Il cittadino e la sanità tra diritti e doveri

Giovanna Rezzoagli

Nel nostro Paese abbiamo la fortuna di avere un servizio sanitario che garantisce a tutti noi il diritto alla salute. Alla luce di quanto emerge sempre più spesso dai controlli eseguiti all’interno dei pronto soccorso e degli ospedali, può non sembrare. Eppure è così. Nessuno chiede, per ora, a chi si presenta al triage di un pronto soccorso, di esibire l’assicurazione sanitaria o particolare documentazione attestante il reddito. Negli accessi classificati come “codice bianco” (che attesta una condizione di non urgenza) e “codice verde” (relativo a prestazioni differibili) è previsto il pagamento di un ticket in base al reddito, almeno in Liguria, mentre per i cosiddetti “codice giallo” (urgenza non differibile) e “codice rosso” (urgenza con precedenza assoluta) l’intervento medico è totalmente gratuito, veloce o velocissimo. Le uniche informazioni che si chiedono al paziente, o a chi per esso, sono prettamente di carattere sanitario. Questa è, in estrema sintesi, la logica che governa le attività di pronto soccorso. E’ evidente che una buona applicazione di questi criteri è dovere di chi dirige e di chi lavora nelle strutture sanitarie. Il dovere del sistema sanitario italiano verso il cittadino che si presenta per ricevere un pronto soccorso è questo. Perché siamo fortunati? Perché in tanti altri Paesi la prima cosa che si richiede è l’assicurazione sanitaria e la copertura delle procedure cui andrà sottoposto il paziente. Questa osservazione è opportuna, in quanto ciò che per noi è ormai scontato, per altri è utopistico. L’evidenza è che, tra pratica e grammatica, per quanto attiene alla sanità in Italia siano presenti molte discrepanze e tanti buchi neri  imputabili certamente alla cattiva gestione delle risorse e all’incapacità di molti nell’espletare le proprie mansioni lavorative. Ma non solo. E’ opportuno ricordare che la corruzione e il nepotismo in ambito sanitario sono molto radicati. Quanti sono i medici che ricoprono ruoli dirigenziali che poi esercitano privatamente, con una commistione tra interessi pubblici e privati che è difficilissimo separare? Beninteso, la legge prevede questa doppia attività, ma il paradosso di tenere il piede in due scarpe in questo contesto danneggia il privato cittadino. Il privato cittadino che ha pieno diritto di pretendere cure adeguate, ma che ha anche doveri che spesso nemmeno considera. Il primo è quello di non ricorrere al malcostume di richiedere favori a medici compiacenti ed infedeli per saltare liste di attesa, evitare la fatturazione delle prestazioni professionali, farsi certificare patologie inesistenti. In parole povere, il cittadino ha il dovere morale di essere onesto per primo e di pretendere il rispetto della legalità altrui. Abituati come siamo stati sino ad ora a guardare al soggettivo interesse a scapito di quello collettivo, siamo ridotti all’umiliazione (tale è per chi vive onestamente) di vederci rammentare che non evadere le tasse è un comportamento da incentivare. Il secondo dovere del cittadino è quello di preservare la propria salute. Non sono lontani i tempi in cui anche in Italia si arriverà a imporre ticket specifici per chi abusa di sostanze stupefacenti, fuma, è obeso, non attua prevenzione. Non è fantascienza: in Inghilterra e negli USA sono allo studio tasse specifiche sui cibi ipercalorici e l’inserimento nelle liste di attesa per ricevere un trapianto d’organo è spesso subordinata allo stile di vita o ad alcuni parametri ben definiti (ex: la tossicodipendenza). E’ ipotizzabile che sia necessario razionalizzare le cure mediche in futuro, e necessariamente si dovrà intervenire su chi adotta volontariamente comportamenti che oggi è certo rechino danno alla salute. Terzo dovere del cittadino di fronte alla sanità pubblica è quello di non abusarne. Non è corretto richiedere un intervento di pronto soccorso per problematiche risolvibili con un intervento del medico di famiglia, magari pazientando qualche ora. Sono arrivati i tempi in cui è saggio rammentare che in una società civile, a diritto corrisponde dovere e viceversa. Altresì val la pena ricordare che se è un diritto ricevere cure di ottimo livello, è anche colpa nostra aver favorito un sistema di malgoverno delle politiche sanitarie, a partire dagli accessi privilegiati alle professioni sanitarie sino a giungere ai posti di dirigenza medica lottizzati dai partiti. Come? Col nostro essere inerti, omertosi e conniventi. In poche parole, col far finta di niente.

3 pensieri su “Il cittadino e la sanità tra diritti e doveri

  1. Grazie per questo scritto chiaro e che propone concretamente come superare certi freni al miglioramento della nostra sanità. Non concordo tanto sul fatto che i pronto soccorso siano efficienti in tutte le regioni italiane. Ho i miei motivi nell’affermare ciò.
    Concordo pienamente con lei nel rendere a pagamento, se ho letto bene, le patologie subite per stili di vita sbagliati. Trovo personalmente immorale che un giovane strafatto abbia la precedenza su un anziano, come ho visto succedere, a parità di “codice”.
    Cari saluti
    Corinna

  2. Cara Dr Giovanna,
    la sua esposizione sul “diritto e dovere” tra paziente e servizio ospedaliere ha una logica che tutti auspicheremmo che si verificasse sempre . Bisognerebbe però capire che tra il paziente e le strutture sanitarie, talvolta prende forma un senso discordante: da una parte vi è il paziente che pretende il proprio diritto, e dall’atro vi è l’azienda sanitaria che , talvolta, mostra eccessiva autorevolezza e competenza, che non sempre onora i propri doveri che gli competono. Non ritengo neppure giusto che si verifichino lunghissime attese , talvolta di mesi, per avere una visita in tali sedi sanitarie, Cordialità

  3. Gentili commentatori, avete entrambi ragione. A mio parere le ragioni delle differenze che si riscontrano tra regione e regione, che poi si verificano anche nel piccolo, e le lunghe attese sono imputabili ad una scarsa incapacità di gestione delle risorse. E chi gestisce le risorse? Chi è preposto. Come si raggiungano spesse volte i posti di comando è tristemente noto. Con il silenzio di chi vede o sa e tace, abbiamo la quadratura del cerchio. Un esempio di ciò lo posso offrire in prima persona. Agosto 2010, pronto soccorso di Lavagna (GE). Vi accompagno mia suocera in urgenza per un serio problema epatico, attesa di circa un’ora e visita con tanto di ecografia effettuata dal neo-primario, vincitore di regolare concorso PER TITOLI. Vista l’età, dimissioni immediate e incrociamo le dita. Ripeto, agosto, che in riviera significa inferno. Un mese dopo, stessa situazione. Nel frattempo però il primario aveva dovuto lasciare il posto, regolarmente ottenuto, alla dottoressa che aveva ricoperto l’incarico pro tempore che aveva fatto ricorso per ottenere il reintegro. Dodici ore di attesa per una visita, una donna di 92 anni mollata su di una barella senza bere ne mangiare, alle 3 di notte arriva il sospirato posto letto dopo che la sottoscritta aveva “annunciato” al medico di turno che o usciva il posto letto o partiva una chiamata al 112. Ancora mi sono sentita dire che “era un favore personale”, tralascio per buon gusto la mia risposta. Evidentemente, il posto letto c’era, ci voleva una nuora rompiscatole e il magico numero che tutti dovremmo ricordare: 112. Ora per la fortuna di noi tutti a Lavagna il primario del P.S. è il legittimato. A chi legge le considerazioni sul fatto che tutto il buon funzionamento di un ingranaggio è dovuto a chi presiede, se ha i titoli, la competenza e , soprattutto, la buona volontà.
    Cordialmente.
    giovanna

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