L’anticipazione di tesoreria: l’anti / default delle casse comunali

Enzo Carrella

I problemi finanziari  dei comuni del salernitano   non sono  tanto diversi da quelli di tanti Comuni d’Italia, in particolare del Mezzogiorno, che sono alle  prese con manovre di   sblocco crediti/debiti ( ex dl 35/2013) con relativo e necessario   riequilibrio  non scongiurando  ipotesi di  qualche    disseminato dissesto  . Ovunque le motivazioni che hanno portato a questa situazione sono molteplici ma spesso ricorrenti. In particolare,  la stretta  finanziaria è stata oltremodo  causata da una serie di  incisivi  provvedimenti  del governo nazionale tesi , soprattutto,  a contrarre la spesa pubblica nel perimetro del loro ambito di operatività:  la  drastica  riduzione di trasferimenti  statali, l’introduzione  e la modifica dell’Imu  rispetto alle originarie pattuizioni ( che prevedeva una all inclusive tax di buona parte dei tributi locali ), gli effetti sempre più stringenti  e penalizzanti del Patto di Stabilità . La sensazione è però, visti gli attuali scenari, quella  che la massa degli amministratori pubblici non abbia saputo prevedere e prepararsi a misure che erano    in discussione da anni e  che   hanno  trovato la naturale accelerata  applicazione. Molti di loro  hanno preferito “nascondere” i reali conti e far vivere al di sopra delle loro possibilità le rispettive comunità , evitando la scomoda raccolta di risorse tributarie dirette sul territorio. Entrando in punta di piedi  negli aspetti  tecnici, i bilanci  di detti comuni hanno sempre avuto annosi e ripetuti problemi, mai risolti e mai tenuti in debita considerazione dagli amministratori locali avvicendatisi nelle diverse gestioni :  eliminazione del controllo di legittimità degli atti amministrativi;  Errata/anomala/colpevole gestione degli “Avanzi di amministrazione” ;  Anomala analisi e revisione dei “Residui attivi e passivi” di amministrazione dove risulterebbero “dormienti” ( forse addirittura morti ) molti dei crediti inseriti  nell’aggregato “attivo”.  Forse non a caso  vi è stata una spinta “governativa”  ( vedi recente legge di stabilità per il 2013)  di eliminarne buona parte , soprattutto quelli di importo unitario  fino a 2 mila euro e i cui ruoli si riferiscono a periodi ante 2000. Ma quanti sono stati gli enti che  hanno provveduto a dare le dovute e previste  “ritoccatine” a tale  enorme  massa di crediti ?    Al momento sembrano ancora integri  allungando i  tempi di una urgente e non più procrastinabile  “cura dimagrante”  che ne attesterebbe sia una parte   di eliminazione di  quelli di  certa inesigibilità  che il loro incasso attraverso le rituali procedure.  In quest’ultimo caso  tornerebbe anche il   sorriso alle  “povere e desolare ” casse comunali . Sul fronte delle “uscite  ” invece  da registrare un  traffico con relativo intasamento delle risorse finanziarie dai canali   delle  rispettive tesorerie comunali   :      è notorio che   “i pagamenti “ degli  enti  sono tanti , a cominciare  da quelle di  ogni mese per gli stipendi dei dipendenti a cui si aggiungono  le somme da corrispondere alle aziende private che hanno realizzato dei lavori   ( in conto capitale e servizi) per loro conto .  Per onorare  tali scadenze  sono tanti  gli enti  che  intravedono quale unica via d’uscita quella di  ricorrere   all’anticipazione di tesoreria,  L’anticipazione di tesoreria (o di cassa)- lo ricordiamo-  è prevista dal Tuel, D. Lgs. 267/2000, per poter far fronte a pagamenti urgenti ed indifferibili in situazioni di carenza temporanea di disponibilità liquide. Contabilmente l’anticipazione di tesoreria si configura come un prestito a breve termine che va restituito mano a mano che le entrate dell’Ente vengono riscosse.  Il funzionamento di tale strumento  è simile a quello di un lavoratore dipendente che non riesce – con le proprie cadenzate entrate mensili – a far fronte alla propria massa di debiti. Unica scappatoia per tale “debitore”  è rappresentata  da una  richiesta  al proprio datore di lavoro di un’anticipazione in un’unica soluzione  di un numero  di 5  retribuzioni spettanti fino al termine dell’anno . La restituzione di tale debito  avverrà man mano che matureranno i ratei mensili delle retribuzioni. Nelle more , intanto, il lavoratore ha già consumato tutto “l’anticipo “ ricevuto per saldare i debiti scaduti con i propri fornitori e , con il serio rischio, che nell’intervallo dei 5 mesi , le disponibilità finanziarie restanti non saranno sufficienti neanche a coprire i naturali e necessari fabbisogni per gli  acquisti dei beni  (cosiddetti  ) di prima necessità per se e propria famiglia.  Quale potrebbe essere   la ricetta dei comuni per scongiurare un default finanziario alla luce di tale quadro sempre più a tinte fosche  e, soprattutto,  quali  le eventuali altre leve su cui agire per far ripartire l’economia, lo sviluppo e l’occupazione, per non relegare tali  città ad una condizione di marginalità economico-sociale sempre maggiore ?  Scontata la risposta . Aspettiamoci una cura “lacrime e sangue” a partire da una caterva di  intimazioni di pagamento che circoleranno già dai prossimi giorni e vedranno destinatari migliaia  di cittadini   e riferite a violazioni di tributi locali e multe    risalenti a anni addietro ( cura dimagrante dei residui attivi di cui sopra)   A ciò si accompagneranno sicuramente degli  aumenti  di tributi e tariffe  con le aliquote IMU a carico dei cittadini ( per le  seconde case ) che verranno mantenute al massimo per  molti anni .C’è poi in agguato l’esordio della  nuova tassa TARES (in sostituzione della vecchia Tarsu), che imporrà maggiori costi per i cittadini  rispetto alle attuali tariffe e  – sempre in tema delle   imposizioni a carico dei cittadini  –    con molta probabilità   rincareranno le   previste tariffe  sui Servizi a domanda Individuale (asili nido –impianti sportivi-refezione scolastica , mercati-trasporto alunni , spettacoli-assistenza). Passando alla riduzione dei costi (c.d. “spending review )  degli “apparati comunali”  si registreranno  contrazioni  di  personale (per pensionamento e blocco delle assunzioni negli enti ),  riduzioni dei fitti passivi dei comuni  ,  restringimento   (obbligatorio) nell’erogazione dei Servizi attualmente erogati ai cittadini e rivisitazione dell’Indebitamento per mutui passivi .  Tutto ciò accompagnato  da un nuovo piano di vendita degli immobili comunali.   Insomma un  piano  che a primo acchitto potrebbe  apparire di “pura previsione”   ma che , spinti da fattori pragmatici nel ragionamento,   sarà   effettivamente realizzato e rispettato  soprattutto ad opera di quei comuni che fanno ricorso  ( anche con abituale frequenza) alle anticipazioni di tesoreria. In tanti auspicherebbero , parallelamente all’adozioni di  tali  drastici provvedimenti ,  anche un vero e autentico rinnovamento ( finanche solo ideologico)  della classe dirigente degli enti territoriali locali  chè sia consapevole  – soprattutto- dello stato dei conti dei Comuni:  solo  così si potrebbe avere un punto fermo da cui ripartire per costruire un diverso approccio culturale alla gestione della cosa pubblica  in presenza di regole  più rigorose  e sempre più stringenti.