Cambiare per non morire, la borghesia italiana

Giuseppe Lembo

Nel nostro Paese la borghesia è, comunque e nonostante tutto, in un ruolo di primo piano; assolutamente centrale nel governo della società che può vivere o anche morire di borghesia. E’ veramente arrivata al capolinea?  Non è forse e più con il suo fare schiacciante e sempre e più invadente, di prima linea a dominare come un tempo, le scene? La borghesia italiana da sempre e come sempre, occupa il potere e per non lasciarselo scappare, lo esercita sempre più egoisticamente, tutto per sé. Nel nostro Paese è crescente la mancanza del rispetto istituzionale; la nostra gente, qualunque sia l’appartenenza, ha ormai perso il senso dello Stato; così facendo, il nostro Paese ha perso completamente la bussola. Purtroppo mancano i riferimenti forti; nessuno crede più a niente; c’è tanta sfiducia dell’uno verso l’altro; tutto questo sta succedendo in situazioni di grave crisi economica, accompagnata da una altrettanto grave crisi politica e morale. C’è l’indifferenza per l’altro; c’è il rifiuto del dialogo e di ogni possibile confronto. Tutto questo, in un’attenta analisi che ha radiografato la borghesia italiana, ci viene raccontato dal sociologo Giuseppe De Rita, presidente del CENSIS nel libro di sole 90 pagine, edito da Laterza, dal titolo “L’eclissi della borghesia”. Il libro è scritto in collaborazione con il giornalista Antonio Galdo. Entrambi si soffermano con grande attenzione sull’anomalia italiana fortemente legata alla crisi della borghesia, una crisi che non permette al nostro Paese di svilupparsi e sviluppare al suo interno, una nuova classe dirigente, necessaria per non morire, essendo quella attuale, ormai rattrappita ed assolutamente priva di slancio vitale nelle decisioni e nelle scelte importanti. Con l’esplosione del ceto medio, è del tutto scomparsa quella vecchia idea di borghesia, così come nella definizione marxista, una definizione ormai defunta ed assolutamente indifferente agli analisti sociali del nostro Paese. La borghesia, dicono De Rita e Galdo, è nel nostro Paese, sinonimo di classe dirigente e di èlite intellettuale illuminata ed illuminante. Il ceto medio è altro rispetto alla borghesia; è massa anonima ed indifferenziata, animata solo da pulsioni individuali, tese al miglioramento delle proprie condizioni economiche, anche se, cammin facendo, si scivola, degenerando, nella corsa sregolata tendente al solo guadagno ed all’arricchimento facile e spesso da vera e propria rapina. Borghesia e ceto medio non sono figure sociali in conflitto; non sono, tra l’altro, concorrenti. Nel nostro Paese rappresentano, così come sono e si esprimono, due modi di essere; due destini contrapposti. La borghesia ha avuto in Italia un ruolo di primo piano fin dal Rinascimento. L’obiettivo borghese nella società italiana era quello di prendere decisioni al di sopra ed al di fuori dei propri interessi; al centro dell’azione borghese c’erano sempre e soprattutto gli interessi generali, identificabili negli interessi della Patria, della Nazione. L’egemonia borghese perde peso ma non viene azzerata nell’epoca del fascismo. Ma è soprattutto nel dopoguerra che una squadra di borghesi, da Bruno Visentini definita di “Gran borghesi”, è stata attivamente al lavoro per reinventare un Paese scassato e con redditi pro capite da fame africana. Della squadra borghese impegnata a cambiare le sorti del Paese facevano parte Raffaele Mattioli, Pasquale Saraceno, Adolfo Tino, Ezio Vanoni, Alcide De Gasperi che, per lunghi decenni, governò le sorti politiche italiane, realizzando un’Italia rinata e per tanti aspetti, nuova. La borghesia italiana esaurisce il suo ruolo di “governo” del Paese alla fine degli anni sessanta, quando l’Italia si prepara a vivere gli anni d’oro del miracolo economico che portò il nostro Paese ai primi posti nel mondo, per crescita industriale e sviluppo economico. È questo il tempo che darà inizio, nel nostro Paese e nel mondo, all’esplosione dei consumi nel Nord del triangolo industriale e nel Sud, sostenuto da una grande generosità dello Stato sociale. Il ceto medio diventa nel nostro Paese, il centro della società e della politica italiana; è da qui che parte l’iperbole dell’Io che raggiunge il massimo dell’esplosione sociale con Berlusconi ed il berlusconismo. Purtroppo, vanno sempre più scomparendo le qualità borghesi della mitezza, sostituite, con grave danno per tutti, dall’arroganza amorale, dall’egoismo, dal presentismo. Cresce in tutto il Paese, l’amoralità quotidiana dell’evasione fiscale che raggiunge percentuali del 38%. Perché in Italia è fortemente radicata la cultura dell’evasione? Prima di tutto, perché gli italiani non si fidano del governo sprecone della spesa; si spreca di tutto e di più; si spreca, si spreca soprattutto nel funzionamento dei nostri apparati. Camera e Senato con la Presidenza della Repubblica, un insieme inutilmente ed inopportunamente elefantiaco, costano ben due miliardi di euro. Sono soldi italiani, purtroppo, malspesi; siamo primi al mondo nella spesa per gli apparati di rappresentanza. Così, certamente non si può andare avanti. Mentre da una parte si spreca, dall’altra, per tutte le urgenti necessità del Paese (ultima l’accise sulla benzina per il terremoto in Emilia), si chiede al popolo-massa, di sostenerne i costi. Ma così, proprio non va; il popolo italiano è stanco, non ha più risorse e vuole liberarsi e per sempre di tanti fannulloni che, tanto sprecano per sé; così facendo, si sono interamente mangiato il futuro di questo nostro Paese. Basta con i ladri di futuro! Tutti insieme, con la forza democratica dell’orgoglio umano italiano, organizziamoci e cacciamoli, liberandoci e liberando così il Paese del malseme che ci fa tanto male ed avvelena il futuro, togliendo a tanti, la necessaria vitalità umana e creando situazioni sempre più diffuse da futuro negato. Nella politica italiana si è radicato un forte “presentismo”, finalizzandolo a  governare ovunque nel Paese, oltre il limite consentito del personale. Si è pensato alla politica a vita. Nasce in questo clima la gerontocrazia italiana; su 8000 sindaci solo 70 hanno meno di 30 anni e 300 con meno di 35. È, per l’Italia, l’epoca caratterizzata prevalentemente dal “mondo dei furbi”; non si dà più di tanto, peso al peccato ed al reato.  La coscienza individuale è l’unico arbitro dei propri comportamenti; le regole non devono assolutamente soffocare la realtà personale che è intoccabile, avendo caratteristiche poco terrene e sempre più fortemente divine. Per fortuna, il ciclo della soggettività, nato con Berlusconi, si sta ormai esaurendo. Sugli scenari italiani tornerà ad avere un ruolo di primo piano la Borghesia? Tornerà il NOI al posto dell’IO?  C’è da augurarselo e per il bene di tutti. Lo sfascismo del presente è fatto di sole macerie e quindi va urgentemente cancellato. Tanto sembra più che opportuno e giusto; occorre, per il bene del Paese, cancellando quella attuale, assolutamente fallimentare, restituire alla società italiana fortemente in crisi, una classe dirigente dal respiro nazionale, capace, prima di tutto e soprattutto, di aiutare concretamente il Paese a crescere e di fare altrettanto concretamente gli interessi della gente, ormai ridotta, nell’indifferenza di chi la governa, in condizioni di disagio estremo, tanto da non riuscire a campare e come ratio estrema, preferire la morte ad una vita dannatamente impossibile. Occorre rigenerare la società per rigenerarsi, dando ai cittadini l’importante  ruolo di organizzare il welfare ed allo Stato il ruolo concretamente operativo di organizzare il Governo del Paese; è questo il concetto fondamentale di “sussidiarietà”, al centro del dibattito politico europeo e già fatto proprio dal Trattato di Lisbona (la nuova Costituzione Europea del 2007). Ma che ne è rimasto di quel Trattato? La Costituzione europea non è stata forse ridotta a pura Costituzione di carta, priva com’è dell’anima dei popoli d’Europa? La borghesia europea e soprattutto la borghesia italiana, può anzi deve ripartire da qui. È importante per il futuro del nostro Paese e per l’insieme dei popoli d’Europa, l’impegno politico spontaneo di fasce sempre più larghe di cittadini. Possono meglio garantire l’insieme umano ed i veri valori dei popoli d’Europa. Tanto serve anche e soprattutto al nostro Paese; un percorso necessario, come ci dice De Rita e Galdo, “…. per uscire dalla palude e dall’immobilismo”, che fanno dell’Italia, un Paese di sole anime morte; un Paese assolutamente senza futuro, essendo ormai dal futuro cancellato per colpa dei ladri di futuro che hanno costruito i tristi scenari di un’Italia senza figli, di un’Italia, dove sono sempre più, le persone in grave crisi esistenziale che, sempre più sole con se stesse, maledicono il giorno in cui sono venute al mondo, essendo condannate dai tanti potenti di turno a “godersi” (si fa per dire), il proprio inferno terreno, come viatico necessario per un probabile paradiso celeste, tutto da …. scoprire, una volta chiuso il conto, con le pene di una grande umana sofferenza in Terra.