Cava de’ Tirreni: Comitato Casa Sicura su emendamento N.80

Finalmente,  il Presidente Stefano Caldoro, pone la fiducia sul maxi emendamento al disegno Legge  n. 505 bis, motivato su interventi di rilancio e sviluppo dell’economia della Regione Campania (collegato alla legge di stabilità  regionale del 2014),  emendamento  già dibattuto dalle competenti Commissioni, tenendo conto anche delle proposte  emendative inoltrate nello stesso. E,  non possiamo che  esultare, dopo tanto,  di chi in silenzio ha posto la inconfutabile certezza  di un uomo di immane calore umano e sensibile, impegnato, alle problematiche del proprio territorio che diligentemente giorno dopo giorno si è confrontato con tutti, e dopo ben tre leggi presentate alla Regione Campania e due emendamenti; il primo coadiuvante all’art. 15 della Legge regionale ancora da definire, ormeggia, attraversola Leggefinanziaria con uno straordinario emendamento il n. 80.

Abbiamo posto la nostra fiducia dal primo momento al Cons. reg. dr. Giovanni Baldi, e, non si sono fatti attendere i risultati,  riportiamo questo momento perché  a noi,  ci interessa significativamente, ma tante altre cose sono state vagliate  e ottenute per il nostro Territorio Cavese dal Consiglio Regionale, per mano del dr. Giovanni Baldi.

Sarebbe lungo da rendere comprensibile il contenuto dell’art. 80, credo, che tecnici e lustri avv. Sapranno illuminarci e schiarire le nostre speranze: disponendo qui di seguito il testo integrale dell’emendamento.

 

 

Piani Urbanistici Comunali

tra Piano Territoriale Regionale, Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale

e

PUT

  • Premessa

La legge regionale 16/2004 prevede l’obbligo per i comuni della Regione Campania di approvare il piano urbanistico comunale.

Il termine fissato per gennaio 2014 è stato prorogato.

Tuttavia molti comuni hanno predisposto il piano comunale in coerenza con il piano territoriale regionale, approvato con L.Reg. n. 13 del 13/10/2008, pubblicato in BURC N. 45 bis del 10/11/2008 e N. 48 bis del 1/12/2008 e con il PTCP adottato con Delibera Giunta Provinciale n. 31 del 6/2/2012 ed approvato con Delibera Consiglio Provinciale n. 15 del 30/3/2012, pubblicato sulla G.U.R.I. n. 77 del 7/7/2012 (la verifica di compatibilità al PTR è avvenuta con delibera di G. Regionale. n.287 del 12/6/2012 pubblicata sul BURC n. 38 del 10 8/6/2012).

Secondo l’art.13 L. Reg. 16/2004, il Piano territoriale regionale garantisce la coerenza degli strumenti di pianificazione territoriale provinciale, in coerenza con i contenuti della programmazione socio-economica regionale.

Attraverso il PTRla Regione, nel rispetto degli obiettivi generali di promozione dello sviluppo sostenibile e di tutela dell’integrità fisica e dell’identità culturale del territorio ed in coordinamento con gli indirizzi di salvaguardia già definiti dalle amministrazioni statali competenti e con le direttive contenute nei piani di settore previsti dalla normativa statale vigente, individua: a) gli obiettivi di assetto e le linee principali di organizzazione del territorio regionale, nonché le strategie e le azioni volte alla loro realizzazione; b) i sistemi infrastrutturali e le attrezzature di rilevanza sovraregionale e regionale, nonché gli impianti e gli interventi pubblici dichiarati di rilevanza regionale;

c) gli indirizzi e i criteri per la elaborazione degli strumenti di pianificazione territoriale provinciale e per la cooperazione istituzionale

Secondo l’art. 18 della stessa legge, le Province provvedono alla pianificazione del territorio di rispettiva competenza nell’osservanza della normativa statale e regionale, in coerenza con le previsioni contenute negli atti di pianificazione territoriale regionale e nel perseguimento degli obiettivi di cui all’articolo 2, mediante il Piano territoriale di coordinamento provinciale[1].

Ora bisogna considerare che è ancora in vigore la legge regionale 35/87, piano urbanistico territoriale della penisola sorrentina amalfitana, il quale contiene norme per la redazione dei piani regolatori generali dei comuni inclusi.

Talvolta le prescrizioni del PUT non corrispondono a quelle del PTR, né a quelle del piano territoriale regionale, né con il piano territoriale provinciale, in quanto le pianificazioni Regionali e Provinciali hanno considerato dati istruttori più recenti rispetto a quelli utilizzati dal PUT, che, come noto, risale, per l’istruttoria, alla metà degli anni ‘70.

La discrasia esistente compromette i complessi processi pianificatori contenuti nei piani provinciali e regionali e compromette la corrispondenza dei dati istruttori e degli obbiettivi considerati dai Piani comunali.

Tale contrasto può essere evitato attraverso una soluzione normativa, che, da una parte conservi coerenza tra tutti i livelli di recente pianificazione Provinciale e Regionale, dall’altro mantenga al Consiglio Regionale la competenza a deliberare sulla pianificazione in area sottoposta al PUT, con atto di natura provvedimentale e non legislativo.

  • Proposta

 

Comma da aggiungere all’art. 7 L Reg. 35/87:

“Fino all’approvazione del Piano paesaggistico regionale ex D.Lgs 42/2004, qualora i PUC adottati siano conformi agli strumenti urbanistici sovracomunali approvati dalla Regione e comportino deroghe al PUT, i PUC devono essere approvati con delibera di Consiglio Regionale”.

 

Tale soluzione rende più flessibile l’adeguamento dei PUC in corso di adozione alla L.Reg. 16/2004.

Peraltro, in tal modo il Cons. Regionale non viene privato delle prerogative a salvaguardia dei molteplici interessi  tutelati dalla L. 35/87.

  • Relazione sugli indirizzi giurisprudenziali

Per una più agevole istruttoria, si ripercorre quel che la giurisprudenza ha elaborato in ordine al piano urbanistico territoriale della penisola sorrentina amalfitana.

Il Piano Urbanistico Territoriale della penisola sorrentino-amalfitana è stato approvato con L. Reg. Camp. 35/87.

Esso trova fondamento nella normativa nazionale della 431/1985 (c.d. legge Galasso) con la quale le Regioni furono autorizzate ad emanare normative d’uso dei territori sulla base della stessa legge 431/85.

A lungo si è discusso sulla natura di questa legislazione regionale e, segnatamente, più volte, la Corte Costituzionaleè intervenuta sul c.d. PUT della Regione Campania, di massima respingendo le questioni di legittimità costituzionale sollevate, talvolta accogliendole (Corte Cost. n. 529/1995[2]).

Ai fini che qui interessano è utile porre in evidenza quanto è stato affermato dalla giurisprudenza costituzionale.

La Corteha rilevato che l’art. 1 bis L. 431/1985 ha imposto alle Regioni l’obbligo di sottoporre a specifica normativa d’uso e di valorizzazione ambientale i territori di particolare interesse paesistico elencati nel V comma dell’art. 82 del d.p.r. 616/1977. Per redigere questa normativa alle Regioni è stata conferita la possibilità di scegliere tra due strumenti: piani paesistici o piani urbanistici territoriali con specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali.

Questi strumenti presentano natura diversa, con integrabilità del fine protettivo dei valori ambientali tutelati[3].

I piani paesistici trovano la loro fonte normativa nella disciplina relativa alla protezione delle bellezze naturali (art 5  L. 1497/1939 e R.D. 1357/1940). Essi sono assunti con un procedimento nel quale riveste attività determinante il Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali o le sue articolazioni periferiche.

I piani urbanistico territoriali, variamente regolati nella legislazione regionale, vanno inquadrati, invece, nella materia urbanistica e trovano il loro nucleo iniziale di disciplina dei Piani Territoriali di Coordinamento previsti dall’art. 5 L. 1150/1942 (Legge Urbanistica).

Il piano urbanistico territoriale si diversifica, quindi, dal piano paesistico, perché non si collega alla protezione di determinate bellezze naturali specificamente individuate in elenchi, né istituisce un vincolo paesistico ai sensi della L. 1497/1939 e successive modificazioni ed integrazioni (e ciò non accade neanche a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs 42/2004, cfr. TAR Campania, Napoli, Sez. VII, sentenza n. 7546/2009)[4].

Esso invece formula, per l’intero territorio considerato criteri generali per la tutela paesistica[5].

Il D.L. n. 312/1985, conv. in L. 431/1985, infatti, allo scopo di apprestare una più efficace tutela dei beni ambientali, ha seguito un criterio opposto a quello che aveva inspiratola L.n. 1497/1939: invece di sottoporre a protezione soltanto alcuni beni, singolarmente individuati, ha introdotto vincoli paesaggistici generalizzati, demandando, poi, alle Regioni di provvedere alla redazione di piani paesistici ovvero di piani urbanistico territoriali (cfr. Corte Costituzionale, ordinanza n. 431/1991, sentenze nn. 151/1986 e 67/1992, TAR Campania, Napoli, Sez. VII, sentenza n. 7546/2009).

In sostanza, tali ultimi piani si propongono di formulare per l’intero territorio indirizzi, direttive e prescrizioni, cioè criteri di orientamento per la successiva attività di pianificazione ovvero vincoli per l’attività di utilizzazione e trasformazione del suolo (cfr. artt. 1, 3, 5 e17 L.R.C. n. 35/1987).

È evidente, infatti, che il piano viene ad operare con le tecniche e gli effetti propri degli strumenti della pianificazione urbanistica anche se esso è orientato espressamente verso la protezione di valori estetico culturale (cfr. Corte Cost., sentenze nn. 151/1986, 153/1986 e 327/1990).

In termini più diretti: il piano paesistico costituisce uno strumento di attuazione e specificazione del contenuto precettivo del vincolo paesistico, mediante l’individuazione delle incompatibilità assolute e dei criteri e parametri di valutazione delle incompatibilità relative (Cons. St., Sez. VI, decisioni n. 25/2001, n. 29/1993 e n. 4351/2003); il piano urbanistico territoriale, invece, non presuppone, necessariamente, un preesistente vincolo e può perciò riguardare anche ambiti non vincolati (Cons. St., Sez. VI, decisione n. 4351/2003, TAR Campania, Napoli, Sez. VII, sentenza n. 7546/2009).

In sostanza, come indicato dalla Corte Costituzionale (sentenze n. 327/1990 e n. 379/94), le due funzioni, di pianificazione urbanistica e di pianificazione paesistica, restano sempre ontologicamente distinte, ma, in ragione della c.d. concezione dinamica del paesaggio e della più ampia apertura del concetto di urbanistica, finiscono per caratterizzarsi per una sorta di mutualità integrativa, per effetto della quale la tutela dei valori paesaggistico-ambientali si realizza anche attraverso la pianificazione urbanistica.

Il Piano urbanistico territoriale con specifica considerazione dei valori paesaggistici ed ambientali, riconducibile al piano territoriale di coordinamento, come il PUT della Penisola Sorrentino-Amalfitana, pertanto, è idoneo a produrre, oltre agli effetti di direttiva nei confronti della pianificazione comunale, anche effetti diretti nei confronti dei privati, con vincoli generali e particolari, purché pertinenti alla specificità tematica del piano medesimo (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenze nn. 800/2007 e 41078/2007).

Difatti, l’art. 17 della L. Reg. individua 16 tipi di zone territoriali, ne descrive le caratteristiche morfologiche ed indica le parti del territorio che vi sono comprese, dettando una serie di prescrizioni urbanistiche cui vanno adeguati i piani regolatori generali (Corte Costituzionale, sentenza n. 529/1995).

Conseguentemente, attraverso la zonizzazione ex art 17,la Regioneha stabilito il divieto assoluto di interventi edificatori nelle zone di maggior prego, fissando una propria tutela, conseguita attraverso l’impedimento dell’intervento edilizio e l’imposizione di una norma di carattere urbanistico.

Deve precisarsi, al riguardo, che, sela Regionenon può prescindere, nei propri strumenti programmatici, dalla tutela dei valori paesaggistico-ambientali, essa ben può, nell’esercizio delle sue competenze urbanistiche, prendere in considerazione tali valori, con automatico ampliamento dell’efficacia dello strumento ad aree non comprese nella disciplina della L. n. 431 (cfr. Corte Costituzionale, sentenza n. 379/1994), cioè può riguardare anche ambiti non vincolati.

Ciò non vale, peraltro, ad attribuire a tutte le prescrizioni della L.R. n. 35/1987 valore di tutela paesistico ambientale, che, invece, va riconosciuto alle prescrizioni relative a zone soggette a vincolo paesaggistico ambientale, imposto in base ad atto amministrativo o per le categorie di beni previste dalla L. n. 431/1985 (Corte Costituzionale, sentenza n. 529/1995; TAR Campania, Napoli, Sez. VII, sentenza n. 7546/2009). Di qui è evincibile il principio secondo cui esistono norme urbanistiche generali e norme di tutela dei beni inclusi nella L. 431/1985, che hanno valore di tutela paesistico-ambientale[6].

E ciò è alla base della dichiarazione di illegittimità costituzionale della LRC 35/87, come indicato nella sentenza n. 529/1995[7].

Il risultato di questa attività produce l’effetto di ampliare l’efficacia dello strumento urbanistico ad aree non comprese nella disciplina della legge 431, estendendo la tutela perseguita con i vincoli diretti, emanati ai sensi della legge 1497/1939.

Quindi, il piano urbanistico territoriale rimane uno strumento di pianificazione urbanistica, che trova il proprio nucleo iniziale nei piani territoriali di coordinamento dell’articolo 5 della Legge Urbanistica, non acquisendo alcun valore di tipo vincolante ai sensi dell’articolo 5 della legge 1497/1939.

Da queste linee fondamentali è discesa anche la giurisprudenza amministrativa, che non si è discostata da questa impostazione. Anzi, l’ha confermata interpretando i vincoli derivanti dal PUT come vincoli paesistici riferiti alle zone territoriali considerate e, quindi, come vincolo al pianificatore comunale nella zonizzazione dei piani comunali, con l’obbligo di dover includere in ambito di tutela quelle parti del territorio già identificate e da proteggere.

In questa opera di zonizzazione è da individuare la tutela paesistica, attuata in sede comunale con divieti scaturenti dalla disciplina prevista per sub aree e per le singole zone territoriali.

Il risultato è quello di lasciare all’Ente locale la possibilità di interventi edilizi solo nei limiti consentiti, in relazione alle zone e alle cartografie dei singoli comuni,  allegate alla L.Reg. 35/87. La tutela paesistica del PUT è stata attuata attraverso l’art. 2, c.2, che ha individuato le sub aree, e attraverso l’art. 17, che ha individuato le zone territoriali prescrittive per la formazione dei  Piani Regolatori Generali. Il comma 2 dell’art. 17 hadistinto tra zone territoriali che vanno direttamente recepite nella zonizzazione e normativa dei PPRRGG e zone territoriali che dovranno essere articolate in zone di PRG, seguendo le indicazioni prescrittive dell’art. 17, c. 3[8]. In tal modola Regione ha dettato le regole, vietando o consentendo in relazione al grado di tutela da apprestare.

Ma laddove ha consentito ai Comuni di “articolare” con varie possibilità di intervento appare evidente che la direttiva urbanistica non comporta vincolo di inedificabilità, ma stabilisce o non stabilisce limiti.

 



[1] . La pianificazione territoriale provinciale:

a) individua gli elementi costitutivi del territorio provinciale, con particolare riferimento alle

caratteristiche naturali, culturali, paesaggistico-ambientali, geologiche, rurali, antropiche e storiche dello stesso;

b) fissa i carichi insediativi ammissibili nel territorio, al fine di assicurare lo sviluppo sostenibile della provincia in coerenza con le previsioni del Ptr;

c) definisce le misure da adottare per la prevenzione dei rischi derivanti da calamità naturali;

d) detta disposizioni volte ad assicurare la tutela e la valorizzazione dei beni ambientali e culturali presenti sul territorio;

e) indica le caratteristiche generali delle infrastrutture e delle attrezzature di interesse intercomunale e sovracomunale;

f) incentiva la conservazione, il recupero e la riqualificazione degli insediamenti esistenti.

3. La pianificazione territoriale provinciale si realizza mediante il piano territoriale di coordinamento provinciale – Ptcp – e i piani settoriali provinciali – Psp -.

4. Il Ptcp contiene disposizioni di carattere strutturale e programmatico.

5. Le disposizioni strutturali contengono:

a) l’individuazione delle strategie della pianificazione urbanistica;

b) gli indirizzi e i criteri per il dimensionamento dei piani urbanistici comunali, nonché l’indicazione dei limiti di sostenibilità delle relative previsioni;

c) la definizione delle caratteristiche di valore e di potenzialità dei sistemi naturali e antropici del territorio;

d) la determinazione delle zone nelle quali è opportuno istituire aree naturali protette di interesse locale;

e) l’indicazione, anche in attuazione degli obiettivi della pianificazione regionale, delle prospettive di sviluppo del territorio; Giunta Regionale della Campania

f) la definizione della rete infrastrutturale e delle altre opere di interesse provinciale nonché dei criteri per la localizzazione e il dimensionamento delle stesse, in coerenza con le analoghe previsioni di carattere nazionale e regionale;

g) gli indirizzi finalizzati ad assicurare la compatibilità territoriale degli insediamenti industriali.

[2] Ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 17, comma 3, L. Reg. Campania 27/6/1987, n. 35 nella parte in cui esclude in via generale, per le costruzioni edilizie legittimamente realizzate nella zona territoriale 1/a, ogni intervento edilizio di manutenzione ordinaria e straordinaria, e, per le costruzioni edilizie legittimamente realizzate, in epoca successiva al 1955, nella zona territoriale 1/b, gli interventi di manutenzione straordinaria.

[3]Sulla diversa natura, e tuttavia sulla integrabilità del fine protettivo dei valori ambientali, ricorrente in entrambi i menzionati piani, questa Corte si è già in altra occasione soffermata (sent. N. 327 del 1990), osservando che il piano urbanistico territoriale è comunque uno strumento di pianificazione urbanistica, che trova il proprio nucleo iniziale di disciplina nei “piani territoriale di coordinamento” previsti dall’art. 5 della legge n. 1150 del 1942, mentre il fondamento normativo dei piani paesistici si rinviene nell’art. 5 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, relativa alla protezione delle bellezze naturali, e nell’art. 23 del regio-decreto 3 giugno 1940, n. 1357).” (Corte Costituzionale, sentenza n. 379/1994).

[4]Invero, se pure detto articolato normativo, all’art. 135, per un verso assimila quanto al contenuto i Piani Paesaggistici e quelli Urbanistico-Territoriali con specifica considerazione dei valori paesaggistici (poiché ritiene di denominare entrambi “Piani Paesaggistici”); per altro verso non può non presupporne tuttora la differente natura, laddove rende obbligatoria la sottoposizione ad essi dell’intero territorio regionale (è infatti evidente che tale obbligo non potrebbe avere come finale conseguenza l’automatico gravare di un vincolo paesistico su tutto il territorio di ogni Regione), nonché laddove precisa (all’art. 134) che sono beni paesaggistici, non solo gli “immobili e le aree indicati all’art. 136, individuati ai sensi degli articoli da 138 a 141” (ovvero quelli oggetto di autonomo procedimento di dichiarazione di notevole interesse pubblico), e le “aree indicate all’art. 142” (cioè quelle dichiarate dalla legge di interesse paesaggistico); ma anche “gli immobili e le aree tipizzati, individuati e sottoposti a tutela dai Piani Paesaggistici previsti dagli articoli 143 e 156”: con ciò rimane evidenziata la possibilità per tali Piani di imporre vincoli paesaggistici specifici, ma solo all’esito di una fase subprocedimentale destinata a concludersi (secondo quanto indicato dall’art. 143 lett d) con la “eventuale individuazione di ulteriori immobili od aree, di notevole interesse pubblico a termini dell’articolo 134, comma 1, lettera c), loro delimitazione e rappresentazione in scala idonea alla identificazione, nonché determinazione delle specifiche prescrizioni d’uso, a termini dell’articolo 138, comma 1”.

In sostanza si vuole qui evidenziare come oggi (e a maggior ragione ciò era nel passato), se è possibile imporre nuovi vincoli con un Piano Urbanistico Territoriale con specifica considerazione dei valori paesistici, ciò non può prescindere da una dichiarazione ad hoc; la qual cosa porta ad affermare che, in mancanza di una dichiarazione del genere, deve negarsi che la L. Reg. Campania n. 35/1987 abbia potuto operare in tal senso su zone in precedenza non oggetto di specifico vincolo, ferme restando, invece, le limitazioni alle facoltà edificatorie direttamente ed immediatamente imposte da detta legge a fini di “tutela paesaggistica integrata”, operanti su di un piano più strettamente urbanistico/edilizio ed al rispetto delle quali sono fondamentalmente preposte le autorità comunali, e salva comunque la possibilità che la loro eventuale violazione sia rilevata anche dalla Soprintendenza in sede di controllo di legittimità ad essa spettante sui provvedimenti abilitativi comunali incidenti su aree soggette a vincolo (Cons. Stato, VI sezione, n. 5436 del 2005 e n. 6586 del 2008).

[5] ponendo attenzione agli articoli 1, 3,5 17 della legge regionale 35/87, tale funzione risulta evidente.

[6] Invero, le limitazioni ed i vincoli imposti dalla legge non possono superare quella soglia al di là della quale, comela Corte Costituzionale ha riconosciuto fin dalla sentenza n. 55 del 1968, il sacrificio imposto venga ad incidere sul bene, oltre ciò che è connaturale al diritto dominicale quale viene riconosciuto in un dato momento storico. Ciò ha comportato la dichiarazione di illegittimità costituzionale della L.R.C. n. 35/1987, indicata alla precedente nota n. 1, proprio perché è stata esclusa la potestà della Regione Campania di imporre, con il PUT, in modo indiscriminato un vincolo troppo penetrante con effetto finale di perimento delle costruzioni laddove, invece, gli interventi di manutenzione, aventi quale unica finalità la conservazione e la funzionalità delle costruzioni, dovevano essere considerati compatibili con le finalità della pianificazione della L.R.C. n. 35/1987 (Corte Costituzionale, sentenza n. 529/1995).

[7] Infatti, anche nelle zone di maggior pregio paesistico-ambientale ex art. 17 PUT, non possono essere vietati tutti gli interventi di edilizia, specie di quelli rivolti alla conservazione dei beni legittimi e preesistenti.

[8] Solo la zona territoriale2 in parte va recepita, in parte va articolata.