Viaggio nel grave disagio italiano il ruolo sofferto del popolo invisibile

Giuseppe Lembo

L’Italia e l’Europa vivono condizioni umane, sociali ed economiche di grave disagio; un disagio che produce malessere ed indignazione diffusa. Un disagio che dà la dimensione da “re nudi” a tanti, ormai da troppo tempo, contagiati da sogni impossibili. Il risveglio, il ritorno alla realtà, ha fatto crollare tanti castelli in aria; al primo vero contatto con la realtà sono caduti, lasciandosi attorno macerie, tante macerie. Perché tutto questo in Italia e non solo in Italia, ma anche in Europa, in quell’Europa Unita, mai di fatto unita, mai di fatto compiuta e solidale? A monte di un fallimento annunciato, c’è stato, da una parte l’egoismo territoriale dell’appartenenza locale, nell’ambito stretto dei confini regionali e dall’altra, una visione altrettanto egoisticamente ferma al senso dell’appartenenza nazionale, gelosamente considerata assolutamente primaria rispetto all’Unione degli Stati Europei, un sogno lontano, purtroppo incompiuto e mai di fatto concretamente realizzato, in quanto di fatto progettato e realizzato unilateralmente dai poteri forti (soprattutto dei banchieri), con il fine ultimo di trasferire la ricchezza dai più ai soli pochi privilegiati, andando così a stringere il cerchio sul progetto di concentramento della ricchezza-privilegio, il frutto delle attuali crescenti condizioni di crisi, estremizzate fino alla povertà, come condizione umana emergente, così come viene oggi registrata in tante parti dell’Italia e del mondo. Ma vediamo nel dettaglio le cause di tale e tanto disastro sia in riferimento all’Italia che al progetto dell’Europa Unita, un’Europa che si è fermata sempre e solo alla moneta e non è diventata mai, come nel sogno dei grandi europeisti, “l’Europa dei popoli”. Radiografando prima di tutto l’Italia Unita, con 150 anni di storia, c’è da registrare il totale fallimento di quell’unità condizionata per effetto della mancanza di una coscienza profondamente unitaria da parte degli italiani, dal Nord al Sud del Paese. Il valore dell’insieme unitario di fatto, non ha mai funzionato, in quanto gli italiani dei campanili non hanno mai smesso di identificarsi in una unica appartenenza territoriale in quanto ammalata di localismo, per cui poco solidale, poco interessata al senso dell’insieme come espressione forte di un’unica nazione. Tutto questo è stato un grave gap, una grave sofferenza per il futuro di quell’insieme italiano, molto formale ed assolutamente poco sostanziale, in quanto si è sempre trattato di un insieme indifferente ai più. I mali della società si sono andati formando nel corso del tempo legato alla Prima Repubblica; poi il corso è continuato aggravandosi anche successivamente al 1994, con una cosiddetta Seconda Repubblica di fatto mai nata, che ha visto nascere un maggioritario sempre più imperfetto leader incontrastato Silvio Berlusconi, che è andato trasferendo alla politica il modello del partito-azienda, con forti consensi ed una altrettanto forte presa territoriale dal Nord al Sud del Paese. La politica, così come intesa nel passato, ha mano mano perso la sua capacità di aggregazione, creando non pochi problemi soprattutto a sinistra, che ha avuto poca visibilità nella sua azione finalizzata a diventare forza di governo. E così per un lungo periodo di circa 17 anni, tranne qualche breve interruzione dei governi D’Alema e Prodi, il lungo percorso berlusconiano ha fatto sognare a tanti italiani un’Italia “bella da godere”, “bella da vivere”, una “Bengodi” in cui anche i sogni proibiti potevano diventare realtà. Ma il risveglio da questo bel sogno è amaro da digerire per tutti. L’Italia non è assolutamente quella che ciascuno ha immaginato che fosse. L’Italia, non è un paradiso terrestre, né una Bengodi del godere; è, piuttosto, un Paese fortemente ammalato di “uomo” e di potere, con a capo poteri forti che, da vera e propria “Armata Brancaleone”, l’hanno trasformata nel tempo, “non donna di provincia, ma bordello”. È così quell’Italia sognata, ciascuno, a proprie spese, l’ha vista dileguare nel nulla, portandosi dietro i sogni dei tanti che pensavano di vivere in un altro mondo in un’altro paese. I suoi mali sono cresciuti; il disagio della gente è altrettanto fortemente cresciuto, tanto da diventare assolutamente insopportabile soprattutto per i più deboli, per i tanti indifesi che, rimasti indietro, sono diventati vittime sacrificali di una classe politica assetata di poteri e di privilegi, circondata da “cortigiani” svenduti, familisticamente attenti a difendere i privilegi di ruolo, un obiettivo comune alla casta dei poteri forti, un insieme di camarille di integranti, sempre intenti a procurarsi reciprochi favori. Il momento italiano non è per niente buono, il nostro Paese è di fronte a grandi rischi. Sono rischi sia interni dovuti al lavoro che non c’è, ad una condizione diffusa di malessere umano e sociale, ad un’economia in affanno, ad una condizione di permanente conflitto tra il mondo adulto, sempre più nella veste di ladri di futuro e giovani che ormai non credono più a niente ed a nessuno, dove si assiste alla crisi crescente di un insieme federale e del rischio non secondario di una germanizzazione padrona dei destini altrui, assolutamente indifferente a capire le ragioni degli altri. I nostri mali che creano disagio ed incapacità a costruire il futuro d’insieme a più mani, sono mali gravi che affondano le loro radici nei poteri politico-decisionali di un Paese ormai allo sbando e senza bussola. Noi, da italiani che abbiamo creduto al progetto d’insieme europeo, non dobbiamo arrenderci e diventare vittime dello strapotere franco-tedesco; dobbiamo, come allora, saper credere ancora oggi nel progetto di un’Europa federale, dove ciascuno dei suoi membri sa essere rispettoso degli altri e sa lavorare insieme per il bene economico – sociale – umano di tutte le sue parti, nessuna esclusa. All’Europa unita, per il bene del nostro Paese e non solo dobbiamo, senza cedimenti, saper dare la sua giusta dimensione, riducendo l’invadenza unilaterale del suo peso economico e su questo, facendo prevalere il peso della politica, dei valori umani e di quell’insieme solidale, senza il quale, tutto è assolutamente inutile, tutto è destinato a fallire miseramente, come sta accadendo oggi, travolti dalla minaccia di una disumana speculazione selvaggia, assolutamente indifferente all’uomo. Il momento è difficile, perché c’è il grave rischio di un coinvolgimento dell’euro, moneta dei banchieri europei, subita più che voluta dai popoli d’Europa, sempre più fragile, sempre più esposta agli attacchi di una speculazione violenta che ne ha ormai deciso la sua fine, cancellando il giovane corso dell’Europa Unita e della sua moneta esposta a crescenti assalti speculativi sullo scacchiere mondiale. Per raddrizzare le sorti dell’Italia e dell’Italia nell’insieme europeo, occorre che la politica recuperi il suo ruolo e quella credibilità che ormai non ha più, perché non gode più la fiducia della gente. La fiducia, come pensavano quelli della casta, non è qualcosa di astratto e di mutevole, regolata da un rapporto “usa e getta”, regola comune del vivere consumistico che appartiene e fa parte  sempre più di noi e del nostro vivere quotidiano. La politica è qualcosa di assolutamente concreto; la classe politica che la governa, giorno per giorno, senza perdere colpi, senza tradimenti e/o cedimenti, deve sapersela conquistare sul campo. Per avere la fiducia della gente, bisogna essere credibili; bisogna non apparire offuscati nelle scelte e nel progetto politico che devono avere al centro dell’azione, le libertà ed i bisogni di ogni cittadino che non gradisce per niente i comportamenti poco virtuosi di chi li rappresenta, per cui quando è vittima di tradimenti, fa scattare, come giusta punizione, la revoca di quella fiducia a termine, in quanto sono ormai venute meno le condizioni di partenza.