Danneggia più un prete eretico che uno pedofilo!

Carlo Di Pietro

A seguito della recentissima visita da parte del Dottor Rowan Douglas Williams, cosiddetto “arcivescovo” (che non è) di Canterbury – presso la capitale della cristianità che è Roma – al Santo Padre Benedetto XVI, ho notato che: 1) finalmente si è ripresa la sana abitudine di non lasciare sempre vuoto lo Scranno Papale, come era solito fare Papa Giovanni Paolo II, e di accogliere presso la Sede della Cristianità, le pecorelle smarrite. Speriamo che duri, così come è accaduto per 1930 anni circa; 2) su vari forum “cattolici” si sono manifestati, come corvi sotto la Croce in cerca di sangue, religiosi e laici in preda ad un ecumenismo che definirei “isterico” e non previsto dal Magistero infallibile, quindi eretico. Addirittura c’è stato chi ha gridato al possibile riconoscimento delle ordinazioni sacerdotali anglicane e, nientemeno, all’ordinazione anche delle donne nella Chiesa cattolica. Si sappia che uno dei principali doveri del cattolico, obbligo morale molto osteggiato dai “cattolici” progressisti (spesso “religiosi”), è quello di dire la verità, così facendo si evitano situazioni di ignoranza, dunque come ha ribadito Sua Santità Benedetto XVI, si schiva l'”analfabetismo religioso” che porta al peccato ed alla corruzione dell’anima e fa scendere a compromessi l’uomo con “le onde del mondo”. A tal proposito, è doveroso affermare che l’unica forma di giubilo consentita al cattolico apostolico – quindi fedele a Roma -, in questo contesto, è quanto dichiarato da Papa Leone XIII a termine della  “APOSTOLICAE CURAE”, ovvero: “Certamente la madre chiesa li accoglierà con gioia specialissima e li abbraccerà con ogni bontà e con ogni cura, perché una più generosa forza d’animo li ha ricondotti al suo seno attraverso ardue difficoltà. Per tale forza, è impossibile dire quale lode sia loro riservata nelle assemblee dei fratelli per l’orbe cattolico, quale speranza e fiducia davanti a Cristo giudice, quali premi da lui nel regno celeste! Noi poi, per quanto sarà possibile, con ogni mezzo, non cesseremo di favorire la loro riconciliazione con la chiesa; dalla quale e i singoli e gli ordini, cosa che desideriamo con forza, possono prendere molto per imitarla. Frattanto preghiamo tutti e supplichiamo per le viscere di misericordia del nostro Dio affinché cerchino fedelmente di assecondare l’abbondante flusso della verità e della grazia divina”.[1] Nondimeno bisogna frenare le vampate di entusiasmo eresiarca, in quanto le ordinazioni sacerdotali anglicane sono quelle tentate dalla “chiesa” scismatica anglicana secondo il rito che, suggerito dal Cranmer e promulgato da Edoardo VI (1549/50) nel “Book of Common Prayer”, è invalido a causa di difetti essenziali nella forma sacramentale, la quale volutamente prescinde dal Sacrificio Eucaristico, straniandosi dalle intenzioni di Cristo e della Chiesa [2]. Ordinazioni, quelle anglicane, dichiarate nulle prima da Papa Paolo IV nel 1555 e successivamente da Papa Leone XIII nel 1896 [3]. Anche Giovanni Paolo II, in un momento di lucidità teologica, nel discorso rivolto in occasione del Concistoro straordinario in preparazione al Grande Giubileo (22 giugno 1994), ripropose il pronunciamento della Bolla “APOSTOLICAE CURAE” alla luce della decisione presa dalla Comunione anglicana di procedere all’ordinazione sacerdotale di donne, confermando così l’invalidità degli Ordini anglicani [4]. Ecco che lo scenario sembrò mutare: “A questo punto non è più l’accordo su Eucaristia e ministero a rendere possibile un riesame della Bolla di Leone XIII, ma sono gli sviluppi recenti in seno all’anglicanesimo e il giudizio definitivo di Giovanni Paolo II sull’impossibilità delle donne di accedere al sacerdozio a motivare una diversa valutazione degli accordi sinora raggiunti tra le due Chiese. Ormai la mèta non è l’intercomunione, possibile solamente se ci fosse un accordo sostanziale nella fede e un riconoscimento mutuo dei ministeri” [5]. Dato il pontificato troppo spesso ambiguo e filosofico di Giovanni Paolo II, le cui conseguenze sono agli occhi di tutti, è bene ricordare che Papa Leone XIII nella “APOSTOLICAE CURAE” terminò la sua disamina come segue: “Noi poi decretiamo che la presente lettera, con tutte le cose in essa contenute, non potrà mai in nessun tempo essere censurata o impugnata per vizio di surrezione o di orrezione o di intenzione Nostra, o per un qualsiasi altro difetto; ma che sarà ed è sempre valida e in vigore, e che deve essere osservata infallibilmente da tutti, di qualsiasi grado e onore, nel giudizio e fuori; dichiarando anche invalido e nullo se mai capitasse che fosse portato contro di essa un attacco, consapevolmente o inconsapevolmente, da chiunque e con qualsiasi autorità o pretesto, nonostante qualsiasi cosa contraria” [6]. Non per voler criticare la figura di Papa Giovanni Paolo II, ci mancherebbe, ma dinanzi ad una così lapidaria Bolla emanata da Leone XIII, nessun dialogo può essere aperto in materia di riconoscimento delle ordinazioni sacerdotali anglicane, in quanto codesti sono scismatici, pena la dichiarazione di Sede vacante che si manifesta nella “grande apostasia”. Gli scismatici, difatti, si sottraggono all’obbedienza dovuta alla Gerarchia, in special modo al Vescovo di Roma, che è Pastore universale . San Tommaso d’Aquino, nella Summa Theologiae II-II q. 39, tuttavia ci rassicura, dicendo che comunque nessuno scisma può danneggiare o scalfire la Chiesa cattolica, in quanto non sono i fedeli che compongono la Chiesa, ma è la Chiesa che, accogliendo nel proprio seno gli uomini, li compone fra loro, facendone dei membri del suo Corpo (Mistico di Cristo). Noi sappiamo che l’ecumenismo è quel dialogo interreligioso che dovrebbe riportare le diverse confessioni religiose cristiane erranti alla perfezione che è presente solo nella Chiesa di Roma. Va ricordato, inoltre, che l’« L’unica Chiesa di Cristo… » è quella « che il Salvatore nostro, dopo la sua risurrezione, diede da pascere a Pietro, affidandone a lui e agli altri Apostoli la diffusione e la guida […]. Questa Chiesa, in questo mondo costituita e organizzata come una società, sussiste [“subsistit in”] nella Chiesa cattolica, governata dal Successore di Pietro e dai Vescovi in comunione con lui » [7]. Nondimeno è importante rimembrare ai “religiosi” affetti dal morbo dell’ “analfabetismo religioso” che il decreto sull’ecumenismo del Concilio Vaticano II esplicita: « Solo per mezzo della cattolica Chiesa di Cristo, che è lo strumento generale della salvezza, si può ottenere tutta la pienezza dei mezzi di salvezza. In realtà al solo collegio apostolico con a capo Pietro crediamo che il Signore ha affidato tutti i beni della Nuova Alleanza, per costituire l’unico corpo di Cristo sulla terra, al quale bisogna che siano pienamente incorporati tutti quelli che già in qualche modo appartengono al popolo di Dio » [8]. Sintesi: 1) L’ “arcivescovo” di Canterbury non è Arcivescovo; 2) Non è possibile riconoscere legittime le ordinazioni anglicane; 3) In caso di riconoscimento delle ordinazioni anglicane – allo stato attuale delle cose (scisma) – il Pontefice sarebbe colpevole di “grande apostasia”, quindi non rappresenterebbe più Pietro e la Sede diverrebbe vacante su dichiarazione dei Vescovi rimasti fedeli a Roma; 4) Purtroppo, Dio mi perdoni se sbaglio, ma i frutti sono evidenti, il precedente pontificato ha trascurato troppo la Dottrina, a vantaggio di filosofia e viaggi, ed ha generato “analfabetismo religioso” imperante, gravissimo per la cura pastorale delle anime; 5) Gi unici vincoli che permettono salvezza e Comunione, salvo casi di ignoranza involontaria (invincibile) e buona fede, sono: – Al di sopra di tutto la carità, che « è il vincolo di perfezione » (Col 3,14), che si manifesta mediante opere e spirito missionario vero, non apostata; – la professione di una sola fede ricevuta dagli Apostoli; – la celebrazione comune del culto divino, soprattutto dei sacramenti; – la successione apostolica mediante il sacramento dell’Ordine, che custodisce la concordia fraterna della famiglia di Dio [9]. 6) L’ecumenismo è il dialogo solo con i cristiani e significa, all’atto pratico, che le altre confessioni religiose, pur contenendo qualche concetto vero (anche un orologio finto segna l’ora esatta 2 volte al giorno), sono false ed i loro membri devono entrare in Comunione con Roma. Alla luce di quanto brevemente esposto, il mio invito è: diffidate dai religiosi che vi insegnano nozioni differenti da quanto è indicato nel Magistero o, per semplicità, nel Catechismo. Lo dico non perché godo di autorità – quella è del Papa – ma perché il Magistero infallibile ha definito, non secondo l’uomo, ma secondo Dio. « Dove c’è il peccato, lì troviamo la molteplicità, lì gli scismi, lì le eresie, lì le controversie. Dove, invece, regna la virtù, lì c’è unità, lì comunione, grazie alle quali tutti i credenti erano un cuor solo e un’anima sola » [10]. « Tutti gli uomini sono chiamati a formare il nuovo popolo di Dio. Perciò questo popolo, restando uno e unico, si deve estendere a tutto il mondo e a tutti i secoli, affinché si adempia l’intenzione della volontà di Dio, il quale in principio ha creato la natura umana una, e vuole radunare insieme infine i suoi figli, che si erano dispersi. […] Questo carattere di universalità che adorna il popolo di Dio, è un dono dello stesso Signore, e con esso la Chiesa cattolica efficacemente e senza soste tende a ricapitolare tutta l’umanità, con tutti i suoi beni, in Cristo Capo nell’unità del suo Spirito» [11]. Perché fa più danni un prete ignorante che un prete pedofilo? Perché mentre il prete pedofilo manifesta la sua apostasia e viene automaticamente ignorato e/o escluso, il prete ignorante distrugge le anime e lo fa in maniera silenziosa, nessuno se ne accorge. Costui può essere o realmente ignorante, o un “falso profeta” quindi è eretico e andrebbe scomunicato, oppure un inventore di teologie stravaganti e superbe quindi è ugualmente eretico e la sorte è sempre la stessa. Perché allora questi individui non vengono scomunicati? Perché il fumo di Satana è entrato anche in Roma, da molti anni, ed il Papa da solo non ce la può fare a supervisionare tutto. Basti dire che centinaia di Vescovi non credono più nell’esistenza del demonio e dell’Inferno (lo dicono pubblicamente), che sono Dogmi intoccabili e Parola di Cristo. E’ tutto dire. Purtroppo sono nomine fatte ed eredità lasciata come un “pacco bomba” a Benedetto XVI, dal suo predecessore Giovanni Paolo II. Il male del prete pedofilo è palese e riconoscibile da tutti (il relativismo a livello morale si sta anche diffondendo, ma non ancora come quello dogmatico/dottrinale. Forse tra 50 anni la pedofilia non sarà più ritenuta peccato, come oggi tante altre cose, ma per il momento, grazie a Dio, questa verità ancora non è messa in discussione). Invece il male del prete eretico è subdolo, insidioso, non facilmente riconoscibile data l’ignoranza della gente semplice, e spesso addirittura appetitoso, dato che i preti eretici fanno leva in modo vigliacco sulle passioni; spesso legittimandole ed assecondandole, per dire alla gente quello che gli piace, quello che vorrebbe sentirsi dire (basti vedere, ad esempio, certi preti pseudo cattolici che in TV sponsorizzano eutanasia, approvazione di unioni di persone dello stesso sesso, uso dei contraccettivi, altre religioni, ecc…). Costoro dimenticano le parole dell’Apostolo: “Infatti, è forse il favore degli uomini che intendo guadagnarmi, o non piuttosto quello di Dio? Oppure cerco di piacere agli uomini? Se ancora io piacessi agli uomini, non sarei più servitore di Cristo!” (Gal 1,10).

Note:

[1] Leone XIII, Apostolicae curae, Le ordinazioni anglicane, 13 settembre 1896, Leone vescovo servo dei servi di Dio a perenne memoria, p. 5

[2] Enrico Zoffoli, Dizionario del Cristianesimo, Sinopsis, p. 364
[3] Denzinger – Schonmtzer, 1965, 3315-3319)
[4] G.MARCHESI, “Verso il Grande Giubileo del Duemila. Il Concistoro straordinario (13-14 giugno 1994)”, in Civ. Catt. 1994 III, p. 524
[5] Civiltà cattolica, 1997 II, pp. 16-29
[6] Leone XIII, Apostolicae curae, Le ordinazioni anglicane, 13 settembre 1896, Leone vescovo servo dei servi di Dio a perenne memoria, p. 5
[7] Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, 8: AAS 57 (1965) 11-12
[8] Concilio Vaticano II, Decr. Unitatis redintegratio, 3: AAS 57 (1965) 94
[9] Cfr. Concilio Vaticano II, Decr. Unitatis redintegratio, 2: AAS 57 (1965) 91-92; Id., Cost. dogm. Lumen gentium, 14: AAS 57 (1965) 18-19; CIC canone 205
[10] Origene, In Ezechielem homilia, 9, 1: SC 352, 296 (PG 13, 732)
[11] CCC, Ed. Vaticana, 1999, Can. 831