Vernacolo di vita nelle liriche di Mirella Costabile

Rita Occidente Lupo

Capita talvolta che, i poeti, afferrino il filo del proprio cuore, più che quello dei propri pensieri. E spazino in lungo ed in largo, rischiando anche di perdersi nei meandri d’una sensibilità, non sempre appagante i fruitori. Coloro che anche distrattamente, si ritrovano a sfogliare pagine del tempo, senza collocare in uno spaccato reale, quanto le righe comunicano ai più razionali. Non è così per la produzione letteraria di Mirella Costabile, che riesce a ben dosare gl’ingredienti dei suoi versi. A calibrare, nella sfera contemporanea “quelle pozioni medicamentose” che, al di là del camice bianco, indossato da farmacista, giungono diritte al cuore. Dalla lingua italiana, allo scoppiettante vernacolo, affonda la penna in quella sensibilità che spesso rifugge dall’accademico presente. ” La mia- dichiara la Costabile- una continua sperimentazione. Di qui il passaggio al vernacolo, dopo aver appreso la lezione dei grandi poeti, partendo dal sommo vate Alighieri. Il mio amore per il verso, già dalla tenera età. Masticando le abitudini che si svolgevano nel mio paese d’origine, apprendendo quel vernacolo che ancora oggi, mi rimanda i suoni del passato. La poesia esiste nell’universo ed il peta, un semplice transfert. Che asseconda il ritmo del cuore, vivendo anche d’enjambement, che scortano le emozioni e contribuiscono, anche attraverso le onomatopee, a rimandare quell’emotività che parla al cuore. Se così non fosse, se il ritmo non esistente e le parole alla rinfusa, senza ritmare la stessa escalation sentimentale, non potremmo parlare di poesia!” I temi, i più disparati, che partono dalla cortina del presente, per adottare anche il flash back, nello scavo psicologico. Un costante raccordo con un passato rivisitato da una non comune emotività, ancora pulsante d’orrori e brutture. Riuscendo a comunicare il suo disappunto, per lutti giustizieri. In vernacolo vietrese, quello che l’è consono per natali, scorcia una Divina, che non cessa d’affascinare per l’inscindibile pennellata ambientale. Tra il verde della vegetazione incontaminata ed il cobalto marino, profumi d’una terra ancora sirena turistica. Nel vernacolo, la Costabile ritrova ciò che il cuore le consente di rimandare, in quella “‘A cummedia r”a vita”, che ripresenta ogni giorno, occasioni e finzioni. Misfatti e storture, bellezze e coni d’ombra. In un acquerello sentimentale, in cui l’amore ancora soccombe alla solitudine. La Costabile fotografa l’umano andare, quasi per sentieri, quelli dello spirito, che non sempre incontrano viandanti, virtuosi compagni di viaggio. Anzi, in cui pare che, a parlar di cuore, ci si rimetta il cuore! E, della tradizione partenopea, vivida in Viviani e De Curtis, Russo e De Filippo, non rinnega note contemporanee, restando fissa ad una sorta di sentimento del tempo, oscillante tra presente e passato: in un’originalità poetica, che supera selciati già battuti da altri. Senza emulazione alcuna, rigettando la tentazione d’identificarsi in una corrente o in un’altra, supera gli stessi parametri letterari anche nella narrazione prosastica, forgiando una personalissima vena autobiografica.