Proverbi Africani: le parole passano, il male che si fa non finisce

Padre Oliviero Ferro, missionario saveriano

Chiunque si deve aspettare che un giorno morirà. Ma a vedere quello che succede intorno a noi, come certe persone ragionano, viene da chiedersi:”Ma lo sanno che un giorno anche loro se ne andranno?”. Avendo trascorso quasi quattordici anni in Africa, mi viene spontaneo fare dei confronti,sempre rispettando le persone. Là in Africa, si nasceva e si moriva. Era qualcosa all’ordine del giorno. Nessuno si meravigliava, perché era l’esperienza della vita. Certo,c’erano e ci sono dei personaggi che pensano che non moriranno mai, visto che sono,molto, troppo interessati “a fare soldi, a godersi la vita”. Ma basta poco e tutto svanisce. Se il Presidente dello Stato cambia parere, arriva una malattia, un incidente. Un qualcosa non previsto: la vita si ferma. E’ vero qualcuno cerca aiuto dai marabut, dagli stregoni, per fermare le eventuali influenze negative. Ma dura poco, perché “la morte non suona la tromba”. Certo, chi può fa dei funerali grandioso, invita tante persone, spende un sacco di soldi, che resteranno a quelli che partecipano. Chi è morto viene pianto e poi…è un altro giorno. E’ la medesima impressione che avevo quanco ritornavo per le vacanze in Italia. Il vedere e il sentire i discorsi di certe persone. Veniva spontaneo chiedersi se quelli pensavano che un giorno dovevano lasciare tutto quello per cui “perdevano il tempo”. Sappiamo che “la morte è un vestito che tutti devono portare”. Allora, nell’attesa cerchiamo di vivere, lasciando il bene intorno a noi. Anche se non ci guadagnamo molto, almeno avremmo fatto felice qualcuno. In Africa la parola è importantissima. Può voler dire tante cose, ma è soprattutto qualche cosa di vivo. La parola non è solo un suono, ma ha un senso e un’intenzione. Quindi,se io parlo bene,faccio del bene. Se parlo male,porto sofferenza a chi mi ascolta. Molte volte noi diciamo, ad esempio,quando parliamo delle bugie “è una piccola bugia che non fa male”. Oppure, se sparliamo di qualcuno, non ci rendiamo conto delle conseguenze. Mi ricordo sempre di quella storia in cui il protagonista è san Filippo Neri. Si dice che una signora, che aveva la lingua molto lunga, era andata a confessarsi da lui. Alla fine san Filippo le dà come penitenza di andare per tutta Roma con una gallina con il compito di spennarla, una penna alla volta. Dopo un po’ ritorna con la gallina senza penne. Le dice di andare a recuperarle tutte.

Naturalmente non ci riesce .Così succede, conclude il santo, quando noi sparliamo di qualcuno, è difficile recuperare le parole che abbiamo seminato dappertutto. Dovremmo tenere presente che il male che si fa con le parole diventa una ferita difficilmente guaribile. Mentre la parola se ne è andata – e non puoi più riprenderla – il male resta e non  riesci a liberartene.

 

   

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