L’Italia e la presenza migrante

 Giuseppe Lembo

Quella dei migranti è una vicenda ormai di lungo corso; sono decenni e decenni che, anche nel nostro Paese abbiamo una sempre più crescente presenza di diversità umane. Diversità in cammino che hanno varcato i confini di casa nostra con la speranza comune a tutti i popoli costretti ad emigrare, di cambiare finalmente le proprie tristi condizioni di vita e prima di tutto di avere quel diritto alla vita purtroppo negato in casa loro. Ma non sempre le attese diventano realtà; la speranza di cambiare resta sempre e solo speranza; diventa molto spesso maledetta disperazione, in virtù del fatto che le condizioni di vita si aggravano e non migliorano. Si aggravano per tanti a tal punto da far maledire il giorno della loro avventurosa partenza, sperando di poter finalmente cambiare vita; sperando di poter vivere migliori condizioni di vita, circondati da quella solidarietà umana che è sempre più difficile da trovare oggi percorrendo le “tristi” vie del mondo. La presenza dei migranti nel nostro Paese è una presenza in forte crescita; spesso è inopportunamente pagata con il sangue e/o comunque con un lavoro disumano che va assolutamente contro i diritti dell’uomo; contro quei diritti fondamentali dell’uomo, primo dei quali il diritto alla vita ed al pane per la vita che proprio non deve essere negato a nessuno in nessuna parte della Terra; tanto, se siamo in un mondo umanamente civile, altrimenti siamo solo in un mondo di barbari disumanamente gli uni contro gli altri.

Ma che civiltà umana è mai questa? Si pensava ad un Terzo Millennio, prima di tutto come un TEMPO DI PACE.

Purtroppo, non è così; l’uomo del nostro tempo è violentemente contro, come non mai.

Purtroppo non riesce a vedere l’altro come amico; come compagno di viaggio di una vita da vivere pacificamente assieme, pensando al bene comune.

Prevale purtroppo e sempre più l’egoismo del tutto per sé; è questa, una caratteristica dominate soprattutto nel mondo del benessere; chi ha vuole godersi le cose possedute, del tutto indifferente a quel che gli succede attorno.

E così i poveri diventano sempre più poveri e sempre più destinati ad avere i soli spazi umani da ultimi della Terra; da ultimi a cui è riservato il triste destino di un inferno terreno basato sulla sofferenza e per tanti, per mancanza di cibo, sulla morte per fame.

Contro questi crimini di pace sempre più indifferenti al mondo di oggi c’è finalmente il gran rifiuto da parte di quel popolo di migranti che, spinti dalla fame e dalla disperazione umana, rischiando la vita, si avventurano in viaggi che spesso finiscono con una tomba in fondo al mare.

Questo crescente popolo di migranti, ospite assolutamente non gradito nei luoghi di arrivo, approda sempre più spesso da noi sbarcando dall’Africa in Sicilia, a Lampedusa e/o lungo le coste calabresi in porti che non sempre sono porti di pace e/o di speranza per una nuova vita, con al primo posto, il diritto alla vita,  un diritto purtroppo ancora oggi negato a tanta parte degli uomini della Terra, costretti a vivere da “senza diritti”; da disperati della Terra, portatori di soli “diritti negati”, compreso il diritto alla vita che l’uomo della Terra nei trattati, nelle convenzioni e nelle leggi, a belle parole, considera un diritto sacro per tutti gli uomini della Terra. Il Terzo Millennio deve operare un’inversione a 360 gradi nei comportamenti umani; deve restituire all’uomo della Terra, la dignità di uomo. Se non si fa questo, i promessi cambiamenti sono sempre e solo belle parole e nient’altro che questo. Cambiare si può; cambiare si deve. Per cambiare bisogna ridurre gli egoismi umani; bisogna costruire mondi nuovi basati sui valori etici  e sulle conoscenze necessarie per cambiare il mondo, una necessità non più rinviabile di cui non può fare assolutamente a meno il presente e soprattutto il futuro dell’umanità, che va pensato guardando al passato; rovistando nel passato, va ricercata quella condivisione che, il nostro tempo, il tempo dei social media, dove tutto è sempre più virtuale ne ha, purtroppo, cancellato ogni traccia, rendendo gli scenari della vita, luoghi di sola sofferta solitudine, con un io mondo che non cerca più l’altro e tanto meno cerca di agire e di interagire con l’altro, nel rispetto di quella umana condivisione cancellata perché scomoda ed ingombrante; perché parte del “vecchio” della vita che, per i più, è considerato inutile e non serve assolutamente a niente.