Dossier immigrazione Caritas-Migrantes: “Non sono numeri”

Amedeo Tesauro

Presentato in questi giorni, l’annuale dossier Caritas-Migrantes sull’immigrazione delinea l’Italia come realtà di integrazione con circa cinque milioni di immigrati regolari residenti nel nostro paese. A premessa delle statistiche, però, il messaggio esplicito è l’invito a non soffermarsi soltanto sulle cifre di un fenomeno naturale conseguenza dei cicli economici e politici, ma concentrarsi sull’umanità che si nasconde dietro i numeri, un invito sintetizzato dallo slogan “Non sono numeri” tratto direttamente dall’Angelus di Benedetto XVI in occasione della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato. Difatti il rapporto non manca di considerare le difficili situazioni di chi fugge da zone di guerra o dittature politiche, fornendo il dato del Ministero di 326 mila richieste di asilo politico dal 1990, anno di abolizione della riserva geografica che limitava il riconoscimento dello status di profughi solo a chi proveniva dall’Europa, al 2011; pur sottolineando una certa inadeguatezza nell’accoglienza e insistendo sul rispetto delle vite umane, il dossier esula da considerazione politiche riguardanti la gestione dei nuovi arrivati, spesso problematica, tematica d’attualità dopo la Primavera Araba coi suoi flussi migratori. Dall’Europa provengono la maggior parte degli immigrati, il 27,4% dagli stati UE con la Romania a staccare tutti con quasi un milione di persone, mentre tra gli stati non comunitari (23,4%) sono gli albanesi la comunità maggiormente numerosa con 491 mila residenti, seguiti da ucraini (223 mila) e moldavi (147 mila). A completare il quadro è il 22,1%  proveniente dall’Africa (perlopiù tunisini, egiziani e senegalesi), il 18,8% dall’Asia (cinesi su tutti), l’8,3% dall’America, mentre a malapena lo 0,1 percentuale è riconducibile a individui provenienti dall’Oceania o caratterizzati dallo stato di apolidi. Sul fronte del lavoro sono 2,5 milioni gli stranieri operanti in Italia, costituenti un decimo dell’occupazione totale, impiegati nelle fasce basse dal lavoro e in quelle occupazioni poco appetibili per gli italiani: operai, collaboratori familiari, settore agricolo, manovalanza nell’edilizia, ecc. I numeri tracciano il quadro di una presenza straniera forte e insostituibile nei settori basi che fa degli immigrati un fattore di stabilità e crescita per il paese, sebbene nel dossier si sottolinei come la flessibilità, la disponibilità e la giovane età di molti stranieri degeneri spessissimo in forme di sfruttamento, accettate per necessità di vivere o mantenere le famiglie nel luogo d’origine (7,4 miliardi la stima delle rimesse dall’Italia). Dinanzi a questa massiccia comunità gli italiani si mostrano da una parte scettici ritenendola troppo estesa, dall’altra consapevoli delle condizioni di disagio di molti stranieri e ne riconoscono l’importanza per il paese, un atteggiamento bivalente destinato a scontrarsi con i trend sociologici che nel giro di cinquant’anni delineano una popolazione italiana intatta per numero ma di composizione differente con 11,5 milioni di italiani in meno e altrettanti stranieri in più. Auspicando maggiore integrazione, il dossier Caritas-Migrantes invita a considerare il nostro passato di emigranti e agire con umanità, in favore di una società in cui lo straniero non sia un numero in una ricerca di mercato.