Una questione di priorità e di rappresentazione

Amedeo Tesauro

Ogni partito politico, si sa, deve badare a certi interessi perseguendo determinati obbiettivi. Naturalmente non ci si riferisce agli interessi privati, che pur purtroppo ci sono e sono ben evidenti, ma in linea di principio a degli impegni presi presso gli elettori. Siccome poi ogni gruppo fa riferimento ad un target elettorale preciso, spesso in contraddizione con altri gruppi, il gioco della politica è semplicemente la vittoria degli interessi di una certa parte su tutte le altre. I movimenti politici, le dichiarazioni, ciò che si fa e ciò che si dice si farà, vanno sempre lette alla luce di chi si vuol impressionare. In un paese in condizioni precarie, dove ogni cosa pare non funzionare o funzionare male, i partiti hanno ampia libertà per tentate di forzare l’agenda politica in questa o quella direzione. Il PD, per esempio, nel tentare di riagganciare un elettorato di sinistra che pare ormai eroso, ributta nel calderone i temi etici (matrimoni gay, diritti immigrati, legge omofobia), subito affrontato dal PDL che rimanda certe richieste asserendo vi siano altre problematiche a cui badare; così facendo difende un certo elettorato conservatore del proprio bacino di voti, evitando di gettarsi in una questione etica che potrebbe creare imbarazzo. Ma in verità è solo un esempio, nel caos generalizzato sembra che tutti abbiano la necessità di ricordare all’opinione pubblica il proprio impegno verso certe tematiche, e poco importa che alla fine nessun provvedimento concreto sia attuato. Del resto si sta parlando dello stesso Parlamento che sembrava vivo per un unico scopo, puntualmente non realizzato: creare una nuova legge elettorale. Eppure, malgrado la sollecitazione generale e la preoccupazione condivisa, della legge elettorale non si sente nemmeno più parlare, se non in qualche dichiarazione improvvisata che non rimanda però a nulla di concreto. Economia, lavoro, diritti, lotta alla criminalità, IMU e tassazione, revisione della forma costituzionale, eccetera…a sentire il politico di turno è la volta buona per modifiche strutturali in una certa area, ma ovviamente sono considerazioni buttate lì senza una reale corrispondenza su ciò che in Parlamento viene discusso e si intende realizzare. Ciò che spesso viene dimenticato, però, è che per quanto ogni richiesta sia legittima non tutte posseggono lo stesso peso mediatico. Esistono infatti problematiche che portano con sé un forte simbolismo, sono segnali di certe intenzioni e hanno una rilevanza maggiore. La questione della legge elettorale è uno di quei provvedimenti che viene percepito come centrale, eppure, come detto, pare scomparso. L’altra problematica dal fortissimo peso propagandistico è la questione del finanziamento ai partiti. Se ne sta discutendo in aula, i grillini hanno platealmente manifestato il proprio dissenso per l’atteggiamento salva-poltrona della maggioranza, e così facendo hanno incrementato la loro forza agli occhi dell’elettorato; esporsi con forza su questi argomenti garantisce visibilità e permette di allargare il proprio bacino di voti data la vicinanza col popolo. Tale tematica è così sentita perché non è terreno di scontro tra diversi elettorati, al contrario riesce a riunire tutti i votanti in un’unica categoria che si oppone alla classe dei “politici”. Mai come in certe questioni tutti sono uniti contro una classe dirigenziale a cui si chiede di dare un segnale, il quale, se non arriva, aumenta l’astio nei confronti della casta. In altre parole se normalmente sembra che ognuno insegua gli interessi del proprio ristretto gruppo, sulla questione dei finanziamenti sembra che ogni politico insegua il proprio rendiconto personale. Niente evidenzia lo stacco tra rappresentanti e rappresentati come le diverse priorità che sussistono tra i due gruppi, e al fine di evitare la tensione sociale bisogna intervenire con attenzione, stando attenti a quali segnali vengono inviati.