Brutti, sporchi e cattivi. I Meridionali sono italiani?- Un libro-verità di Giovanni Valentini

Giuseppe Lembo

Una banda di scalmanati interpreti di una pseudocultura meridionale, invocando il passato, da un po’ di tempo, ha pensato di aprire ferite lontane, affidandosi alle lontane responsabilità piemontesi (presunte o non) per gli attuali ed incancreniti mali storici del Sud. Una vera e propria crociata d’integralismo fanatico contro il Piemonte usurpatore, si è sviluppata soprattutto nel 2011, in occasione delle celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia. Secondo questi lorsignori i mali del Sud vecchi e nuovi sono da far risalire a quel “mascalzone” di Garibaldi usurpatore delle “libertà” e del “benessere meridionale”, gestito dai “nobili” borboni secondo le regole dettate da Franceschiello, comprese nelle tre magiche parole con iniziale la “f”, festa, farina e forca. Gli storici del nuovo corso (la maggior parte ammuffiti topi di biblioteca), nel lanciare per un po’ di vanagloria, la loro opportunistica crociata antipiemontese e nordista, disconoscendo a più non posso le profonde cause del malessere meridionale, con leggera superficialità, hanno ben pensato di attribuire tutte le cause del malessere meridionale a quel pazzo di Garibaldi che, mettendosi alla testa dei piemontesi e non solo piemontesi, decisi contro la volontà popolare della gente del Sud, di invadere il Sud e fermare il progresso e le libere garanzie di società sviluppata ed in grande buona salute economico-sociale e soprattutto culturale. Che idiozie mai hanno messo in piedi, per sola vanagloria e non certamente nell’interesse e per il bene del Sud che, ancora una volta “soloni nostrani” hanno pensato ma senza riuscirci, di profanarne la loro vita con lontane falsità, ammaliando strumentalmente le poche coscienze di chi non ha una giusta dimensione del proprio sé storico, umano e culturale, purtroppo origine lontana di quei mali che ancora oggi pesano come macigni e per colpa soprattutto della gente del Sud e non di altri, è ancora assolutamente difficile da rimuovere. Io che scrivo da decenni e decenni, come giornalista assolutamente non conformista e tante volte scomodo per le cose dette, come scrittore di libri-inchiesta con al centro anche il mondo meridionale, ma non solo quello, essendo interessato in senso più generale al mondo globale, con le sue radici nel particolare, ho trattato i problemi del Sud, ripercorrendo la storia nei suoi fatti più importanti e le purtroppo consolidate tappe del suo sottosviluppo avvitato su se stesso e stratificatosi nel corso del tempo. Da libero pensatore ho riconosciuto nell’Unità d’Italia, un evento storicamente importante anche se preoccupato per gli effetti della sua incompiutezza, sul piano dell’integrazione, sul piano umano, culturale, economico e sociale, con gravi danni per l’intero insieme italiano, senza più oltre, la storica dannata divisione Nord – Sud. Con un mio scritto “Unità, Unità, Unità”, inserito nel recente mio libro “Cara Italia ti scrivo”, analizzavo l’importante funzione dell’insieme italiano, riconoscendo all’unità italiana quell’importante ed utile funzione per il bene degli italiani di tutti gli italiani e per il futuro che rischia e non poco, di essere un futuro negato se ci si attarda su sterili ed inopportune contrapposizioni Nord/Sud e si continua a vedere ancora oggi a 150 anni da quegli eventi e da quei protagonisti, i mali attuali del Sud italiano oggi. Nell’aggressione alle cose da me dette, il frutto di un’attenta analisi di 150 anni di storia italiana, venivo considerato un venduto dei “padroni” del Nord, un traditore del Sud che aveva combattuto gli invasori, convinto che erano altre le strade da percorrere.  Ma quali? Non è stato mai chiaramente detto; in modo del tutto strumentale, è stato detto che il paternalismo del Sud borbonico era migliore della “libertà” piemontese; tanto per benessere, per occupazione, per qualità della vita e per le più generali condizioni di sviluppo. Purtroppo, falso, falso, falso. Basta osservare attentamente le vere condizioni del popolo meridionale (del popolo, per intendersi, non dei pochi nobili e cortigiani privilegiati, distanti anni luce dalle reali condizioni del popolo, assolutamente suddito maltrattato e non sovrano, in alta percentuale analfabeta, con oltre il 90% e senza lavoro e tantomeno terre da coltivare). Al Sud, prima dell’Unità, dovuta all’invasione dei piemontesi, c’era un vero e proprio esercito fatto da un popolo straccione, ricco delle sole braccia, violentemente usate per fini di sfruttamento da chi aveva il possesso della Terra in mano ad un latifondismo oscurantista e medievale per niente interessato a cambiare ed a collaborare per il cambiamento della “stracciona” società meridionale che, finalmente dopo l’Unità, compie liberamente una grande rivoluzione silenziosa cercando il pane altrove e scoprendo che altrove nel mondo, poteva essere garantita la dignità da sempre offesa della propria persona. Le bugie dei tanti studiosi di una incompresa dignità meridionale con un’umanità in cammino fortemente civile e proiettata verso il progresso possibile, sono bugie dalle gambe corte. Per fortuna la deriva di un forte revanscismo meridionale che inopportunamente ha infiammato il 2011, l’anno dei 150 anni dell’Unità d’Italia, va perdendo pezzi e si va naturalmente sgonfiando. Ancora sulle barricate forcaiole contro il Piemonte invasore ci sono solo i fanatici oscurantisti fedeli seguaci dei Borboni, per lungo tempo, infedeli sanguisughe della gente meridionale. Oggi, arriva un nuovo libro; è del giornalista-scrittore Giovanni Valentini. Brutti, sporchi e cattivi, con sottotitolo I meridionali sono italiani. Longanesi Editore. Si pone per intelligenza di analisi storica e chiarezza di contenuti in modo alternativo alla pubblicistica dei revisionisti dell’Unità d’Italia ed in particolare di libri di bandiera antipiemontesi, “Terroni” di Pino Aprile e “Il sangue del Sud” di Giordano Bruni Guerri. Non sono stati i soli ad accendere un certo integralismo forcaiolo contro l’Unità d’Italia e contro i piemontesi che l’hanno promossa. Io sono ancora fortemente convinto dell’Unità come una grande opportunità per costruire insieme da italiani uniti un nuovo corso della storia del nostro Paese; non può esistere un’Italia senza il Sud. Partendo da questo presupposto tutti dovrebbero capire l’importanza ed adoperarsi per un armonico ed equilibrato insieme italiano che non ha proprio bisogno delle inutili ma pericolose contrapposizioni dei terroni del Sud contro i polentoni del Nord. Da meridionalista italiano, progressista ed aperto alla mondializzazione umana che certamente non sanno apprezzare i fanatici forcaioli, continuatori di un mondo borbonico imbellettato e chiuso in sé stesso, con la sua schiera di cortigiani e di ruffiani, saluto con compiaciuta gratitudine il saggio di Giovanni Valentini; un libro-verità per le cose dette e serenamente raccontate per contribuire a quel miracolo di italianità necessaria a tutti gli italiani. Nel nostro Paese c’è in giro una cultura secessionistica che non giova a nessuno; per il bene di tutti, abbiamo fortemente bisogno dell’insieme italiano, così come dell’insieme europeo con alla base l’unità dei popoli d’Europa e più in generale, per il futuro del mondo e di un mondo nuovo, dell’insieme umano, universale come importante obiettivo dell’uomo della Terra, in un contesto di un NOI UNIVERSALE in una Terra-Stato per una società mondo. Ma oltre l’opportuna divagazione sul futuro dell’uomo, mi sembra opportuno riprendere il discorso riguardante i problemi di casa nostra nel non facile rapporto Nord/Sud, così come attentamente ed intelligentemente osservati da Giovanni Valentini, il quale si chiede e ci chiede di immaginarsi un’Italia senza il Sud. L’Italia non può proprio fare a meno del Sud; nonostante i suoi tanti difetti, è del tutto, inammissibile pensare ad un’Italia senza il Mezzogiorno. Ha ragione Valentini quando dice che il revanscismo nel meridione, è inutile se non del tutto pericoloso ed inopportuno. Ma il Sud, avvitato al suo passato, proprio non si decide di cambiare; è come fermo e vive con indifferente compiacimento le sue storiche debolezze, con i vizi ed i difetti di sempre; con quei vizi e difetti che non gli hanno permesso quel salto di qualità verso il futuro possibile. Le colpe di tutto questo sono ancora oggi del Sud e nel Sud; è assolutamente fuorviante ed inopportuno così come riconosce Valentini e Marco Di Marco autore di Terronismo, attribuire le responsabilità storiche a quell’ormai lontana Unità d’Italia, pretestuoso alibi consolatorio per continuare a tradire, ad ingannare le popolazioni meridionali, per troppo lungo tempo, vittime di se stessi, di alibi consolatori assolutamente fuorvianti dei propri fallimenti, dovuti a vizi, a difetti ed a comportamenti purtroppo sbagliati, fortemente cristallizzati soprattutto, nell’identità collettiva meridionale, ammalata di familismo e di incapacità ad agire ed interagire per il bene comune.

Ma se ancora sono presenti e palpitanti questi mali al Sud non è, come giustamente fa osservare Valentini, colpa dei torti veri o presunti di 150 anni fa; sono mali del presente, dovuti a comportamenti antropicamente sbagliati e poco responsabili in tanta parte umana e territoriale del Sud, sempre più piagnone, sempre più avvitata su se stessa e furbescamente pronto a defilarsela di fronte alle responsabilità, delegandone nella logica di sempre, le soluzioni, con il risultato di soluzioni sbagliate e dannose all’interesse generale, in quanto faziosamente egoistiche e di parte. Il malcostume ancora presente al Sud, è un malcostume che ha le sue radici profonde nella gente meridionale, nella diffusa società dei furbi, ancora abbondantemente foraggiati con favori da tutte le parti politiche sia di destra che di sinistra e di centro. Nella palude meridionale di prepotenze, di sprechi, di sopraffazione e di sempre nuovi e crescenti disagi, domina con poteri indiscussi ed indiscutibili la malasocietà; mafiosi, camorristi e ndranghetisti sono al loro posto con una continuità senza interruzione. Sono forse gli eredi naturali di quel lontano fenomeno che la storia d’Italia ci ha imparato a conoscere come brigantaggio? L’endemica criminalità organizzata del Mezzogiorno non è per niente un valore aggiunto virtuoso; mafiosi e camorristi sono un grave ed inguaribile cancro sociale; sono l’espressione purulenta ed infettante ad ampio raggio di un grave fenomeno sociale che oggi come ieri, non permette al Sud di cambiare, di incamminarsi sulla via dello sviluppo possibile e del progresso umano e territoriale, affidandosi alle sue tante risorse sprecate, ai suoi saperi ed alla grande generosità della sua Terra che un tempo produceva in modo sano e salutare, dando corso ad una dieta salutistica che si chiama “dieta mediterranea”, oggi patrimonio dell’umanità con alla base il made in Itay agro-alimentare ricercato in tante parti del mondo; un made in Italy purtroppo sempre più contaminato da prodotti che portano oltre al marchio della Buona Terra, la sofferenza delle violenze agli uomini ed alla natura da parte di un mondo criminale e malavitoso che, come piovra, si estende ovunque, impadronendosene e cambiandone purtroppo le caratteristiche di sempre. Se il Sud è ammalato di malasocietà e di criminalità organizzata non è certamente per fatti genetici legati al DNA; è piuttosto un fatto ascrivibile ad errati comportamenti umani che trovano la loro ragione di essere nell’indifferenza per la cultura, nella poco attenzione per la comunicazione autentica e nel diffuso disimpegno al protagonismo; non cittadini ma sudditi; non popolo, ma plebe; non interessati a fare da sé, ma disponibili e proni a delegare agli altri le proprie scelte, in tutte le direzioni possibili, comprese quelle riguardanti il futuro dei loro figli, sempre più violentemente traditi dai familistici ladri di futuro in agguato in tutto il Sud.

Il Mezzogiorno e sono convinto e d’accordo con Giovanni Valentini, deve necessariamente cambiare per non morire; deve cambiare la gente del Sud, se vuole per sé un futuro migliore (e può averlo); se vuole sfidare anche l’impossibile e costruirsi un mondo nuovo, bandendo violenza e criminalità, per un domani di pace sociale, di libertà umana, di dignità e di attivo protagonismo della speranza. Il Sud deve sapersi riconsiderare e fare le scelte giuste; fare soprattutto le scelte, per evitare ulteriori abbandoni e desertificazione dei suoi territori, tra l’altro, ricchi oltre che di sole e di mare, di saperi, di cultura, di giacimenti culturali e di tanti sapori mediterranei unici ed inconfondibili e di tante testimonianze storiche e paesaggi mozzafiato dove è veramente bello vivere, dove è assolutamente possibile fare un turismo nuovo e di qualità, cambiando il corso dell’attuale turismo stagionale che non produce, come dovrebbe e potrebbe, ricchezza e lavoro. Bisogna fare bene e presto; attardandosi nelle scelte ci ritroveremo con un Sud sempre più difficile da cambiare per effetto di una crisi demografica che non allenta la morsa, ma inesorabilmente aggrava i mali del futuro di un Sud costretto a perdere ancora oltre 2 milioni e mezzo di giovani sia per il calo delle nascite, dovuto al fenomeno delle culle sempre più vuote, sia alla crescente fuga in cerca di lavoro altrove. Il Sud può farcela ed avere il suo giusto posto nella storia dell’Italia unica ed indivisibile, soprattutto come insieme di popolo veramente unito. Per questo importante e nobile obiettivo, mettendo da parte vecchi stereotipi, deve riconsiderarsi ed affidarsi non agli altri, ma a se stesso. Rimboccandosi le maniche, i meridionali e lo possono fare perché hanno le risorse e le capacità per farlo, devono fidare su se stessi; devono imparare a fare da sé. Concludo facendo mio il pensiero di Valentini secondo cui “solo il Sud può salvare il Sud”; è vero. Non si può pensare a forme di sviluppo eterodirette; bisogna invece saper pensare a forme possibili di sviluppo autocentrato.