Il Paese del Sol Levante ricorda le sue vittime

di Rita Occidente Lupo

Il Giappone ha ricordato la tragedia dello scorso anno, fermandosi per un attimo dinanzi alla catastrofe imprevista, che l’ha sfigurato senza appello. Il sisma di magnitudo 9, marzo 2011, ha seminato migliaia di lutti e distrutto altrettante dimore, creando inevitabile panico anche negli occhi a mandorla, avvezzi a vivere “ballando”. A catena, le scosse autrici di uno tsunami gigantesco, onde oltre 40 m.d’altezza, inglobando furiosamente quanto incontrato sul cammino. Una tragedia associata alla crisi nucleare di Fukushima, peggiore di quella di Chernobyl. L’imperatore Akihito e la moglie Michiko, al Teatro Nazionale di Tokyo, con le massime autorità, hanno imposto minuti di silenzio attonito per un evento, annoverato tra i dieci più violenti nello scorso secolo. Insieme a quello del 1960 in Cile e successivamente in Alaska, anche questi lungo la Cintura di Fuoco del Pacifico. Quello del  2004 a Sumatra, ugualmente intenso col suo tributo di vite umane. In Giappone, circa 16.000 morti, 3.200 dispersi e oltre 25.000 feriti. Intorno alla centrale nucleare di Fukushima, inenarrabili danni! Da tale ennesima tragedia il Paese, con quella fierezza che già lo contraddistinse dopo Hiroshima, continua ad andare avanti operativamente, anche se deve alzare la guardia del nucleare, in quanto a contaminazione. Di qui le proteste contro l’atomo a uso civile, con vere e proprie catene umane anti nucleare. L’impegno, da parte istituzionale, a tutelare la sicurezza civica, affinchè il passato non costituisca il killer del futuro. Realtà o sterili promesse di convenienza, inchiodate solo al palo delle pie intenzioni?