Global Brain Trade il commercio mondiale dei cervelli

 Giuseppe Lembo

Il presente dell’Italia per quanto riguarda l’importante risorsa dei cervelli umani è in una condizione di grande sofferenza in uscita. Minimo è il numero di cervelli in entrata; in uscita è piuttosto alto. In percentuale abbiamo solo un 3% di scienziati stranieri che vivono ed operano nel nostro Paese; contro questo dato c’è il 16,2% di studiosi italiani che vivono ed operano all’estero. I cervelli italiani, per l’indifferenza con cui sono inopportunamente trattati, se ne fuggono all’estero, con un grave ed irreparabile danno per il futuro del Paese che risulta così fortemente sguarnito di quelle risorse umane d’eccellenza, necessarie per pensare al futuro. Siamo di fronte ad un deflusso di intelligenze che, male utilizzate, se non del tutto inutilizzate, in silenzio, ma con tanta rabbia dentro, varcano i confini, per affermarsi meritatamente altrove. Un cervello eccellente italiano in fuga fu quello di Piero Sraffa. Nel 1921, primo incompreso d’Italia e poi inviso al regime fascista, se ne va in Inghilterra, dove fresco laureato a Torino con Luigi Enaudi, a soli 23 anni conosce il trentottenne Keynes che non aveva ancora prodotto nessuna delle sue teorie economiche che avrebbero cambiato il Novecento. E qui che scrive e pubblica un articolo sui guai ben nascosti delle banche italiane; si trattò di un articolo che indignò i banchieri che se ne lamentarono fortemente con Mussolini. Il giovane analista economico, di nuovo in patria viene invitato a ritrattare quanto aveva scritto; Sraffa non ritratta, ma con orgoglio e coraggio, conferma tutto.

Avendo chiuso con l’Italia tornò in Inghilterra dove Keynes lo impegnò, per garantirgli la sopravvivenza, con dei lavoretti a Cambridige.

Sraffa non lasciò mai più Londra ed il King’s College; nel 1961, grazie al suo impegno di studioso eccellente, anzi geniale, ricevette la Medaglia dell’Accademia di Svezia, oggi equivalente al Nobel per l’Economia, poi formalmente istituito nel 1969.

È un esempio importante della fuga dei cervelli che, da lungo tempo sono stati costretti ad abbandonare l’Italia per fare quello che il proprio Paese impedisce di fare in Patria.

Tutto questo, avviene spesso nell’indifferenza e con grave danno per l’Italia.

La fuga dei cervelli riguarda soprattutto il mondo giovanile, un mondo verso il quale i tradimenti adulti di chi governa il Paese, non finiscono mai.

Quanti di loro hanno il coraggio di Piero Sraffa?

Sraffa o non Sraffa, ormai con le porte chiuse in tutto, sia per i cervelli che per le braccia a buon mercato, assolutamente inutilizzate nel nostro Paese, non c’è altra via d’uscita, se non quella della fuga; una via assolutamente necessaria per garantirsi non tanto il futuro, quanto la semplice sopravvivenza.

I nostri giovani per non morire là dove sono nati, fuggono in silenzio, ma con tanta rabbia dentro; tutto questo capita maledettamente a tanti che sono accompagnati da un inopportuno coro di mille parole di compatimento e da un pietismo d’occasione che suona come una vera e propria offesa per quel 37% di giovani disoccupati italiani, assolutamente afoni che da “cervelli” o da “braccia” traditi, vediamo in giro per il mondo anche se poi, tanti da rassegnati disperati se ne restano a casa, indifferenti a tutto.

Questa è una condizione grave ed assolutamente indecente; questa è una vergogna tutta italiana dei tanti padri che hanno collettivamente privato di futuro i loro figli.

I giovani italiani, rassegnati al loro amaro destino, subiscono in ….. silenzio.

Parlano poco e quando parlano usano un tono di voce pacato ad un punto che, proprio non si ode.

L’unica loro voce di rappresentanza è il Forum Nazionale; una voce, purtroppo, poco ascoltata; i giovani italiani, per debolezza congenita, non obbligano gli altri ad ascoltarli. E così tutto cala sulle loro teste.

Tutto è avvolto da un silenzio assordante; anche la loro stessa reazione all’insoddisfazione verso il sistema di potere da cui sono circondati, è considerata un atto di silenziosa sudditanza.

Che si fa? Per protesta si prende come soluzione obbligata la via della fuga, una defezione spesso indifferente al potere e/o da questo malamente interpretata. Può, per assurdo, produrre l’oppressione dei deboli da parte degli incompetenti ed uno sfruttamento dei poveri da parte dei pigri. I giovani italiani sono e saranno sempre più minoranza nel Paese; e per questo che contano poco e sempre meno; l’età media in Italia è fortemente alta. Questo, a tutto danno dei giovani che vivono nell’impotenza più assoluta il loro insuccesso, senza prospettiva alcuna di un possibile lieto fine. Il conflitto padri-figli, lo scontro generazionale non è solo della modernità e di questi tempi difficili per il nostro Paese. Come ci insegna la storia, anche nel passato i rapporti tra generazioni erano basati su forti tensioni e su gravi ostilità. E così la storia dei corsi e ricorsi si ripete; quel che valeva ieri, purtroppo vale anche oggi.

Siamo ad un modello comportamentale umanamente consolidato espresso dal bisogno di attualizzare il conflitto padre-figli e di sacrificare, per egoismo di potere, le genialità, una ricchezza per tutti e di tutti.

È un danno grave; utilizzare male i cervelli del mondo, sacrificati, così come nel nostro Paese, per effetto di un’insipienza di potere è un crimine per l’umanità presente e futura.