Esiste ancora l’universalità della cittadinanza e dei diritti sociali?

Giuseppe Lembo

La Dichiarazione universale dei diritti umani approvata il 10 dicembre 1948 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite: “Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute ed il benessere proprio e della sua famiglia con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, alle cure mediche e ai servizi sociali necessari; ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia o in ogni altro caso di perdita dei mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti alla sua volontà – art. 25, comma 1-“. Di concreto che significato ha ancora oggi la Dichiarazione universale dei diritti umani? È migliorata o purtroppo, abbondantemente tradita in tutto e da tutti? Le istituzioni del mondo oltre al governo spesso caritativo della povertà e della marginalità umana e sociale, sanno poco adoperarsi per l’eliminazione delle povertà, utile e funzionale a liberare l’uomo dal bisogno, il primo e più importante diritto per vivere da uomo libero sulla Terra. C’è da noi e nel mondo, almeno a parole e come buoni proponimenti un atteggiamento condiviso e diffuso di accettazione sociale del cambiamento. Ma a quali condizioni? Saranno ridotte così come è necessario, le distanze sociali degli uni verso gli altri? Come siamo oggi messi con le disuguaglianze, a parole sempre meno condivise? L’obiettivo di ridurle, interessa veramente e concretamente gli uomini della Terra? Ancora oggi il mondo della Terra che si identifica nell’intraprendenza umana e del coraggio al fare, sfidando anche l’impossibile, tende sempre e comunque, a considerare meritevoli i più capaci, a cui si deve tutto quello che meritano, anche a costo di far crescere le disuguaglianze e l’esclusione dall’accesso ai diritti dei non meritevoli. Se si vuole veramente cambiare, non sono questi gli obiettivi a cui deve tendere il mondo; il mondo non può assolutamente andare avanti con un sistema umanamente e socialmente iniquo, sempre più incapace di garantire dignità umana e libertà, soprattutto dal bisogno, ad un numero sempre più ridotto di persone fortemente svantaggiate. Tutto questo succede non per scarsità di risorse, ma per scelte infami che tendono a privilegiare altre risorse (trattasi, tra l’altro, spesso di spese contro l’uomo) come nel caso dei miliardi di euro ogni anno in armamenti. Questo si fa come scelta infame da parte di chi tiene il mondo sull’orlo della catastrofe, con guerre distruttive, manifestando la propria indifferenza ad un mondo di pace, di cui hanno veramente bisogno tutti gli uomini della Terra. È giusto, è profondamente umano, pensare ad una vita degna di essere vissuta da tutti e per tutti generatrice, come purtroppo non lo è la vita di oggi, di speranze, di un futuro amico e possibile per l’intera umanità. Bisogna che il mondo dia il giusto posto all’etica ed a quei rapporti sociali che sappiano costruire insieme mondi nuovi anche nelle diversità umane dei nostri tempi, dove tutto è fluido, dove tutto è in veloce movimento, con un’economia che, anziché servire alla collettività ed alle persone, si preoccupa di creare solo privilegi per pochi, schiacciando e subordinando gran parte del mondo alle logiche del profitto che la fanno da padrone assoluto, creando condizioni diffuse di disagio umano, di disperazione e di morte. Per cambiare veramente, bisogna pensare a difendere l’umanità tradita dei senza diritti; per fare questo, bisogna uscire dal tunnel delle barbarie e pensare ad un nuovo umanesimo fortemente solidale  con al centro l’uomo della Terra compresi gli ultimi e non solo gli uomini di potere che pretendono con forza e violenza, il tutto per sé e, nell’indifferenza, tanta umana disperazione per gli altri. Per fare questo, bisogna impegnarsi a far crescere ovunque la cultura, un privilegio di pochi e purtroppo, con grave danno per i tanti che la rifiutano, essendo sempre più indifferente ai più del mondo, attratti come sono da falsi miti e dal godimento casereccio e nostrano di beni che servono solo a soddisfare gli appetiti del proprio stomaco. L’uomo, come dice bene don Luigi Ciotti nel suo libro “La speranza non è in vendita”, per liberarsi dai bisogni, deve sapersi nutrire di quei bisogni nobili e virtuosi, sempre più necessari di conoscenza e di libertà che ci fanno crescere e realizzare socialmente e soprattutto come “saggi” uomini della Terra. Bisogna saper capire che ciascun uomo è un uomo della Terra e che la nostra diversità a confronto, è una grande ricchezza per il bene di tutti, nessuno escluso.I buonpensanti del mondo devono sapersi aprire al mondo e tutti insieme, per il bene dell’umanità, oggi fortemente confusa, lanciare ponti di pace verso tutti i popoli della Terra, prima di tutto, bisognosi dell’amore dell’altro. L’esistenza umana non è pensabile come solo apparire; l’esistenza umana è, prima di tutto essere, valori, umanità; si costruisce insieme attraverso la forza rivoluzionaria della cultura, dei saperi, dell’educazione. Prendere coscienza del proprio essere, significa saper veramente capire al meglio se stessi; è da qui che bisogna partire, se si vuole veramente cambiare il mondo. Il mondo così com’è è sbagliato; il mondo va cambiato. Insieme, i buonpensanti del mondo, leggendo i versi della poesia di B. Brecht, vogliono sentirsi veramente attivi protagonisti di cambiamento ed unirsi per cambiare il mondo. E per questo che, con tanta sofferenza dentro, fanno proprio il grido di Brecht “Ma il mondo così non si muta, i rapporti fra gli uomini così non si fanno migliori, l’era dello sfruttamento così non diventa più breve”. Brecht ci invita ad essere portatori di una nuova umanità; da uomini nuovi e solidali, ci invita a cambiare il mondo, un cambiamento possibile, solo grazie al forte protagonismo umano di ciascuno di NOI.