La controversa questione della “pirateria” in Rete

Alessio Ganci

Nello scorso mese di gennaio ha suscitato un grande clamore negli States, la proposta di legge che mirava ad arginare il fenomeno della pirateria informatica. Si chiamava SOPA, (Stop Online Piracy Act), la legge presentata da Lamar Smith al Congresso degli Stati Uniti che avrebbe voluto imporre agli ISP la responsabilità penale per i contenuti ritenuti illegali (cioè che violano le leggi sul copyright, ulteriormente inasprite dal disegno di legge stesso), con la possibilità addirittura di offuscare l’intero sito anche di fronte alla minima irregolarità. Per giorni e giorni ha infuriato sul web la protesta di moltissimi utenti, capitanati da colossi quali Google, Wikipedia e WordPress, i quali ritenevano la proposta di legge un vero e proprio bavaglio nei confronti della libera circolazione delle informazioni. In quella che in molti hanno definito come la prima guerra mondiale del mondo di Internet, alla fine hanno vinto loro: gli utenti. La SOPA è stata ritirata, ma immediatamente dopo è scattata la controffensiva, in pieno rispetto delle normative sul copyright. I famosi siti MEGAVIDEO e MEGAUPLOAD sono stati chiusi dall’F.B.I. il giorno dopo. Nulla da eccepire: da questi siti era possibile scaricare gratuitamente migliaia di film completamente gratis, con un danno economico enorme in termini di diritti d’Autore persi. Anche in questo caso tuttavia la risposta è stata pronta e sono partiti moltissimi attacchi Hacker contro molteplici obiettivi sensibili, tra cui il sito dell’Eliseo. La crew di Anonymous non ha preso bene l’azione congiunta dell’FBI e del Dipartimento di Giustizia che ha portato alla chiusura dei siti Megaupload e Megavideo ed all’arresto del loro fondatore Kim Dotcom, al secolo Kim Schmitz. Per vendicare il “paladino della libera condivisione” di materiale protetto da copyright, il gruppo di hacktivisti più famoso del mondo ha deciso di intraprendere una vera e propria rappresaglia nei confronti delle autorità, delle associazioni di categoria delle etichette discografiche e delle Major del cinema. Infatti subito dopo la diffusione della notizia dell’arresto di Schmitz, i siti del Dipartimento di Giustizia, della RIAA e della Universal Music hanno iniziato ad avere qualche problema di raggiungibilità a seguito di un attacco di tipo DDoS. Ma la vendetta più spregiudicata è stata quella di pubblicare in rete i dati personali del capo dell’F.B.I.: un messaggio chiaro, nessuno è intoccabile nel mondo della Rete. Appare evidente che la “guerra” è ben lontana dall’essere conclusa, e l’armistizio non è all’orizzonte. Tutto ruota intorno al concetto di libera informazione e a quello di diritto d’autore. Una tregua forse verrà offerta da YOUTUBE, quando il servizio di condivisione video di GOOGLE offrirà a pagamento, ma per modeste cifre, la visione di film soggetti a copyright.