Bartolo Longo devoto di Maria e di San Michele

 don Marcello Stanzione

 Nel secolo sesto l’Arcangelo Michele apparve a San Catello, vescovo di Stabia e al monaco benedettino sant’Antonino, in seguito patrono di Sorrento e di Campagna in provincia di Salerno. Il principe degli angeli chiese ai due mistici di costruire sul monte Aureo un oratorio in suo onore. Cosa che i due santi fecero fecero con gioiosa obbedienza al Principe del cielo. Con il passare dei secoli il santuario michelita subì gravi danni a causa del gelo e delle intemperie. Nel 1762 il vescovo Giuseppe Coppola  fece costruire il sentiero che porta sul monte Sant’Angelo ai tre pizzi ( Molaro), restaurare il santuario e lo consacrò il 28 settembre dello stesso anno. Andato nuovamente in rovina negli anni successivi, il santuario fu ricostruito e solennemente riconsacrato il 29 luglio 1843. Distrutto ancora una volta alla fine del secolo XIX, è stato ricostruito, per volontà del commendatore Amilcare Sciarretta e lo zelo del vescovo Federico Emmanuel, sulla cima detta  monte Cercatole e consacrato il 24 settembre 1950. L’attuale santuario all’Arcangelo si trova quindi in una posizione diversa da quello costruito dai santi Antonino e Catello. L’antico Santuario fu molto importante per la spiritualità del beato Bartolo Longo, ideatore del santuario Mariano di Pompei. L’avvocato Bartolo Longo, beatificato dal papa Giovanni Paolo II nel 1981 e la cui memoria liturgica ricorre il 5 ottobre,  nacque a Latiano, vicino Brindisi, nel 1841. Si convertì alla fede cattolica per intercessione della Vergine, dopo anni di allontanamento in cui si era addirittura dedicato allo spiritismo. Decise quindi di consacrare tutta la sua vita alla Madonna e di diffondere il culto mariano specialmente mediante la recita del Santo rosario. Il luogo dove il nostro beato iniziò il suo apostolato mariano, diffusosi poi in tutta la Chiesa, fu la Valle di Pompei , in provincia di Napoli, situata tra il Vesuvio a Nord e il monte Gauro a sud. Il 13 novembre 1875 Bartolo Longo portò il quadro della Madonna del Rosario a Pompei. Il quadro presenta l’immagine della Madonna in trono con Gesù in braccio; ai suoi piedi, san Domenico e santa Caterina da Siena. La Vergine reca nella mano sinistra la corona del Rosario che porge a santa Caterina, mentre Gesù, poggiato sulla sua gamba destra, la porge a san Domenico. Questa icona fu data a Bartolo Longo da Suor Maria Concetta De Litala , del convento del Rosariello a Porta Medina a Napoli. La religiosa l’aveva avuta in custodia dal domenicano padre Radente, confessore del beato. Per trasportarla a Pompei il Longo l’affidò al carrettiere Angelo Tortora che, dopo averla avvolta in un lenzuolo, l’appoggiò su un carro di letame e la portò a Pompei. Il monte Gauro che si affaccia sulla valle di Pompei è memorabile per l’apparizione di san Michele a san Catello vescovo di Castellamare di Stabia nel secolo VII che era solito ritirarsi di notte negli antri solitari del monte per pregare insieme a sant’Antonino, abate del monastero benedettino di Sorrento e suo vicario generale. Una notte, mentre i due santi erano immersi in preghiera apparve l’arcangelo Michele ed ordinò a Catello di edificare in suo onore un tempio nel luogo che egli stesso gli avrebbe indicato mediante l’apparizione di una fiamma. La predetta fiamma infatti brillò sulla più alta punta delle tre vette del Gauro. Superate molte difficoltà tra cui anche la prigionia a Roma, San Catello potè infine compiere l’opera richiesta da San Michele Una sorgente, scaturita provvidenzialmente su quel monte facilitò i lavori di costruzione del tempio arcangelico e la fresca fonte servì a dissetare i numerosi pellegrini, che da allora solevano ogni anno nel mese di settembre, salire sul Gauro per venerare san Michele. Questo santuario sussistette fino al 1860 quando fu distrutto per snidare i briganti che vi si erano rifugiati. Negli anni 50 del secolo scorso fu ricostruito ma in un’altra posizione sul monte Faito. Bartolo Longo fu particolarmente colpito da questa suggestiva tradizione micheliana egli parve subito evidente che il più grande principe del cielo aveva un disegno divino da compiere sulla valle di Pompei sulla quale appunto si affacciano le pendici del Gauro. Al momento perciò di scegliere la data per la posa della prima pietra del grande santuario mariano nella valle di Pompei, il beato Bartolo Longo propose al vescovo di Nola quella dell’8 maggio, giorno sacro all’Arcangelo Michele. Giustificò la sua scelta dicendo: “ San Michele Arcangelo fu l’angelo custode della Vergine santissima in vita. San Michele è il Patrono di tutti i templi del vero Dio, e San Michele sarà il Custode e il protettore del Tempio di Pompei”. Questi presentimenti del Longo non andarono falliti come egli ci rivela nella sua storica narrazione. Infatti “ il fortissimo e bellissimo Principe, benigno sempre con noi –ricorda- ha fatto provare spesse volte il beneficio della sua protezione. Innumerevoli sono stati i trionfi riportati per San Michele in questo luogo sopra i nemici visibili e invisibili di noi e di questo Santuario”.  A conclusione del suo libro “ Storia del Santuario di Pompei” egli sottolinea il meraviglioso disegno divino sotteso a tutta questa storia dell’apparizione di san Michele dall’antichità ai suoi giorni. Egli scrive Quella apparizione del secolo settimo indicò l’apparecchio del regno di Maria in questa Valle abbandonata, ignota, ch’era stata un tempo sotto l’impero del demonio e della colpa. Il portentoso Arcangelo venne a scacciare Satana dalla terra dei Gentili sulla quale doveva sorgere una novella era di grazie, un nuovo sole di misericordia”. E conclude con somma gratitudine: “ Da allora in poi…da quel dì 8 maggio 1876 abbiamo invocato con fede il primo Angelo del Cielo a festeggiare insieme con noi la comune Regina”. In conclusione il beato Bartolo Longo era devotissimo dell’Arcangelo a cui consacrò il santuario e le opere di carità di Pompei, a tale riguardo scrisse: “Ed in ciascun anno, in quel giorno 8 di maggio, noi ricordiamo  due solenni epifanie. Il maggior Principe del cielo, che ha nome meraviglioso, si manifestava alla terra, scegliendo a spettacolo dei suoi prodigi la vetta di un monte. La più grande Regina che mai abbia avuto e cielo e terra, si manifestava anch’Essa ai gementi figliuoli di Eva, scegliendo a centro dei suoi portenti un’umile Valle, la valle di una sepolta città pagana. Segnerà adunque per noi quel giorno due solenni trionfi: il trionfo del più maestoso Angelo del Cielo, di quel Principe grande, come lo chiama Daniele, il quale prima della creazione dell’uomo con l’invitta spada della sua fede, della sua umiltà e della sua mansuetudine, difese l’onore dell’Altissimo e dell’Immacolata Donna che doveva essere nel tempo la Madre del Verbo di Dio fatto uomo. Ed insieme il trionfo di Colei che è la Regina della Misericordia, e che nell’epoca moderna doveva nella Valle di Pompei riportare su  Satana nuove e stupende vittorie”. (Beato Bartolo LONGO, A San Michele Arcangelo Principe di tutti gli Angeli di Dio. Scuola Tipografica Pontificia pei figli dei carcerati. Valle di Pompei (NA) 1908, pp. 12-13).

 

2 pensieri su “Bartolo Longo devoto di Maria e di San Michele

  1. Questa è una storia bellissima che mi trascina in certi miei vecchi ricordi di famiglia, ma per esprimere meglio il mio pensiero che affonda nei ricordi, devo raccontare un po’ le vicende di famiglia:
    Mia madre era di Secondigliano, napoli ed anche mio padre e tutti i miei fratelli, Solo io nacqui a Salerno nel 1933.
    Mia madre aveva perso la sua madre quand’era ancora giovanissima. Aveva altre quattro sorelle, tre sposate ed una , concetta, si fece suora domenicana, quindi , diede i voti proprio a Pompei.
    Maddalena, altra sorella di mia madre era sposata es aveva due figli, che quando scoppiò la famigerata “Spagnola ” che decimò intere famiglie , fu ella e suo marito condagiata e morì contemporaneamente, nel medesimo giorno, assieme a suo marito . I due conuigi lasciarono sul lastrico due piccoli innocenti: Un maschietto di sei anni e la ragazzina di nome roberta di quattro anni. Mia madre era in prcinto di sposarsi e decise di prendersi la bambina come figlia, mentre il maschietto se lo prese la famiglia del defunto.
    Mio padre , a quell’epoca era specialista per la conciatura di pelle ed era molto rispettato, ma alcuni anni dopo il matrimonio con mia madre e precisamente nel millenovecento ventinove avvenne la più disastrosa crisi economica di tutti i tempi ,(altro che l’attuale), Le fabriche chiudevano ad una ad una e milioni di persone rimasero senza lavoro, Anche l’azienda dove lavorava mio padre fallì e chiuse battente. Egli non conosceva altri mestieri e si rivolse a suo cognato al Vomero che era avvocato e professore per avere un conforto. Quest’ultimo gli propose di mettersi a fare il fotografo con una di quelle cassette con il trepiede che si usavano allora. Mio padre accettò, ma siccome si vergognava di essere umiliato da chi lo conosceva come persona di rango, decise di spostarsi a Salerno, e fu proprio in quel periodo che nacqui io.
    Ovviamente l’economia in casa non andava bene e i più grandi dei miei fratelli aveva solo dodici anni. La orfana e sorella Roberta aveva appena varcato la soglia dei sedici anni, così mia zia suora che era a Pompei convinse la ragazza di farsi anch’ella suora, e tanto che insistette che roberta si fece convincere. Mia madre , santissima donna incominciò a piangere ,e pianse per ben sette anni perchè le allora autorità ecclesiastiche non permettevano alla nuova suora di comunicare i i suoi cari. La tennero a Pisa, a Luca e ancona. e mia madre, poveretta, che era ignorante diceva : Poveretta sta appisa e allucca ancora!” e piangeva sempre. Dopo sette anni la fecero venire a casa nostra per una settimana di vacanza, Vedemmo quindi, una mattina venire da lontano a piedi una sagoma bianca. Ci domandammo: ma chi sarà? era Suor Roberto che si avvicinava , e quando mia madre ed ella si avvicinarono si abbracciaro e così restarono per u’ora piangendo di gioia fino a bagnare il suolo dalle lacrime. Ero piccolo, ma quest’avvenimento l’ho ben chiuso nel cuore. D’allora ogni anno veniva da noi per una settimana. La Suor Maria Sarrantonio di Pompei Oramai era addetta al Tesoro di Pompei ed anch’ella veniva una volta l’anno da noi . Quest’ultima ci raccontava sempre la storia del beato avvocato Bartololongo e , se non vado errato con i ricordi , pare che ella l’abbia conosciuto di persona. Anche noi andavamo spesso a Pompei per stare qualche ora con la mia zia Suora che volevamo tanto bene, poi andavamo nella villa dov’era l’acqua ferrata per consumare il nostro piccolo pasto dopo la santa messa.

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