Luther King, ha intelligentemente ridefinito l’identità del popolo americano. Un popolo dall’eterna giovinezza, un popolo dalle mille diversità, attualmente impegnato a produrre libertà e prosperità, così come nell’esempio del giovane John Lewis che sul ponte di Selma, a soli 25 anni, si mise alla testa di una marcia storica, per la libertà dei popoli e per i diritti umani anche a favore degli ultimi della Terra.  Al centro del discorso all’America pronunciato da Barack Obama a Selma per ricordare i 50 anni della marcia per i diritti degli afroamericani, organizzata nel 1965 da Martin Luther King, c’è stato un forte messaggio all’America del Presidente al suo popolo, sgomberando così quelle tante ombre che in più occasioni ne avevano compromesso l’immagine. Un discorso forte, con un richiamo altrettanto forte ed intelligente all’appartenenza americana, al di sopra di tutto e di tutti e della sfrenata voglia, tutta americana, da popolo attento alla libertà, prima di tutto. Un discorso quello di Obama che ha lasciato il segno negli americani che l’hanno gradito e non poco; è tanto piaciuto all’America ed agli americani, compresi quelli della destra conservatrice che lo hanno sempre fortemente contrastato.

Questa volta proprio no! Questa volta Barack Obama, Presidente degli Stati Uniti d’America, si è meritato gli applausi di tutta l’America.

Il consenso dell’insieme americano è stato senza se e senza ma. Il Presidente Obama, con grande carisma ha onorevolmente richiamato l’America all’orgoglio americano. Siamo noi l’America. Siamo noi l’America, ha detto con forza, al suo popolo.

A Selma in Alabama, Obama ha parlato per i 50 anni dalla marcia per i diritti degli afroamericani, ridefinendo l’identità del suo popolo, da sempre animato da una sfrenata voglia di libertà; ha ben evidenziato, contagiandone il suo popolo, lo spirito dell’eterna giovinezza americana.

Quanto sia importante l’orgoglio dell’appartenenza ci viene da questa lezione d’insieme americano, con al centro il suo capo naturale, il suo “principe” che oggi si chiama Barack Obama.

La gente, la gente del mondo, sempre ed ovunque, ha bisogno di riferimenti forti; ha bisogno di identità e di appartenenza; ha bisogno di identificazione e di radicamento.

Tutto questo lo possiamo concretamente scoprire nel messaggio agli americani di Selma, in cui Obama, gridando forte “Noi siamo l’America”, in quel momento ha convintamene rappresentato l’anima dell’America che, tutta insieme, ha saputo e sa gridare forte al mondo “Noi siamo l’America”.

Parlando da “americano unico”, Obama dice che Selma rappresenta per l’America uno dei “luoghi sacri” in cui è stato sancito il destino della nazione americana.

Un luogo di incontro, in cui l’America seppe e per sempre dire fortemente no alla vergogna della schiavitù e della segregazione razziale, attivando un lungo processo di integrazione che ha portato l’America al grande risultato antropico di popolo unico; di popolo unico d’America; di un popolo dai diritti civili per tutti e dalle opportunità di vita altrettanto concretamente per tutti.

Il simbolo reale di questo nuovo  tempo americano iniziato 50 anni fa, è il ponte di Selma, luogo sacro della storica marcia per i diritti umani degli afroamericani.

Gli americani forti di una fede incrollabile, seppero camminare insieme, attraversando quel ponte simbolo della libertà con grande coraggio; un coraggio che presto, diventò “coraggio d’insieme” per milioni di persone che hanno saputo così dare un nuovo corso alla nazione americana, facendola diventare nel mondo il simbolo del Paese dal profumo delle libertà umane, dei diritti umani, delle opportunità umanamente possibili per tutti.

È questa, dice Obama, l’America; l’America dall’idea condivisa, con cittadini attivi protagonisti di una realtà in continua evoluzione, sempre fortemente presenti sulla scena della vita americana, per manifestare, da protagonisti, in tutte le situazioni, sia il proprio convinto consenso, che il proprio dissenso di americani attenti prima di tutto e soprattutto ad allargare, facendoli propri, gli orizzonti della libertà, un grande sogno americano per tutti, ma proprio per tutti gli americani di America.

Noi siamo, dice Obama, il paese dalle opportunità umanamente condivise; in tale positiva veste ci considera e ci guarda il mondo che non disdegna il “modello americano”.

Selma, la marcia di Selma, continua Obama nel suo discorso celebrativo, ha rappresentato una marcia simbolo per tante altre parti del mondo (caduta del muro di Berlino, caduta dell’apartheid a Soweto, ribaltamento dello status quo a Tunisi, a Piazza Maidan in Ucraina).

L’America con Selma, il simbolo della cancellazione dei diritti negati, alternativi ai diritti per la libertà dell’uomo, è diventata il simbolo del Paese della libertà; tanto, grazie al coraggio del popolo americano che, senza potere, ha saputo cambiare la più grande potenza mondiale e costringere i suoi governanti ad allargare gli orizzonti della libertà.

Obama invita l’America a guardare avanti ben considerando il suo passato; i suoi 50 anni dalla marcia per i diritti civili di Selma; invita gli americani a riflettere sui cambiamenti profondi che sono avvenuti nell’ultimo mezzo secolo, con una diffusa crescita umana soprattutto per le donne americane, portatrici di una profonda mutazione del loro ruolo nella società americana, con la stessa parità di diritti degli uomini.

La civile America, dice Obama agli americani, è andata avanti nel suo inarrestabile progresso; grazie all’attivo impegno di tutti gli americani, l’America è cresciuta in America e nel mondo; è cresciuta nel mondo con la sua determinata immagine di grande democrazia, fortemente rispettosa dei diritti umani degli altri del mondo.

Obama mette in guardia l’America su di un pericolo sempre in agguato; è il pericolo del razzismo contro cui si richiede una sempre continua e vigile mobilitazione con la continuità ideale di quella marcia di Selma che non è ancora finita; che non è ancora conclusa, per cui la partita americana sul razzismo non è del tutto vinta; per la vittoria finale è necessario essere tutti fortemente vigili e protagonisti.

Dice ancora Obama agli americani: “Con i nostri sforzi congiunti, possiamo tutelare le fondamenta della nostra democrazia”.

È una verità questa non solo per l’America, ma per tutti i popoli della Terra che hanno a cuore la loro democrazia che, sempre e comunque, ha bisogno degli sforzi congiunti del popolo che deve sapersi rigenerare stando insieme ed insieme ricercando gli obiettivi comuni.

La forza dei popoli è soprattutto nell’uomo che sa sempre e comunque far crescere dentro di sé quei diritti naturali di rispetto per l’altro in quanto uomo della Terra e non solo portatore di privilegi di casta, così come per secoli, ad esclusivo vantaggio delle sole antiche aristocrazie.

Dice Obama al suo popolo, con voce amica, dal tono tranquillizzante, che “l’America è quella che noi costruiamo giorno dopo giorno”.

Per fare questo è importante crederci; è importante il protagonismo dell’insieme americano; è importante capire quali siano i diritti e quali i doveri, per costruire l’insieme americano, un insieme fatto di diverse anime, di diverse realtà umane con diversità di lingua, di religione e dello stesso colore della pelle; è questo il popolo degli immigrati che, soprattutto, clandestini arrivò in America, impaziente di respirare la libertà, prima di tutto quella dei diritti umani e dal bisogno, mai prima conosciuta, in quanto trattatavasi di uomini dai diritti da sempre negati.

L’insieme americano, dai migranti agli schiavi che hanno arricchito con il loro lavoro l’economia del sud, dai braccianti ai cowboy, ai tanti operai che hanno costruito le ferrovie ed i grattacieli e che tutti uniti rappresentano l’America, con il forte simbolo americano, la Casa Bianca, rappresenta la grande America che è accorsa nel mondo dovunque ce ne sia stato bisogno, per far godere agli altri della Terra, quella gioia di libertà, una conquista presente e futura, del popolo americano orgoglioso di quello che è l’America, con alla base l’impegno prioritario di garantire un futuro di libertà e di prosperità anche ai figli, forti per essere gli eredi di un popolo mosaico di mille diversità.

Obama a conclusione del suo discorso, convintamente invita agli americani a rispettare il passato senza rimpiangerlo e di non avere alcun timore per il futuro.

Convintamente si sente Presidente senza se e senza ma, delle tante diversità umane, unite dal “noi” la parola più potente della democrazia americana, unitamente intesa e rappresentata.

Sappiamo, dice Obama agli americani, come ereditato dal percorso umano, parte viva della nostra storia, accogliere le moltitudini.

Selma ci ricorda e ricorda all’America, così come nelle parole conclusive di Obama, che l’espressione più potente della democrazia americana è il “NOI”, una forza cementificatrice che permette all’America di superare ogni difficoltà e di proiettarsi con fiducia nel futuro che sarà sempre e comunque, un grande futuro americano, così come voluto dal suo popolo.

Le ultime parole del grande discorso di Obama alla sua America, sono per i viaggiatori che affrontarono con coraggio e fiducia il loro difficile cammino verso il mondo sconosciuto dell’America, ripetendo le parole del profeta Isaia “Quelli che sperano nel Signore acquistano nuove forze, si alzano a volo come aquile, corrono e non si stancano, camminano e non si affaticano”.

Onoriamo, dice Obama, coloro che hanno camminato e che ci hanno permesso di correre. Oggi tocca a noi correre, affinché i nostri figli possano spiccare il volo.

Il discorso di Obama, ricco di umanità, di serena saggezza e di un sacro rispetto per gli americani, appellati con la grande forza identitaria di un popolo-Nazione “Noi siamo l’America”, ha opportunamente suscitato una convinta espressione di amorevole affetto e di fiducia da parte del popolo d’America, un popolo che, sa conservare in sé le umane caratteristiche della sua “eterna giovinezza”.

Un popolo che, senza saziarsene mai, possiede in sé, una sfrenata voglia di libertà.

È questa l’America di Obama; è questa l’America del Presidente Obama che ama la sua generosa gente e ne è ricambiato con la forza unificatrice del “NOI SIAMO L’AMERICA

Mentre ho scritto di Obama e dell’America, il mio pensiero, cammin facendo, è andato al mio Paese, un Paese, purtroppo, così come ridotto, lontano anni luce dal mondo americano; dal mondo del sogno americano dagli orizzonti di libertà.

Un Paese, l’Italia, dove è veramente difficile usare il NOI siamo l’Italia; usare  quel NOI condiviso usato da Obama per dire NOI SIAMO L’AMERICA.

Se il Premier italiano dicesse, rivolto agli italiani, NOI SIAMO L’ITALIA, sarebbe un uso-abusato del NOI, come insieme del popolo italiano; sarebbe un vero e proprio plurale maiestatis poco rappresentativo della comune identità italiana.

Che peccato! Siamo ridotti proprio male!

Oltre al proprio benessere, abbiamo ormai smarrito anche il valore della nostra appartenenza; della nostra identità di italiani, poco capaci di sentirsi NOI, come insieme condiviso, in quanto fortemente familisti amorali ed individualisti.

Con una certa invidia ho considerato l’importanza americana del carisma di Obama, il Presidente degli americani che ne sa esaltare ed interpretare l’anima di un popolo fortemente unito dalla intoccabile, sfrenata voglia di libertà.

Mi auguro ed auguro al mio Paese che, un bel giorno, gli italiani possano ascoltare un bel discorso all’Italia pronunciato dal loro Premier; un discorso forte dell’appartenenza italiana, un Paese dove è nato, tanto tempo fa, il pensiero dell’essere parmenideo, una preziosa barriera contro l’apparire del nostro tempo che, così pericolosamente invadente com’è, rischia, purtroppo, di compromettere il futuro di civiltà dell’Italia, unitamente al futuro dell’Europa e del mondo.

Mi auguro ed auguro agli italiani tutti, di poter ascoltare un discorso italiano da un Leader carismatico italiano che sappia parlare al popolo italiano manifestandogli l’orgoglio dell’appartenenza che ormai non c’è più e con l’orgoglio dell’appartenenza, anche quella forza italiana radicata in un fortissimo insieme italiano, tale da poter dire e far dire al popolo italiano “Noi siamo l’Italia”.

Purtroppo, stando così le cose, è come sognare ad occhi aperti. Altrettanto ad occhi aperti si è costretti a sognare un vero leader europeo; un leader di quell’Europa dei popoli, capaci di parlare e di suscitare negli europei finalmente uniti, quel sentimento d’insieme che, purtroppo, non c’è; un leader vero che sappia appellarsi al popolo d’Europa rassicurandolo, forti del passato e della genialità d’insieme, una grande certezza-risorsa, utile e spendibile per affrontare con coraggio e decisione, le sfide del futuro di tutto l’insieme europeo, cancellando l’infame disagio che viene imposto al popolo d’Europa dai poteri forti europei che non fanno assolutamente misteri ad assumersi i tanti inopportuni provvedimenti contro i deboli d’Europa, l’altra faccia  di quell’Europa poco unita, per cui riesce veramente difficile alla sua gente, il poter dire “Noi siamo l’Europa”, in quanto si tratterebbe di un falso, ipocrita e bugiardo.

Tornando al nostro malmesso Paese, c’è da augurarsi di avere un bel giorno italiano con un Premier da statista che sappia convintamene e credibilmente parlare all’Italia ed al mondo (drammatico, il caso Marò) e sappia suscitare, come Obama con il discorso di Selma, quell’entusiasmo italiano, tale da far riconoscere tutti gli italiani nella bella ed unificante espressione di una rigenerata e comune identità italiana “NOI siamo l’Italia”.

C’è da augurarselo; per il bene dell’Italia e degli italiani c’è da augurarselo da parte di tutti gli italiani.

Ma stando così come stanno le cose italiane, non è proprio facile che tanto, possa accadere; ci vorrebbe solo un miracolo del buon Padreterno, ancora una volta, misericordioso con l’Italia e gli italiani.

Ad essere concretamente attenti a quel che siamo, tanto non è assolutamente pensabile; i palazzi del potere italiano, tengono gelosamente per sé il potere italiano e rigorosamente “fuori” i saperi italiani; gli intellettuali italiani; le geniali menti italiane; il tutto, come se si trattasse di velenosa monnezza  italiana.

Che Italia! Che Italia senza futuro, con una sempre più debole identità italiana.

Siamo di fronte ad un grave e per certi aspetti assurdo disagio che non ha fatto e non fa scattare l’orgoglio italiano dell’appartenenza ad un punto tale da fare ben pensare a tutti gli italiani “Noi siamo l’Italia”, così come, ben interpretando i comuni sentimenti americani, ha potuto dire e far dire al popolo americano Barack Obama nel suo discorso di Selma, un discorso dall’alto profilo presidenziale, apprezzato e sentito proprio da tutti gli americani.

L’Italia è, purtroppo, altra cosa.

L’Italia ha un Premier che si permette il lusso di comunicare agli italiani twittando, convinto dentro di sé che si tratti del messaggio più efficace ed utile per parlare agli italiani, raggiungendo e velocemente il risultato coinvolgente ispirato dal pensiero renziano “e così lo sanno tutti e subito”.

Da italiano che voglio veramente bene al mio Paese, proprio non ritengo giusto che il nostro leader Premier per parlare all’Italia ed alla sua gente, usi i messaggini di twitter in tutte le ore e sempre più spesso ad horas.

Sono fortemente convinto che questo comunicare per slogan non è assolutamente da Leader ed ancor meno da Premier di un Paese importante come il nostro.

Le twittate lasciamole pure ai nostri giovani. Un Premier che vuole rapportarsi alla gente del suo Paese per trasmettere pensieri, idee e soprattutto soluzioni concrete ai problemi, sempre più spesso grandi, deve saper parlare dialogando; per essere concretamente credibile, deve identificarsi in modo forte con il suo ruolo di Premier dentro e fuori dell’Italia, così come per l’importante posizione del nostro sistema di Paese democratico e civile.

Continuare ad abusare della “buona” pazienza italiana, degli italiani che vogliono bene, tanto bene al loro Paese, non è proprio un fare vincente; cammin facendo, si andrà logorando, con tanti italiani perdenti lungo il sempre meno convincente cammino.

Basta! Basta attardarsi più oltre in pierinate che fanno male, tanto male all’Italia ed a tutti gli italiani che, come non vogliono morire di Europa, sempre più nemica dei suoi popoli, così altrettanto, non vogliono morire di insipienza italiana, con una sempre più crescente cancellazione dei saperi e della cultura dell’Italia che fu!

Molto spesso, sempre più spesso, per le tante cose negative che ci piovono addosso, a malincuore c’è da dire che “fa male essere italiani”; tanto, è motivo di una profonda sofferenza italiana per i tanti italiani che vorrebbero un’Italia diversa; un’Italia per la quale poter gridare forte “sono orgoglioso di essere italiano”.

Ci sarà questo bel giorno italiano? Purtroppo, stando così le cose italiane, si è portati a pensare che siamo veramente lontani dai nuovi tempi italiani; tanto, ma tanto lontani, non per puro disfattismo o per remare inopportunamente contro.

Ancora siamo all’inizio di un cammino, tutto in salita; un cammino in cui ciascuno può solo balbettare il solo “Io sono italiano”.

Non c’è, in tutto questo, all’orizzonte quel “Noi siamo italiani”, quel “NOI siamo l’Italia”, come positivamente è quel “Noi siamo l’America”, oggi gridato da Obama agli americani.

Non serve assolutamente vivere, deplorando ostinatamente gli errori; gli errori del passato e del presente possono, mettendo da parte le contagiose diaboliche abilità, aiutarci a costruire insieme il futuro, con al primo posto quei pensieri nobili in cui ognuno sappia diventare protagonista in un’ideologia collettiva di un NOI condiviso di un’italianità da mondi, prima di tutto, umanamente nuovi, così come deve essere per il futuro italiano; per il futuro d’insieme italiano che ci porti a dire convintamente NOI SIAMO L’ITALIA.