La vivisezione: un orrore senza fine

Giovanna Rezzoagli

La pratica vivisettoria è ancor oggi una dolorosa realtà. Una dolorosa realtà per chi pensa che ogni creatura senziente abbia il diritto di vivere la propria esistenza. Per molti non è così, anzi. Ben lungi dal provare qualsiasi sentimento di pietas o di semplice compassione, sono tanti coloro che guadagnano letteralmente sulla vita di tante povere creature. Dal settore agroalimentare, dove gli animali da allevamento sono considerati alla stregua di cose, da far nascere e morire solo ed unicamente per nutrire gli animali “eletti”: gli homo sapiens sapiens. Che il vegetarianesimo su base etica non sia da molti condivisibile si può comprendere, non condividere forse, ma comprendere si. Anche se auspicare condizioni di vita almeno degne di un popolo civile per gli animali da nutrizione sarebbe il minimo. L’Italia in tal senso è, tanto per cambiare, sempre in ritardo. Basti pensare ai polli allevati nelle famigerate batterie, mentre ormai è assodato che vivere in allevamenti che consentano di razzolare a terra permette alle galline di produrre uova di qualità superiore. Anche in questo, basta un minimo di etica per comprare uova provenienti da allevamenti a terra. Andiamo oltre e pensiamo al mercato delle pellicce: con che coraggio ci si vesta con le pelli di povere bestie uccise in modo atroce per salvaguardare il pelo non riesco proprio ad immaginarlo, eppure tante “signore” si fanno vanto di ciò. Andiamo oltre e pensiamo allo squallore della caccia: uccidere per mero divertimento e ancora vantarsi di ciò definendosi ambientalisti. Andiamo oltre, ed arriviamo all’orrore della vivisezione. Pratica obsoleta e del tutto inutile che continua ad avere spazio perché più economicamente vantaggiosa rispetto ai costosi esperimenti in vitro. Sono tante le aziende che richiedono animali da laboratorio, da quelle farmaceutiche a quelle cosmetiche. Sono tante le aziende che forniscono esseri nati con l’unica prospettiva di essere uccisi, spesso tra atroci tormenti. La notizia dell’importazione dalla Cina di centinaia di macachi ha scatenato lo sdegno degli abitanti di Correzzana, in provincia di Monza. Sdegno condiviso da chi sa qualcosa delle pratiche vivisettorie. Sdegno che dovrebbe essere condiviso da chi possiede una coscienza, ma che preferisce vivere in una comoda ignoranza. Il servizio trasmesso sabato dai telegiornali delle reti Fininvest, da sempre molto più sensibili ai temi animalisti rispetto a quelle Rai, indigna nel profondo. Non so quante persone vedendo e, soprattutto, ascoltando l’audio di questo servizio, abbiano poi potuto tranquillamente pranzare, o uscire impellicciate tanto per avere l’illusione di farsi notare. Che tristezza vivere in un mondo che tollera tanto dolore, e che addirittura lo promuove. Aveva ragione in pieno Eugène Delacroix quando sosteneva che l’uomo è l’unico animale che detesta i suoi simili, ed io aggiungerei che è anche l’unico animale ad aver sviluppato tanta stupidità da essere capace di distruggere il proprio habitat.