Quando Peppone va in soccorso di don Camillo

Maddalena Robustelli

 Allorchè fu designato alla parrocchia di San Matteo di Luceto, piccola frazione di Albisola (Sv), a padre Agostino Paganessi fu rappresentato il paese quale una sorta di Stalingrado per la forte presenza di elettori di sinistra. C’erano tutti i presupposti per uno scontro ideologico tra il sacerdote e le rappresentanze istituzionali pubbliche, senonchè la realtà ha superato a tal punto la fantasia da modificare i ruoli dei protagonisti, fino a farli divenire da ostili nemici solidali amici nella vita di tutti i giorni. Difatti un gruppo di fedeli, la cui cura delle anime era stata affidata al padre salesiano, ha scritto al vescovo di Savona, chiedendo di mandarlo via perché “aiuta i poveri stranieri che bussano alla nostra parrocchia ed è troppo aperto e disponibile”. A padre Agostino è stata così contestata “l’accoglienza indistinta anche a chi potrebbe darsi da fare, piuttosto che elemosinare denaro”, costringendo la Diocesi ad inviare un’ispezione, al fine di verificare l’eventuale ammanco di denaro dalle case della chiesa. Nelle more dell’indagine ecclesiastica e contro la levata di scudi di chi voleva che il salesiano dovesse essere mandato via in quanto “troppo aperto e disponibile”, si è levata la solidarietà del Crcs, affiliato Arci, che ha provveduto ad avviare una raccolta di firme a suo favore con lo slogan “Don Paganessi non si tocca”. C. Baccino, presidente del suddetto circolo, a mo’ di un moderno Peppone, ha precisato a nome dei suoi soci che, pur di aiutare i bisognosi, il sacerdote non lesinava di saltare i pasti e di mangiare laddove qualcuno dei suoi paesani gli offrisse un posto a tavola. Alla vicenda è indubbiamente conseguita una particolare descrizione di don Agostino, ossia quella di un uomo di Chiesa profondamente intriso del valore cristiano della carità. A lui che affermava a sua difesa “io do il mio, ciò che posso dare ai poveri secondo le mie possibilità, non mi sembra un’eccezione, la Chiesa lo insegna”, il vescovo ha risposto con i risultati dell’indagine interna, giunta alla conclusione che il salesiano non aveva per nulla attinto ai fondi della parrocchia per aiutare i poveri del comprensorio. Il sacerdote in questi giorni non si è rammaricato tanto dell’atteggiamento dei suoi denigratori, quanto del clamore dell’ avvenimento in sé, che lo ha fatto assurgere ai fasti della cronaca nazionale, con la conseguenza di ampliare a dismisura le richieste di aiuto provenienti da bisognosi di ogni parte d’Italia. La luce intensa dei riflettori della popolarità non si addice a padre Agostino, che intende continuare la sua missione senza il rumoroso tam tam mediatico. La sua innocente meraviglia di fronte alle accuse mossegli è la degna risposta a quella parte della sua comunità che vede l’extracomunitario che bussa alla porta della chiesa, il povero che chiede l’elemosina sui gradini della parrocchia, il bisognoso che tende la mano per chiederti di aiutarlo a pagare la bolletta della luce, come persone di una categoria inferiore da scacciare e porre ai margini della società. Forse, una fede politica può allontanare gli individui dal rispetto dei valori cristiani, ma un altrettanto e diverso credo ideologico può dimostrare che, seppur lontani nelle appartenenze ideali, si può condividere e nel contempo rendere concreto e pratico il sentimento umano della pietà, solo che lo si voglia. Scacciato dal credente che lo accusava di elargire denaro ai bisognosi, accolto dall’ateo che offriva un pasto caldo a chi se ne privava per  aiutare i più poveri, questo è lo spaccato di una comunità sulla quale don Agostino dovrà ancora lavorare, e di molto. Probabilmente gli onori della cronaca lo hanno infastidito, lui che vuole praticare la carità in silenzio, ma, di certo, a noi credenti hanno fatto un gran bene. Vorremmo credere che il compianto cardinale Martini, allorquando si riferiva al forte bisogno della Chiesa di “uomini che ardono in modo che lo spirito possa diffondersi ovunque”, pensasse a figure come questo padre salesiano, il quale, ribadendo che il suo operato non gli pare un’eccezione perché “la Chiesa lo insegna”,ha dimostrato di rendere tangibili gli insegnamenti predicati quotidianamente. A noi increduli spettatori di un film diverso da quello che vedeva  come protagonisti Peppone e don Camillo, figure emblematiche dell’Italia del secondo dopoguerra, non resta altro che constatare che il nostro Paese non sia più capace di dividersi sulle ideologie per poi ricongiungersi sulle soluzioni pratiche da approntare per risolvere i problemi. Rimaniamo distanti e configgenti sempre e comunque, pronti a seguire chi ci indichi la strada necessaria, diversa a seconda di chi ne presceglie la meta finale. Difficile trovare colui che guardi all’interesse collettivo, scevro da preconcetti ideali ed ideologici e mosso unicamente dalla volontà di offrire un servizio disinteressato alla propria comunità. Don Agostino ha ben amalgamato i laici ed una parte dei credenti di Luceto, in nome di un ben chiaro e specifico obiettivo, facendo divenire il suo impegno cristiano quella “brace capace di liberare la Chiesa dalla cenere, in modo da far rinvigorire la forza dell’amore” (card. Martini).