Prostitute…in case chiuse!

di Rita Occidente Lupo

Un mestiere antico…quanto il mondo. Quello di pubbliche donne che, già dall’età romana, allietavano le giornate maschili. La prostituzione, anche ai tempi di Cristo, vissuta come l’ostracismo femminile: come la corruzione per antonomasia che anche alla Maddalena, peccatrice conclamata, faceva capire che il suo era destinato ad essere sempre un rango ghettizzante. Un tempo, case di tolleranza, con specchiere, alcove di piaceri, tra profumate fanciulle e prezzolati clienti. Tra perbenismo e vizio, fariseismo e depravate pubbliche virtù. La legge Merlin, con la strenue senatrice socialista che la firmò, sigillò le case del piacere. Legittimando l’asfalto, di meretricio affaristico. Liceizzando sfruttamento e favoreggiamento, con tutti i rischi connessi a tale professione. Nel tempo, una mappatura demografica interculturale. Interetnica, alla luce dei costanti flussi migratori, negli ultimi tempi dell’Est: esche a facile gittata, quante speravano nel Paese della cuccagna! Oggi, la prostituzione in strada, ammessa, ma punita l’incentivazione. Alla luce del vespro, non tanto del sole, quante cercano di vivere la giornata donando il proprio corpo al miglior offerente. Stabilendo tariffari diversi, a seconda del luogo e della condizione. Della persona e della “professionalità” , perché anche di questo oggi si parla, rivisitando lo stesso termine “escort” sconosciuto fino allo scorso decennio. Ma la prostituzione, nonostante le svariate retate, da parte delle Forze dell’Ordine, nel mirino della legalità, tra alti e bassi. Nei giorni scorsi, la decisione choc a Godega Sant’Urbano, in provincia di Treviso: via libera alla prostituzione domestica, purchè non intaccante l’andamento civico!  La decisione, assunta dal sindaco Alessandro Bonet, nel rispetto del nuovo regolamento, che reintroduce il divieto di fermare il veicolo lungo le strade comunali, per contrattare prestazioni sessuali a pagamento. Precedentemente, Bonet  aveva emesso un’ordinanza anti-prostituzione, con sanzione pecuniaria per prostituta e cliente, appellandosi alla Costituzione, quali il diritto alla salute e alla libertà personale. Il tutto, al fine d’ovviare a sfruttamento, violenza, degrado e malavita. Il discorso però sembra destinato ad ampliarsi a quanti, vestendosi da censori, allungano il cannocchiale della curiosità, per comprendere fino a che punto la diatribata legge Merlin, non debba ancora oggi essere incarnata per tutelare il buon costume. Quello cioè, che vieta al chiuso, di lasciarsi andare ai piaceri piccanti della sessualità ed al vizio di consumare l’edonismo a qualsiasi costo!