Italia senza futuro: crisi dell’autostima

Giuseppe Lembo

Tra i parametri dell’invivibilità italiana c’è, in modo crescente e diffuso, anche quello immateriale della crisi dell’autostima; sono sempre meno gli italiani che riescono a tenere alta la propria stima, fortemente compromessa dai tanti mali e dalle tante sofferenze che, purtroppo, influiscono ad un punto tale da creare una vera e propria crisi dell’autostima italiana. Nel malessere Italia la mancanza di autostima, una mancanza sempre più diffusamente aggressiva, è un fatto grave; un fatto che pesa e non poco sulle attese di un futuro italiano. Gli italiani sono in forte crisi di identità; una crisi che oltre ad influire e non poco sull’insieme italiano, influisce per la sua forza di aggressione sempre più diffusa sull’italiano individualmente preso, compromettendone le sue capacità del fare, privo com’è di energie umane cariche di vitalità, il motore di una società fortemente determinata a costruire giorno dopo giorno il proprio futuro, avendo come alleato coraggioso la propria stima; la propria autostima di sé che, come insieme italiano, si trasforma in una vera e propria ricchezza, con le radici nell’autostima italiana, una insostituibile energia per la vita del Paese. Se non c’è l’autostima, non c’è assolutamente futuro.

La prima causa della grave crisi italiana è nella diffusa mancanza di autostima; una mancanza che fa sentire l’italiano e l’insieme italiano assolutamente più debole; tanto, ad un punto tale da privarlo delle energie necessarie per confrontarsi quotidianamente con i problemi della vita, verso cui, pensando al tutto inutile, cresce l’indifferenza italiana, con atteggiamenti sempre più diffusi, del non ne vale proprio la pena a darsi da fare, in quanto niente può cambiare.

Il Paese con la cappa di una grave e diffusa sofferenza si è ormai appiattito sul non c’è niente da fare; in modo condiviso gli italiani sono sempre più convinti che al punto in cui siamo, il nostro è un Paese ormai dal futuro negato.

Un Paese che si è fortemente mediocrizzato rendendo terra bruciata il suolo italiano, dove mancano sempre più gli uomini capaci di sognare per poi realizzare mondi nuovi nei campi della vita italiana e non solo italiana, lasciando impronte importanti nella cultura, nell’arte, nei saperi, nella creatività, nell’impegno, nell’innovazione, nel pensare tecnologico ed in tutto un fare italiano ben impresso nel  made in Italy (moda, gastronomia, conservazione del paesaggio e senso italiano della bellezza), caro al mondo e come tale amato e ricercato da tutto il mondo.

Purtroppo, questa italianità positiva, che è stata alla base di una forte autostima italiana oggi non funziona più; oggi non c’è più, perché cancellata da una mediocrizzazione diffusa, un male italiano che sta riducendo al massimo la vivibilità del Paese, trasformandolo in lungo ed in largo in un quasi deserto con nani e nanetti confusamente in movimento, senza produrre fatti concreti utili al futuro e soprattutto senza produrre positivamente in senso diffuso la necessaria fiducia per il futuro italiano, determinando quell’autostima necessaria a darsi forza e protagonismo, agendo intelligentemente nel presente e credendo così come si conviene, nel futuro.

L’Italia, cari italiani, per salvarsi e liberarsi dai suoi tanti mali deve necessariamente riconquistarsi la fiducia che non ha sia nell’insieme italiano, che come cittadini sempre più soli con se stessi, assolutamente indifferenti a tutto, senza entusiasmo, rassegnati al proprio destino, in una realtà prossima ad essere cancellata da un mondo globalizzato che è sempre più indifferente al particolare umano delle cose, impegnato  a realizzare le speranze di un’umanità nuova, dove ormai non c’è più posto per pensare alle cose particolari di persone e luoghi tradizionalmente definiti.

È questo il mondo moderno. È questa la poca stima degli italiani per l’Italia, trasversalmente diffusa nei diversi aspetti della vita italiana; un grave e sempre più crescente vuoto di stima è per la politica che non riesce ad essere un riferimento concreto, non avendo la capacità di realizzare concretamente non tanto e solo i sogni, ma neppure i bisogni della gente che si sente sempre più delusa; sempre più tradita, ad un punto tale da scegliere il dissenso del non voto, rappresentato nelle elezioni regionali dell’Emilia-Romagna e della Calabria, da ben due italiani su tre.

È questo un segnale forte del malessere italiano diffusamente presente dal Nord al Sud del Paese;  è la causa prima della crescente crisi dell’autostima italiana.

Perdere la fiducia non tanto e solo in se stessi, ma nel Paese in cui si vive ed in chi lo governa, è un fatto grave; un fatto da non sottovalutare e/o considerare con l’indifferenza di sempre, causa dei tanti mali d’Italia.

L’autostima è un indicatore significativo importante; non c’è negli italiani, perché l’Italia non funziona; perché l’Italia è in forte crisi e si merita sempre meno la fiducia della sua gente.

La mancanza dell’autostima è parte di un fenomeno diffuso in lungo ed in largo per l’Italia; è la spia dei tanti gravi mali d’Italia che ne rendono indifendibile la sua immagine agli occhi degli italiani delusi e senza certezze.

È una spia che segna permanentemente il suo allarme rosso in tutti i settori; dal lavoro che non c’è, alla cultura ed ai beni culturali sempre più abbandonati a se stessi e ad un vuoto crescente di valori e di impegno in difesa del suolo, una risorsa italiana da sempre fortemente maltrattata.

Altrettanto maltrattato in Italia è l’atteggiamento italiano nei confronti della bellezza e di un mediatico invasivo, dove prevale il comunicare da pollaio con i partecipanti che si beccano sovrapponendosi per una sceneggiata utile al dire per non far capire; e così la comunicazione sempre meno autentica non partecipa nel migliorare le condizioni italiane nel campo dei saperi, della conoscenza e di un comunicare per l’uomo, sempre più sostituito dalle notizie di un infinito gossip italiano.

L’Italia crede così poco in se stessa, per effetto di un assoluto vuoto sistemico, da smettere sempre più spesso di utilizzare la sua stessa lingua ed i suoi stessi modelli di vita, considerati non all’altezza per competere con il mondo globale.

I mali d’Italia sono profondamente parte di quel sistema Italia che, purtroppo, non funziona, per così come governato.

Un caso di rilevante default italiano è l’abbandono della sua lingua a tutto vantaggio dell’inglese che va usato in modo abusato, a tutto danno dell’italiano.

Con la messa in second’ordine della lingua a favore dell’inglese, siamo ad un grave e forte deperimento della dimensione nazionale nell’ambito della vita culturale e non solo culturale del Paese.

I fatti di cronaca italiana come quelli di Roma capitale del malaffare diffuso ci portano ad avere una profonda disistima per l’appartenenza italiana; quell’orgoglio antico dell’italianità nel mondo è ormai a pezzi.

Abbiamo, purtroppo, visto nell’indifferenza più assoluta sommersa nel fango anche la capitale d’Italia, città aperta alla corruzione come non mai altrove in altre parti del Paese; stiamo scoprendo, con tanta sofferenza nel cuore la diffusa collusione a Roma, del mondo della politica pronta a vendersi; ha superato di gran lunga l’immaginario collettivo.

A Roma il crimine istituzionalizzato ha trasformato la capitale d’Italia in un covo di ladri, con protagonisti gli eccellenti della politica e del malaffare.

Tutto questo letamaio italiano, è causa di un profondo sconforto italiano. È causa di una disistima diffusa che riduce azzerando, quell’autostima parte dell’orgoglio dell’appartenenza di cui gli italiani andavano orgogliosi, la forza di un protagonismo italiano che per decenni ha fatto grande l’Italia, un Paese in cui oggi in tanti non si riconoscono più ad un punto tale da far gridare agli italiani perbene “mi vergogno di essere italiano”. Tanto, per il tradimento affaristico di poteri trasversali e collusi con la politica che hanno tradito l’Italia degli onesti, infamandone a morte la sua bella  e nobile immagine nel mondo, fonte di dignità italiana, capace di generare autostima nel Paese che andava orgoglioso della propria appartenenza all’Italia.

 

                                                                                                         

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