Scoutismo e religione: la buona azione

Padre Oliviero Ferro

La pratica della Buona Azione quotidiana è un mezzo per essere buoni non solo a parole, ma soprattutto per sviluppare la spiritualità e far sì che i ragazzi diventino, in concreto, dei cristiani e, più in generale, assumano un atteggiamento positivo e attivo. Nel 1865, a otto anni, così BadenPowell scriveva nelle “Leggi per quando sarò vecchio”:”Bisogna pregare Dio ogni qual volta lo si può, ma poiché non si può essere buoni per mezzo della sola preghiera, bisogna darsi molto da fare per arrivare ad essere buoni”. Più tardi, nel 1936, maturava la sua riflessione, scrivendo queste belle parole, frutto della sua esperienza di vita “un motto che mi piace molto e che ogni Scout dovrebbe considerare e seguire è questo: io passerò di qui (per questa vita) una sola volta; è per questo che tutto il bene che io posso fare agli altri devo farlo subito. Che io non lo rimandi a più tardi o che io non lo dimentichi, perché non passerò più di qua”. Parlando dei Lupetti (i più piccoli), dice che hanno un sistema brevettato per essere felici. Forse è: il correre e il giocare, esplorare il Paese, imparare e conoscere le abitudini degli animali e degli uccelli? “I Lupetti fanno tutte queste cose e ne sono felici, ma hanno un mezzo ancora migliore. E’ molto semplice. Sono felici, rendendo felici gli altri. E cioè, ogni giorno fanno un piacere a qualcuno. Non importa chi sia la persona”. Questo piacere o Buona Azione (BA) non occorre che sia una gran cosa. Se questa diventa una moda, una bella abitudine, è il mezzo migliore per fare dei ragazzi dei cristiani di fatto e non soltanto in teoria.  Conclude, ricordando che “tutti i singoli punti della disciplina, del sacrificio di se stessi, del compimento di buone azioni(cioè il lato morale della formazione) non costituiscono il fine ultimo di essa. Essi formano solo un altro passo, un passo che sgombra il terreno…per gettare il seme di una spiritualità che poi rimanga la loro guida e il loro baluardo per la vita”