L’Italia piange la signora della scienza

Rita Occidente Lupo

Il coraggio di vivere fino in fondo la propria vocazione: alla scienza. Se ne va un pezzo di storia italiana, in punta di piedi, con quella discrezione ben congeniale a lei, cresciuta tra l’odio razziale e la fretta di dover rifugiarsi in una nuova terra perchè ebrea. Rita Levi Montalcini, premio Nobel, senatrice a vita, saluta la fine di un anno, sulle sue 103 candeline, che lasciano sbigottito il Paese. Come se la sua tempra, avvezza a microscopi e ricerche, non dovesse mai vergare la parola fine. La camera ardente in Senato, i solenni funerali a Torino il 2 gennaio, tra centinaia di volti. Dinanzi a lei, dai capi di Stato, agli uomini di ogni giorno, ad inchinarsi per l’ultimo saluto. La discrezione e l’impegno sociale, la tutela ambientale ed il lavoro fino allo spasimo delle sue forze, il tratto distintivo che l’hanno resa amata e nota in tutto il mondo. Una vera donna, che alla scienza ha dato tutta se stessa, non lesinando l’aristocratica umiltà di chi non verga mai la parola fine al suo sfidare la razionalità pedissequa. Nel nostro tempo, in tema di femminilità, la Montalcini un elemento di rottura: non per vanità e belletti, inquietudini e protagonismo, la serietà all’apice della sua dimensione umana. Oggi, il suo nome, ancora risuona altisonante a quanti, nel nostro tempo, a caccia di piedistalli politici e d’allori, amano fregiarsi di nomination non acquisitate sul campo di battaglia, ma ereditate da alterne vicende o da clientelari rapporti. La Montalcini, che seppe anche con la scoperta del Ngf, imprimere una decisa virata alle scoperte scientifiche, nell’assenso a Prodi, restò autonoma nelle scelte scientifiche. Un autorevole pezzo dell’Italia che conta, lascia in punta di piedi questa scena terrena, omaggiata anche dalle donne, che con lei riuscirono ad intrecciare autentici rapporti di stima ed amicizia.