Dal disperato mondo dei diritti negati: io sono Malala di Malala Yousafzai

 Giuseppe Lembo

È un libro-autobiografico della più giovane Premio Nobel per la Pace; un libro-verità; un libro-messaggio, pieno di tanta, tanta poesia. Ne è autrice la giovane pachistana Malala Yousafzai, Premio Nobel per la Pace 2014. Una giovane del mondo della disperazione che, nel raccontare malinconicamente di se stessa, parla soprattutto del suo sofferto mondo giovanile, dove ancora vige il disumano terrore di una violenza gratuita contro i più deboli; tanto per il solo ingiustificato fanatismo umano degli uni contro gli altri fanaticamente ostinati a non voler riconoscere i diritti umani a chi ne ha naturalmente diritto, in quanto uomo della Terra. Malala, con la sofferta disperazione negli occhi e con tanta, tanta sofferenza nel cuore, in modo autobiografico si racconta per raccontare e parlare delle persecuzioni, delle oppressioni e del sangue innocente versato nel suo mondo fortemente tribale; tanto, al solo fine di dare sfogo ad un fanatismo senza senso. Malala è vittima innocente di queste violenze viste e mestamente raccontate; quindicenne subisce insieme ad altre ragazzine della sua stessa età, un infame attentato per la sola colpa del suo amore per il sapere; un peccato questo assolutamente imperdonabile per il mondo fortemente talebano del Pakistan, la sua terra, che non voleva, né vuole le donne istruite, per cui dal diritto rigorosamente negato a sedere tra i banchi di scuola.

Ma la piccola, coraggiosa Malala considerando disumanamente ingiuste queste violenze, con forte protagonismo reagisce, diventando, nonostante la sua giovane età, una coraggiosa eroina, in difesa dei diritti civili per la sua gente; la sua lotta tende, prima di tutto, a rivendicare per le giovani donne di Mingora, sua città natale, il diritto all’istruzione, un diritto violentemente bandito da un editto dei talebani.

Malala, sfidando tutto e tutti a soli 11 anni, già curava per la BBC un blog che l’ha resa celebre, nonostante la sua giovanissima età attraverso il quale faceva sapere al mondo della triste realtà della sua terra, nella quale gli occupanti talebani pakistani, andavano manifestando tutta la loro contrarietà per i diritti alle donne.

Per la triste vicenda del suo ferimento a bordo del pullman scolastico su cui tornava a casa da scuola, il portavoce dei talebani pakistani, rivendicando la responsabilità dell’attentato, ebbe a dichiarare che la ragazza “era il simbolo degli infedeli e dell’oscenità”.

La sua triste e sofferta vicenda umana diventa presto vicenda del mondo; tanta la simpatia e la solidarietà per Malala, una ragazza giovanissima che in nome del sapere, un bene prezioso per tutti gli uomini della Terra, sfida con coraggio la violenza talebana contro le donne.

Il 12 luglio 2013, in occasione dl suo sedicesimo compleanno parla al Palazzo di Vetro a New York; indossa lo scialle che era appartenuto a Benazir Bhutto. È qui che lanciò con grande forza e coraggiosa determinazione l’appello all’istruzione dei bambini di tutto il mondo, trattandosi di un diritto umano che nessuno doveva poter mai negare a nessuno.

Il 10 ottobre del 2013, Malala viene insignita del Premio Sakharov per la libertà del pensiero; a darne l’annuncio fu il Presidente del Parlamento Europeo, Martin Schulz, motivandone il meritato riconoscimento, con il fatto che si trattava di una ragazza eroica.

Nel 2014 assieme all’attivista indiano Kailash Satyarthi a soli 17 anni le viene riconosciuto il Premio Nobel per la Pace con la motivazione “per la lotta contro la sopraffazione dei bambini e dei giovani e per il diritto di tutti i bambini all’istruzione”.

Il suo primo e più importante impegno di vita è per il sapere. Ne ha fatto una bandiera di universalità per l’umana libertà per tutti gli uomini della Terra.

Un diritto da difendere; tanto, in difesa dell’accesso per tutti i bambini del mondo; un diritto contro il quale nessuno si può o si deve opporre.

Un diritto che deve cancellare gli inopportuni editti talebani che lo negano per amore del proprio forte primitivismo umano.

Quali le colpe di cui i talebani hanno accusato Malala, così fortemente contro da volerne la morte? La sua grave colpa per i talebani fondamentalisti è quella di aver gridato al mondo il suo grande amore per il sapere; per la conoscenza, la grande insostituibile leva del mondo.

Un amore immenso che per Malala si traduce in desiderio di leggere e di studiare.

Si trattava, per il regime dei talebani pakistani, contrari ai diritti delle donne, di una grave colpa; di una colpa che doveva essere cancellata con la sua morte.

Malala, pur minacciata di morte da chi pensava che era necessaria e giusta la sua morte, come necessario atto di purificazione per la grave  offesa della sua ribellione all’editto talebano, con coraggio riempie le scene del mondo.

È il simbolo universale delle donne che combattono per una loro diversa condizione umana e per quel diritto alla cultura ed al sapere che deve essere di tutti; che non deve essere negato a nessuno della Terra senza alcuna discriminante differenza di genere.

A testimonianza del suo giovane ma coraggioso impegno oggi abbiamo un suo libro, un libro con autrice la grande e coraggiosa protagonista Malala.

Nel libro racconta la sua storia vera; racconta la sua vita coraggiosa.

Le sue pagine sono un inno alla vita; un inno alla tolleranza; un inno al diritto all’educazione dei bambini, senza discriminante di genere.

Un diritto che l’intolleranza talebana non vuole considerare tale.

Quella di Malala è una voce di libertà; una protagonista del nostro tempo, fermamente convinta di dover vivere per cambiare il mondo.

Speriamo che riesca a cambiare anche i comportamenti talebani ostinatamente contro i diritti dell’istruzione in angoli sperduti di questa nostra sempre più martoriata Terra che vive in una condizione di grave sofferenza umana, da risolvere al più presto, se non si vuole celebrare la fine dell’umanità fortemente ammalata di uomo; fortemente fanatica delle proprie egoistiche posizioni che portano non al dialogo, al confronto, ma ad uno scontro violento degli uni contro gli altri.

Non all’impegno per la pace di cui tutti ci dobbiamo sentire custodi ed ambasciatori, ma al fanatismo violento del vivere contro, pensando fortemente di uccidere l’altro, per vivere meglio la propria condizione umana.

Ma come dice la cara giovane Malala, scrivendo con una profonda sensibilità poetica, nel mondo occorre tolleranza; tanta, tanta umana tolleranza, per cambiare il mondo.

Il primo importante segreto del suo pensiero è proprio nell’eredità di Benazir Bhutto; un’eredità di pensiero tanto cara a Malala, tutta compressa in “Un bambino, un insegnate, un libro e una penna possono cambiare il mondo”.

Ho una grandissima simpatia umana per questa giovanissima scrittrice pakistana. Mi piace e condivido la sua domanda di conoscenza e di sapere, fortemente contenuta nelle sue parole “voglio solo istruzione e non ho paura di nessuno”.

Al centro del suo raccontare, così come si può leggere nelle pagine ricche di profonda sensibilità poetica, Malala pone il suo mondo; pone Mingora, la città pakistana in cui è nata, un posto che definisce bellissimo, per le sue caratteristiche da vero e proprio mondo antico fatto dei fuochi delle cucine dei villaggi lontani nella valle, delle lampade a petrolio accese di sera e di quel comune tetto piatto su cui sedersi a guardare le stelle.

A poca distanza la scuola, di cui è stato cancellato il nome, un luogo che Malala considera sacro dove si legge, si impara e si sogna.

In apertura il libro parla del vile attentato alle studentesse al ritorno da scuola in cui fu coinvolta, con grave rischio per la sua vita, anche Malala; con toni altamente poetici la giovane autrice racconta di persecuzioni, di oppressioni, di sangue innocente e del vile attentato alla sua fragile persona una ragazza di soli 15 anni; con l’orgoglio dell’appartenenza dentro, Malala vuole far sapere al mondo le sue verità; vuole trasmettere il messaggio del suo impegno, in un mondo di guerre e di violenze, nel combattere la giusta causa del diritto alla scuola a bambini vittime di violenze quotidiane in un mondo dai diritti negati; un mondo fortemente maschilista dove alla donna non è concesso niente e tanto meno il diritto all’istruzione.

La sua prima occasione di entrare a far parte del mondo umanamente giusto, le viene dal Blog della BBC, con lo pseudomino di Gul Makai.

Attiva come non facilmente tra i giovani della sua età, andava portando convintamente avanti la sua lotta per il diritto all’istruzione, un diritto sempre più negato da un mondo di talebani assolutamente fuori dal mondo.

E così gli anni della sua spensierata gioventù, così come naturalmente vissuta in tutto il mondo normale, per Malala è una stagione di lunghe sofferenze; non ultime quelle legate al triste episodio del feroce assalto armato contro le indifese ragazze, compresa lei, di ritorno da scuola.

A parlare dell’impegno coraggioso della giovane Malala era anche la nonna che andava spesso ripetendo: “Sembra Benazir Bhutto, speriamo che non muoia così giovane”.

Quello scritto da Malala è un libro importante; insegna, a chi lo legge, l’importanza della pace per il mondo di oggi; può insegnare tanto al mondo giovane del nostro Paese, purtroppo, distratto ed indifferente ai temi importanti quale appunto la pace, per la società del nostro tempo; tanto unitamente al profondo amore per l’apprendimento, per la conoscenza, per la piena consapevolezza dei diritti e delle discriminazioni, nel nostro Paese, sempre più indifferenti ai più.

Malala ama fortemente la cultura; ama quella cultura che, attraverso le generazioni, del nonno imam che conviveva in armonia con le altre religioni, come il buddismo, al padre insegnante, attraversando le generazioni, è arrivato a lei, ma le viene negato da chi, con mentalità chiusa, lo considera pericoloso, per cui da evitarne la diffusione tra i giovani, soprattutto se trattasi di giovani donne.

La chiusura delle scuole voluta dai talebani è fortemente contestata da Malala; è contestata appellandosi proprio all’islam richiamando il messaggio centratale del Corano che è quello di ricercare la conoscenza con l’obiettivo dichiarato di ricercare la pace, per spezzare le ingiuste catene di violenza e di odio degli uni contro gli altri. Il libro di Malala, pubblicato in Italia da Garzanti nel 2013 è già un successo prima ancora del premio Nobel. Se riesce, nonostante la sua giovane età a narrare così bene, è per essere profondamente innamorata del sapere, della cultura e quindi della scuola palestra di cultura che tutti nel mondo, talebani compresi, devono rispettare, come luogo sacro del sapere umano. Io sono Malala è un libro da leggere e da far leggere agli altri; tanto per quel messaggio che contiene e da trasmettere al mondo, anche se le cose raccontate dalla piccola ed indifesa pakistana, sono cose lontane dal nostro mondo. Il primo importante insegnamento che ci viene dal libro di Malala è quel suo accorato messaggio di pace; è in quel suo grande amore per la scuola, il sapere, la conoscenza,  l’istruzione, la cultura. Sono le positività del mondo; grazie a quello che sanno trasmettere, ci sarà un giorno, come si augura Malala, meritatamente Premio Nobel per la Pace, per l’anno 2014, l’opportunità umana che i popoli della Terra, superando i conflitti e le pretestuose divisioni sapranno camminare insieme per le vie del mondo, purtroppo ancora lastricate di odio, di violenza, di barbarie.

Forse, come sogna Malala e come sognano i tanti uomini di buona volontà di questa martoriata nostra Terra, un giorno tutto questo finirà; quello che oggi è diviso, sarà unito, in un insieme umano, fatto di una catena di uomini della Terra che, al di sopra della loro appartenenza, sapranno camminare insieme per amarsi e per spezzare le violenze della storia con falsi protagonisti che accecati da odio e fanatismo, riescono anche a sparare contro altri uomini anche se trattasi di bambine come Malala che, vorrebbero solo andare a scuola e che invece vengono colpite dal piombo talebano che le vuole eliminare per evitare che diventino il simbolo di un non voluto mondo nuovo. È un bel libro; un bestseller che ha conquistato anche il nostro Paese, alla ricerca di quei valori e di quei messaggi di umanità positiva, così vivamente presente nella giovane pakistana, cittadina del mondo, per essere al mondo ambasciatrice di pace ed avere per questo il giusto riconoscimento del Premio Nobel per la Pace 2014. Grazie Malala. Nella catena umana per la pace ed il diritto al sapere per tutti gli uomini del mondo, con la dovuta forza di convinzione, in quanto uomo di pace, al tuo fianco, ci sarò sempre anch’io, cittadino del mondo, libero pensatore e fortemente convinto comunicatore di PACE. Foto sanremonews.it