Mtu Mwanaume (uomo, maschio)

Padre Oliviero Ferro

Mi raccontavano sempre questa storiella in Africa: “Dato che l’uomo è stato creato per primo e la donna per seconda, l’uomo ha tutti i diritti…e la donna tutti i doveri”. Questa cosa l’ho sentita diverse volte. Ad esempio, quando un figlio di un poligamo andava dal padre a chiedere un aiuto per andare a scuola, veniva invariabilmente mandato dalla madre, perché l’uomo aveva già fatto la sua parte. Ora toccava alla madre. E così di seguito. Gli esempi sarebbero molti. E’ un po’ la mentalità in cui crescono anche i giovani africani. Il maschio è il primo, è colui che parla in pubblico, che mangia per primo, che può disporre dei soldi, che fa solo alcuni lavori (diciamo, intelligenti). Insomma è il padrone, il chef, il capo. La donna, invece deve fare tutto il resto. Negli incontri, nelle omelie, dei discorsi nel villaggio si cercava di far passare il discorso di uguale dignità, di rispetto. Ma la risposta era spesso:”qui non siamo in Europa, siamo in Africa. Si è sempre fatto così, è la tradizione”. Quasi ci fosse la paura a considerare l’altra persona, diversa, ma uguale a noi. Lo si vedeva anche durante il kilio, la settimana che seguiva la morte di qualcuno. L’uomo andava nella casa del defunto e non faceva niente, aspettava l’ora di mangiare e bere. Mentre le donne dovevano cucinare, insomma accogliere bene i visitatori maschili. Ma naturalmente ci sono anche delle eccezioni. Mi ricordo sempre una famiglia. Lui si chiamava Jean (Giovanni) e lei Jeanne (Giovanna). Si volevano davvero bene, lavoravano insieme, seguivano i figli e partecipavano alla vota della comunità cristiana. Insomma, una vera famiglia di Nazareth. Un giorno si scopre che Jeanne ha un tumore. Il mondo sembra crollare addosso alla famiglia. Ma Jean non si dispera. Capisce che deve fare anche la parte della moglie. E comincia la nuova vita. Oltre a seguire la moglie ammalata, si cura di lavare i vestiti, pulire la casa, coltivare il campo e seguire i figli. Naturalmente non dimentica di partecipare alla piccola comunità cristiana il lunedì, alla messa della domenica e fa pure parte del consiglio degli affari economici. Ogni tanto andavo a visitarli. In casa loro si respirava un’atmosfera di fede, di serenità. Non li ho mai sentiti disperarsi. Finchè un giorno, si avvicina il momento di partire. Jean viene a chiamarci per portare l’olio degli infermi alla sua Jeanne. Preghiamo insieme. Jeanne riceve l’Olio. Si respirava tanta serenità, tanta speranza che sono tornato a casa edificato e quasi vergognoso perché io non avevo il medesimo coraggio che avevo trovato in quella casa. Dopo qualche giorno, arriva la notizia che Jeanne è morta. Si fa la veglia funebre in casa con la piccola comunità. E il giorno dopo il funerale in chiesa. Jean non ha smesso il suo sorriso, non ha perso la fede. Ci ha dato una testimonianza di amore concreto, anche nella difficoltà. Si potrebbe dire “Questo è un uomo, che non ha paura di amare”. Quando si vuole, con l’aiuto di Dio e con l’impegno personale, si può cambiare il mondo, cominciando da casa propria.