A Betlemme Dio perdona, i sacerdoti no

Maddalena Robustelli       

La settimana scorsa gli ignari telespettatori hanno visto scorrere davanti ai propri occhi le immagini della rissa a suon di ramazze, che dopo Natale ha visto protagonisti a Betlemme i sacerdoti cristiani ortodossi da un lato ed i copti armeni dall’altro. I giornalisti hanno però spiegato come l’episodio non sia nuovo e che addirittura nel passato vi siano stati persino dei feriti. I latini di fronte ad un accadimento del genere avrebbero chiosato: “o tempora, o mores” e forse tale motto ben si configura ad una superficiale lettura dell’avvenimento in sé. L’antefatto risale direttamente al 6° sec. d. C., allorquando in base ad una convenzione si suddivise in tre zone la basilica della Natività, ognuna di competenza rispettivamente dei cristiani romani, dei greci ortodossi e dei copti armeni. Un patto tra uomini di chiesa che si è consolidato nei secoli a venire, ma che comunque non ha evitato che nel tempo “gli affari umani” soverchiassero gli aspetti pratici di una coesistenza tra i vari settori della medesima religione. E più i primi prevalevano sui secondi, più gli animi si esacerbavano  e si correva il rischio di abbandonare il dialogo ed il confronto e di precipitare nell’abisso delle liti e delle risse. Si sa, quando a contendere tra loro sono gli uomini e non le loro idee, il pericolo delle colluttazioni è più che mai frequente. L’episodio di Betlemme, quindi, ben si inquadra in un contesto geo-politico caratterizzato dalla continua lotta tra ebrei e palestinesi, che dal periodo successivo alla seconda guerra mondiale fino ai tempi odierni ha fatto strage di uomini, donne e bambini. I grandi della Terra non sono riusciti a rendere concreta l’ipotesi pacificatoria dei “due popoli, due stati” e così gli affari umani (guerre,  stragi di kamikaze, rappresaglie, intifada ed altro) hanno imperversato in quel territorio fino a riempire di un oppressivo rancore gli animi, finanche quelli dei sacerdoti. Proprio loro che dovrebbero per primi propagandare messaggi di pace ed integrazione sono stati così subissati da quelle pesante aria di odio etnico che alla fine anche i propri rapporti interpersonali ne sono risultati influenzati negativamente. Iniziare una rissa, solo perché un pope ortodosso aveva sconfinato con la sua scopa nello spazio della basilica di competenza dei copti armeni, la dice lunga sull’atmosfera che si respirava in quel luogo sacro. Se gli uomini di Chiesa trasportano i propri risentimenti persino all’interno di una basilica , cosa possiamo aspettarci di diverso da parte dei comuni credenti? L’episodio della rissa a Betlemme potrebbe costituire un serio precedente per tutti noi e se penso che i poliziotti palestinesi, competenti a tutelare l’ordine pubblico all’interno del luogo sacro, intervistati dai giornalisti, hanno affermato di non aver arrestato nessuno dei sacerdoti coinvolti nei tafferugli “ perché erano uomini di Dio”, dico alquanto spontaneamente che quel Dio non è il mio Dio. Se pure gli apostoli moderni della parola di Cristo si fanno soverchiare dagli aspetti terreni del proprio vivere quotidiano, non c’è dogma o credo che possa tenere uniti in una pratica religiosa i rappresentanti ecclesiastici ed il popolo dei fedeli. Il mio augurio per questo nuovo anno va giusto in questa direzione, che mi piace rendere più evidente ricorrendo al motto di un celebre frate, padre Mariano, che accompagnava gli inizi delle sue trasmissioni televisive negli anni ’60 aprendo le braccia verso noi spettatori e dicendo “Pace e Bene a tutti”, un auspicio che arrivava forte nei nostri cuori e nitido nelle nostre menti.