San Giuseppe e la festa del papà

don Marcello Stanzione

 Che cosa sappiamo di san Giuseppe? A dire il vero non granché, se ci atteniamo a ciò che di lui ci dicono i Vangeli. San Marco non ne dice nulla, san Giovanni lo cita solamente due volte, Gv 1, 45; 6, 42. E’ pur vero, comunque, che questi due Evangelisti posizionano il loro racconto, dopo un Prologo, all’inizio della vita pubblica di Gesù. Matteo e Luca, che ci parlano dell’infanzia del Signore, sono dunque le sorgenti privilegiate anche se, le 25 citazioni di san Luca e le 17 menzioni di san Matteo, non ci forniscono di elementi. Si ignora anzitutto il luogo e la sua data di nascita e nessuna parola di Giuseppe ci è trasmessa esplicitamente. Pur tuttavia, quei pochi versetti che ci parlano di lui, ci fanno scoprire l’uomo di fiducia del Padre che gli confida il suo unico Figlio e Colei da cui ha preso carne: “Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù” (Mt 1, 16). Nel disegno di Dio, dunque, il nome di Giuseppe è indissolubilmente unito, nel tempo e nell’eternità, a quello di Maria e di Gesù. Ancor più di quello di san Giovanni Battista, che pure annuncia l’Agnello di Dio, perché Giuseppe è il servo silenzioso della Parola che si cancella dietro la sua missione, con la quale fa corpo finanche nel suo nome. Giuseppe è “quello che fa crescere e che veglia sulla crescita” del Figlio di Dio. Ed egli lo farà in una rinuncia esemplare tale che la sobrietà dei racconti di Matteo dell’infanzia di Cristo riescono a renderla molto meglio di tutti i commenti teologici. Dopo Maria, san Giuseppe è indiscutibilmente il più grande santo umano del cielo. San Gregorio di Nazianzio così scriveva di lui: “Il Signore ha riunito in Giuseppe, come in un sole, tutte le prerogative e tutto ciò che i santi hanno insieme di luce e di splendore”. Nessun dubbio, inoltre, che san Giuseppe abbia ricevuto tutte le grazie necessarie per esercitare questa paternità unica che costituisce la sua particolare missione, tanto che noi siamo in diritto di pensare che, tra i figli degli uomini, e certamente dopo Cristo, egli è quello nel quale il Padre si è meglio riflesso. Lungo tutta la storia della Chiesa, da sant’Ireneo, sant’Efrem, san Basilio fino a san Francesco di Sales, santa Teresa d’Avila, san Vincenzo de Paoli, passando per sant’Agostino, san Bernardo e tanti altri, tutti hanno attinto ispirazione vicino all’umile carpentiere, diventato l’ombra del Padre in virtù della sua missione unica nel mistero dell’Incarnazione. Ed i papi stessi non sono tra gli ultimi a cantare le glorie di san Giuseppe! Da Pio IX a Benedetto XVI, passando per Giovanni XXIII, Pio XII, Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, per citare solamente i più vicini a noi, che confidavano sull’intimità della loro relazione col Protettore della Chiesa universale e questo perché, come Maria continua, nel cuore della Chiesa, il suo ministero materno di partorire l’uomo nuovo, così san Giuseppe continua a vegliare sulla crescita del Corpo mistico di Colui su cui ricevette autorità paterna. In questo  secolo ventunesimo in cui la nostra civiltà occidentale vive una profonda crisi di paternità, che scuote fino alle fondamenta stesse la nostra società, nel momento in cui gli psicologi, i sociologici, ecc., cercano dei nuovi modelli di padre, faremmo forse bene a volgere i nostri sguardi ed i nostri cuori verso colui che incarnò, nel cuore del mondo, quella paternità divina “da cui fuoriesce ogni altra paternità in cielo e sulla terra” (cfr Ef 3, 15). Perché non seguire dunque l’esempio del “Papa buono”,  il beato Giovanni XXIII, che confessava in tutta semplicità: “San Giuseppe lo amo molto, a tal punto che non posso cominciare la mia giornata, né finirla, senza che la mia prima parola ed il mio ultimo pensiero non siano per lui”.