L’Italia di Monti, svolta epocale

Giuseppe Lembo

L’Italia di Mario Monti è un esempio di grande anomalia. Autopropostosi come salvatore della patria, di fatto non ha assolutamente una patria politica a cui riferirsi per salvarsi e salvare gli altri.Nessun verdetto elettorale, nessun voto democratico, il frutto di libere elezioni, lo ha incoronato a capo di un governo democratico che, per le leggi del nostro Paese, può venire solo dal voto popolare. Mario Monti in modo assolutamente anomalo, è l’icona di un Paese che non lo ha eletto e che ne subisce le politiche di un rigore imposto, assolutamente inopportuno. Per tutto questo, non dissensi o maldipancia, ma tanti ipocriti consensi e manifesti atti d’amore. La sofferenza dello stato sociale del nostro Paese è sotto gli occhi di tutti. C’è una forte crisi; c’è un profondo disagio economico e sociale. In queste sofferte condizioni Mario Monti pensa di modernizzare il sistema Paese, tra l’altro, liberalizzandolo, al fine di una presunta e per niente certa crescita. Il tutto avviene con atteggiamenti quasi rassegnati del Paese e soprattutto della sua classe politica messa all’angolo. Non siamo certamente in espansione economica; siamo in una condizione di crisi, di recessione, di decrescita economica. La trovata montiana è quella della flessibilità nel mondo del lavoro; secondo calcoli di opportunità sociali e soprattutto economiche, la flessibilità dovrebbe incoraggiare gli investimenti. C’è da crederci? Sarà veramente così? Purtroppo, lo scetticismo è d’obbligo. La crisi occupazionale e gli scarsi investimenti italiani sono dovuti soprattutto ad una crisi economica globale; nessun giovamento, purtroppo, avremo dalla maggiore flessibilità del nostro mercato del lavoro.  Monti è il paladino del lavoro flessibile. Ma che significato possono mai avere, in situazioni economiche stagnanti e con forte contrazione produttiva scenari produttivi basati sul lavoro flessibile? In una condizione di grave crisi, la flessibilità come può essere un fattore  positivo per i giovani. Che fare? Come evitare che il dramma giovanile si aggravi e diventi fattore di disperazione umana e sociale? Riformando l’articolo 18, dello Statuto dei lavoratori, quali saranno mai i possibili vantaggi? La crisi del momento, assolutamente grave al Sud, con un mercato del lavoro fortemente depresso, ha specifiche caratteristiche sia economiche che sociali; è una crisi stagnante di non investimenti. L’Italia è in una situazione di grave sofferenza economica; non producendo, si riducono i consumi; si deve ricercare (cosa non facile), di esportare di più. Che succede al Sud del nostro Paese? Una fuga disperata dei giovani disoccupati che vanno altrove per lavorare, senza pensare ad opportunità di lavoro qualificato. Altro che fuga di cervelli! Oggi, nel nostro Paese, ci sono in giro, soprattutto al Sud, troppi leader carismatici, autoreferenziali. Rappresentano la fine dei partiti; la fine dello sviluppo; la caduta di una possibile progettualità umana e sociale. Credono solo a se stessi e la gente sfiduciata, si affida solo alla forza del divino, per sperare in un futuro possibile che garantisca non i privilegi, ma solo l’uomo in quanto uomo. Caro Monti, dove ci porti, dove porti la tua Italia, fedele dipendente di quell’Europa tedesca, governata con le regole della superpotenza? Dietro l’angolo c’è, purtroppo, una lunga ma inevitabile agonia. Siamo di fronte ad un veloce ed incontrollato mutamento dei tempi e delle strutture politiche, sociali, economiche e culturali. In questo mutamento da italiani e da europei che vogliamo pensare ad un futuro possibile, oltre a saperci convivere, oltre a doverci fare i conti, dobbiamo essere capaci di protagonismo e di forza d’insieme da umanità in cammino abituata ai suoi importanti appuntamenti con la Storia; il ruolo che ci aspetta è in quello che tutti insieme, sapremo fare per il bene superiore e senza confini degli uomini della Terra, verso i quali, è nostro dovere un forte e responsabile pensare umano rivolto soprattutto al futuro.