Il futuro della Rete: dove finisce la nostra libertà?

Amedeo Tesauro

Sta trovando poco spazio nei media italiani quanto sta avvenendo in questi giorni a Dubai, dove è in corso, dal 3 fino al 14 dicembre, la Conferenza mondiale sulle telecomunicazioni internazionali (Wcit, dall’acronimo anglosassone). Si tratta di molto più di un meeting per esperti, in ballo ci sono le politiche da applicare nel settore di competenza, Internet compreso. La Rete da sempre è territorio selvaggio (qualcuno ha azzardato la definizione di “Far West del ventunesimo secolo”), tanto frequentato quanto privo di regolamentazioni generali, tanto che le prime norme a riguardo nacquero come fotocopia di spontanee interazioni tra utenti, come a dire che là dove la legge non può interviene il buon senso. Nel vuoto di diritto hanno sguazzato tutti, dagli utenti alle stesse società operanti nel settore, ma sempre più frequentemente ritornano problematiche non più rinviabili a cui bisogna dare risposta definitiva. Nella Conferenza ecco dunque sorgere una nuova Guerra Fredda riadattata a misura di tablet e smarphone: da un lato gli Stati Uniti e l’ente no profit Icaan che di fatto gestisce la Rete assegnando domini e indirizzi (godendo dell’appoggio di società del calibro di Google e Facebook), dall’altro i governi dei paesi finora esclusi dalla gestione del web, Cina e Russia in primis; i primi rivendicano la propria posizione e mirano al mantenimento dello status quo, i secondi fanno leva su una maggior sicurezza in Rete invocando controllo e misure restrittive. Gli U.S.A. sono dalla parte del web libero e indipendente da influenze governative, ma nel loro inneggiare alla libertà si scorge il desiderio di continuare a dettare le regole, la necessità di detenere il controllo nel mondo digitale. Poco rassicura in proposito, dietro la facciata, quanto dichiarato in settimana dall’ex genio informatico della sicurezza governativa statunitense William Binney: stando alle sue dichiarazioni il governo americano è in grado di intercettare ogni e-mail inviata e ricevuta sul territorio, altro che privacy e web libero e senza controllo, quasi un retrogusto di censura cinese. Anche sul fronte opposto si gioca di retorica, così chi invoca regolamentazioni e tutele per tutti lo fa in primis per avere maggiori strumenti di controllo: Cina e Russia muovono per un web fortemente disciplinato, una posizione che già fa gridare all’allarme se considerato il rapporto che entrambi i paesi hanno avuto col il mondo informatico: non regole ma censure, libertà d’espressione limitata e dissenso apertamente riconoscibile e identificabile. A supporto della loro tesi spingono affinché parti delle responsabilità siano sottratte all’ente Icaan e assegnate all’Unione Internazionale delle telecomunicazioni (ITU), agenzia specializzata sotto il controllo delle Nazioni Unite, un’eventualità che priverebbe gli Stati Uniti di un controllo diretto sulla Rete. Le possibilità che qualcosa cambi nell’immediato sono concretamente basse, di fatto la rivisitazione dei trattati vigenti firmati a Melbourne nel 1988 richiede un voto unanime tra delegazioni di quasi duecento paesi, ma la Conferenza di Dubai merita attenzione perché infiamma uno scontro destinato a intensificarsi nel prossimo futuro, quel duello a tutto campo tra Stati Uniti e Cina che certo si estende anche online nella richiesta di ridiscutere gli equilibri mondiali. Cosa c’è nel futuro della Rete? Smentite le previsioni di chi vi scorgeva una realtà destinata a sostituire il mondo fisico, dimostrandosi al contrario esperienza in grado di affiancare quest’ultimo, Internet si trova al bivio tra l’essere completamente aperto a tutti e a tutto e l’esigenza percepita da alcuni di porre un freno e ricondurre nelle logiche tradizionali le dinamiche attive. Proprio a Dubai i gestori di servizi europei, Telecom in testa, lamentano gli investimenti dati allo sviluppo degli impianti fisici in confronto a quanto poco hanno contribuito gli operatori del web (i siti internet, e dunque le medesime grandi società americane), proponendo nuovi metodi di finanziamento maggiormente simili ai mercati tradizionali. Che il futuro della Rete sia un passo indietro?