Anche nel 2014 l’Italia crescerà meno

Giuseppe Lembo

Stando alle stime del FMI l’Italia crescerà meno; la crescita presunta per il 2014 si attesta intorno allo 0,6%. Intanto che continua a crescere la sofferenza economico-sociale italiana, l’Europa corre sempre più inevitabilmente il grave rischio della deflazione, facendo male da morire soprattutto alla parte più debole dell’eurozona. Nelle previsioni del FMI nel 2014 avremo una crescita del PIL pari al 3,7 per l’economia globale; le economie avanzate si attesteranno al 2,2; gli Stati Uniti al 2,8; l’area euro all’1,0; la Germania all’1,6; la Francia allo 0.9; l’Italia allo 0,6 (pari alla Spagna); il Regno Unito al 2,4; la Russia al 2,0; il Brasile al 2,3. La crescita più alta è della Cina con il 7,5. Sono queste le previsioni FMI, World Economic Outlook gennaio 2014. Trattasi di previsioni ancora da lacrime e sangue per il nostro Paese dall’economia sempre più amara. Come facilmente evidenziabile, l’Italia nel contesto più generale dell’Europa, cresce sempre meno; l’eurozona, purtroppo, non è in buona salute. Molti e radicati sono i mali italiani; trattasi di mali che, purtroppo, fanno tanto male al presente e non fanno sperare a niente di buono per il futuro che, da tutte le parti, con fuochi incrociati, ci si fa in quattro per cancellarlo, per negarlo soprattutto alle nuove generazioni, vittime dei tanti ladri di futuro che sono maledettamente indifferenti all’intergenerazionalità ed al miglioramento umano genitori – figli. Le nuove generazioni italiane più sono acculturate più hanno concretamente possibilità di entrare nel mercato del lavoro. Abbiamo, infatti, in Italia l’80,6% di occupati fra i laureati; i diplomati sono occupati al 74,4%, mentre i giovani con il solo titolo di studio della terza media rappresentano il 52,5% della forza -lavoro. Purtroppo nel sistema italiano c’è, con grave danno per tutti, una scarsa mobilità sociale; c’è, soprattutto, una scarsa attenzione per il merito e le capacità individuali di ciascuno senza i riconosciuti presupposti base per sviluppare quotidianamente i contesti, i processi, i sistemi organizzativi, ossia tutte quelle possibili variabili dell’innovazione che portano con sé lo sviluppo umano e la crescita socio-economica dei territori, attrattori dei processi dinamicamente in movimento. Occorre al nostro Paese al più presto la liberazione da quel cappio al collo rappresentato dal vincolo mortale per lo sviluppo italiano del 3% del deficit rispetto al PIL. Crescerà, infatti, la disoccupazione; cresceranno le saracinesche abbassate; crescerà, in lungo ed in largo per l’Italia, la disperazione italiana e con questa anche il numero dei suicidi eccellenti che hanno l’imprimatur proprio nello Stato italiano, assolutamente incapace di difendere la vita dei suoi cittadini. Nella sofferenza economica e sociale dell’Italia, c’è, tra l’altro, un’incompiuta. È quell’unità d’Italia imperfetta per cui il Nord è rimasto sempre e solo il Nord che si è avvicinato sempre più all’Europa che conta ed un Sud che è scivolato verso l’africanizzazione sia antropologica che economico-sociale, con un grave ed irreparabile danno, non tanto e solo a termine, ma anche e soprattutto di lunga durata, con gravi negatività per il futuro delle nuove generazioni. Oltre a tutto questo la mancata unità ha indebolito l’Italia, sia del Nord che del Sud, lasciando ceneri che hanno ovunque inaridito gravemente il suolo italico che sperava nel miracolo dell’insieme italiano, un miracolo che non c’è stato per gravi responsabilità sia degli italiani del Nord, fortemente legati alle loro origini che dell’Italia del Sud che ancora oggi grida all’invasione piemontese, ai tradimenti per un tragicomico ed assurdo convincimento secondo i fanatici di Franceschiello, che si stava meglio, tanto meglio, con i borboni, campioni di umanità e protagonisti di progresso e di benessere per un popolo protagonista di libertà e di civiltà. C’è da subito rimboccarsi le maniche da italiani veri e pensare insieme a progettare il futuro italiano, riempendolo di un’italianità senza se e senza ma e di un fare con al centro il protagonismo italiano, capace di cambiare l’Italia rendendola prima di tutto concretamente unita e governata dalla buona politica che può esserci cambiando; cambiando gli uomini del politichese in uomini del pensiero, delle idee e del fare, pensando tutti insieme ad un’Italia nuova, necessaria per cancellare i mali d’Italia e per rinascere, alimentando quel risanamento italiano di cui l’Italia ha tanto bisogno in questo inizio del Terzo Millennio, creando sviluppo e crescita umana e naturale e cancellando, soprattutto al Sud, le tante culle vuote, espressioni di bassa natalità per effetto, tra l’altro, di mancanza di politiche familiari e di un futuro possibile per le nuove generazioni che vuole più figli, per un futuro umanamente possibile che una mentalità bassa prolunga ulteriormente la crisi, cancellandone sempre più la presenza delle nuove generazioni.

 

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